Lo Champagne sfiora quota 310 milioni di bottiglie vendute per un valore di 4 miliardi e mezzo di euro. E pensare che qualcuno in Italia parlava di crisi. I dati arrivano dall’ufficio di Milano del Bureau du Champagne, filiale italiana del Comité, cioè il Consorzio dello Champagne (a proposito, i Consorzi delle bollicine italiane hanno uffici a Parigi?). E parlano chiaro. Ecco il comunicato ufficiale: “Il 16 luglio scorso, in occasione dell’accordo sulla vendemmia, vigneron e maison avevano concordato il via libera all’utilizzo delle riserve dello Champagne per 4 quintali/ettaro di resa commerciabile in più, con la possibilità di arrivare a 5 quintali/ettaro qualora le vendite avessero oltrepassato quota 307 milioni di bottiglie a fine anno.
Benché le cifre non siano ancora definitive, è ormai certo che le spedizioni di bottiglie di Champagne nel mondo abbiano raggiunto la soglia dei 307 milioni, autorizzando il ricorso alla riserva per 5 quintali/ettaro e portando quindi le disponibilità per l’anno 2014 all’equivalente di 309.600.000 bottiglie.
Il sistema della riserva, che consiste nello stoccaggio di una parte del vinificato nelle annate favorevoli, è unico al mondo. Grazie ad esso, i produttori della Champagne sono in grado di affrontare vendemmie molto carenti sotto il profilo quantitativo e garantire, al contempo, redditività ai viticoltori e approvvigionamenti per le cantine, salvaguardando i livelli di stock e il buon funzionamento dell’economia vitivinicola locale.
Viva la soddisfazione tra gli operatori agricoli e industriali della Champagne per questo ritorno alla crescita: grazie al dinamismo dell’export, le spedizioni del 2014 hanno registrato un incremento dell’1% a volume sul 2013 (305 milioni di bottiglie), per un fatturato di ben 4,5 miliardi di euro, la seconda miglior performance commerciale nella storia della Champagne”.
E gli spumanti italiani? Tutto tace, almeno per quanto riguarda cifre definitive e ufficiali. Domenico Zonin, presidente dell’Uiv, dà indicazioni su alcuni siti specializzati (leggi qui) dove parla di “moderata soffisfazione”, ma anche del fatto che gli spumanti italiani metodo classico puntino soprattutto sul mercato nazionale e solo quelli metodo Martinotti/Charmat (Prosecco e Asti) facciano dell’export il loro punto di riferimento. Ma dai Consorzi italiani ancora nessuna comunicazione ufficiale.
SdP