Dopo l’aranciata senza arance, il latte-non-latte e il vino senza uva ecco il prosciutto di maiale senza porco, ma con manzi, capre, pecore e chissà cos’altro. L’allarme è lanciato da Coldiretti di cui riceviamo e pubblichiamo questo comunicato.
“Da Cernobbio è partito l’allarme lanciato dal presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, circa la proposta dello schema di decreto ministeriale che rivede la normativa sulla preparazione dei salumi, introducendo una serie di allucinanti novità.
Ma anche la vendita dei falsi salumi biologici, sulla base dei sequestri effettuati dai Carabinieri dei Nas, in relazione all’inchiesta della Procura di Torino lascia, secondo Moncalvo, esterrefatti i consumatori.
Procediamo per gradi: secondo una proposta di decreto ministeriale, il prosciutto cotto potrà essere fatto anche utilizzando carne di specie diverse dai maiali, generando confusione nei consumatori sul reale contenuto del prodotto che acquistano.
Una possibilità che, come ha dimostrato la recente inchiesta sulla carne di cavallo spacciata per manzo in sughi e polpette, alimenta anche il rischio di frodi in un settore come quello delle carni, dove dall’inizio della crisi nel 2008 ad oggi sono aumentati del 150 per cento i sequestri. Aumenta, poi, il contenuto di acqua consentito che sarà pagato dai consumatori come se fosse carne in un momento di pesante crisi economica.
«L’incremento del tasso di umidità previsto per le tre categorie di prosciutto cotto, prosciutto cotto scelto e prosciutto cotto di alta qualità andrà – precisa Antonio De Concilio, direttore di Coldiretti Piemonte – a minare la qualità del prodotto stesso a scapito del maiale italiano, le cui carni hanno caratteristiche qualitative superiori a quelle dei maiali importati dai paesi del Nord, penalizzando i nostri allevatori. Il decreto cancella poi il divieto di utilizzo di aromi chimici, aprendo così la strada alla possibilità di correggere gusto e sapore dei salumi fatti con materia prima scadente e di dubbia origine. Paradossalmente viene mantenuta, invece, la possibilità di utilizzare le cosce di maiale congelate per produrre il prosciutto crudo stagionato. Proprio a causa di questa norma – commenta De Concilio – due prosciutti su tre venduti oggi in Italia provengono da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania e Spagna, senza che questo venga evidenziato chiaramente in etichetta dove non è ancora obbligatorio indicare l’origine».
Relativamente all’inchiesta della Procura di Torino sulla vendita dei falsi salumi biologici, nei primi nove mesi dell’anno sono stati tolti dal commercio carni e derivati per un valore di ben 92 milioni di euro.
La truffa sulla carne bio colpisce la fiducia di quasi la metà degli italiani che, regolarmente o qualche volta, li mettono nel carrello della spesa. In controtendenza, rispetto all’andamento generale a tavola aumentano solo gli acquisti di prodotti biologici che fanno registrare un incremento record del 17,3 per cento per i prodotti confezionati nella grande distribuzione. Secondo i dati Ismea relativi ai primi cinque mesi del 2014 il consistente incremento del biologico risulta essere addirittura il più alto degli ultimi dodici anni. Un business che in Italia vale 3 miliardi in termini di giro di affari e attira dunque gli appetiti della criminalità, contro il quale bisogna stringere le maglie della legislazione con l’obbligo della tracciabilità e l’indicazione di origine in etichetta.
«Piuttosto che rivedere al peggio le leggi che regolano il settore dei salumi, sarebbe utile alla nostra economia adoperarsi per l’attuazione della legge sull’etichettatura con l’indicazione obbligatoria dell’origine italiana, di importanza fondamentale soprattutto per i prodotti trasformati», denuncia il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, nel sottolineare che «non possiamo commettere un autogol che danneggia il patrimonio di credibilità conquistato dal Made in Italy in Italia e all’estero dove dobbiamo acquisire quote di mercato con politiche di trasparenza e verità».
Conclude il direttore Antonio De Concilio: «In Piemonte, abbiamo un patrimonio di oltre un milione duecentomila suini. Abbiamo produzione di alta qualità, tanto che gli impianti di trasformazione della bassa Lombardia e dell’Emilia assorbono buona parte di queste produzioni. In particolare, ai circuiti del Parma e del San Daniele, sono destinati un milione di cosce di suini piemontesi all’anno. Le ipotesi di modifica delle leggi nazionali trovano i nostri allevatori fermamente contrari, poiché minano alla base le scelte imprenditoriali ancorate alla qualità delle carni, anche con un’alimentazione nobile che utilizza i cereali piemontesi e non i sottoprodotti di lavorazioni industriali come avviene in altri Paesi».
Anche sull’aranciata senza arance ci sarebbe qualcosa da dire. La Coldiretti ha parlato d di “successo storico”, perché il nostro Parlamento ha elevato dal 12 al 20% la percentuale di succo, ma esiste anche un’altra faccia della medaglia.
Innanzitutto le aziende non sono obbligate a comprare arance italiane. Non è detto quindi che l’aumento della percentuale di frutta nelle bibite si traduca in un vantaggio per i nostri produttori, come sostiene la Coldiretti. Potrebbe persino tradursi in un vantaggio per i produttori spagnoli o nordafricani. Non c’è infatti l’obbligo di indicare l’origine delle arance.
Inoltre, in base alla nuova legge, l’aranciata deve contenere il 20% di frutta soltanto se “prodotta” e non se “venduta” in Italia. Per le bibite che arrivano da qualsiasi Paese appena fuori dai nostri confini, resta valido il vecchio 12%.
Cio’ significa che potrebbero circolare in Italia aranciate prodotte all’estero con un contenuto di succo d’arancia del 12% ed aranciate prodotte in Italia con un contenuto del 20%. Non solo. Non è neppure escluso che le multinazionali (vedi la Coca Cola che produce la Fanta) spostino le loro produzioni all’estero o che le imprese italiane trovino più conveniente delocalizzare i propri impianti in altri Paesi europei dove non sarebbero sottoposte agli stessi vincoli.
Prima quindi di parlare di “successo storico” è meglio attendere.
P.S. Ad aumentare il contenuto di frutta nell’aranciata e nei succhi dal 12% al 20% ci aveva già provato l’ex ministro della Salute del governo Monti, Balduzzi. Il Decreto Balduzzi fu bocciato e cancellato dalla Commissione europea perché in contrasto con la direttiva comunitaria sulla libera circolazione delle merci.
Grazie di questa preziosa precisazione. Per la verità, a parziale ma non sufficiente scusante, c’è da considerare che spesso le redazioni non hanno il tempo per controllare queste notizie considerate “leggere” (ma a volte non si fanno controlli neppure su nera o giudiziaria, il che è peggio) e si trova più facile e veloce prendere per buono quello che arriva da una grande associazioni come è Condiretti. Il che, concordo con te, è sbagliato. SdP, in questo caso, ha fatto da cassa di risonanza come gli altri media, ma almeno, siamo spazio a chi, come i nostri lettori, sono attenti a svelare le “quasi bufale”…
Quella della Coldiretti non è una bufala, ma quasi.
Lo schema di decreto impone a chi fa prosciutti cotti, usando carne di altre specie, di indicare in etichetta il tipo di carne (ad esempio: prosciutto di tacchino) e di utilizzare sole la cosce degli animali in questione (nel nostro caso soltanto le cosce di tacchino). Qualora il consumatore trovi scritto solo “prosciutto cotto”, il prosciutto dovrà essere composto esclusivamente dalla coscia disossata del maiale, pertanto nella sua produzione non solo non potranno essere utilizzate altre carni, ma neppure altre parti dell’animale. In questo modo il consumatore conoscerà cosa compra.
Il termine prosciutto va riservato soltanto al prosciutto di suino? Nulla in contrario. Ma da qui a far credere che si potranno fare i prosciutti di suini senza suini ce ne corre.
Non si può negare alla Coldiretti la capacità di saper cogliere tutte le occasioni per mettersi in mostra sui media. Stupisce pero’ che i media abbiano ripreso la notizia fornita dalla Coldiretti senza alcuna verifica. Il conformismo dei media, che non possono permettersi di passare sotto silenzio notizie pubblicate dagli altri, è un meccanismo perfetto per la diffusione delle bufale. La verifica, vecchio arnese del giornalismo, dovrebbe tornare di moda.