Centro sperimentale vitivinicolo Tenuta Cannona: cambia il direttore, ma restano le carenze di fondi, aiuti e mezzi

inserito il 2 Febbraio 2009

Fondi pubblici erogati in ritardo o inutilizzabili, attrezzature e mezzi da rinnovare, scarsa comunicazione verso l’esterno e  la sensazione di essere un po’ la “cenerentola” della ricerca vitivinicola piemontese. La Tenuta Cannona, il centro sperimentale vitivinicolo di Carpeneto, in provincia di Alessandria, nel panorama enologico italiano è riconosciuta come polo scientifico d’eccellenza in fatto di enologia e viticoltura. Eppure sembra non avere adeguate attenzioni da parte degli enti pubblici che ne controllano la proprietà.

Lo conferma Gabriella Bonifacino, giovane biologa originaria di Acqui Terme, da poceh settimane nuovo direttore della Tenuta che ha sede in un antico casale di campagna del XVII secolo dove lavorano appena sette addetti, tra operai di campagna e tecnici analisti.

«Siamo – dice il neo direttore, in Cannona dal 1994 –  l’unico centro pubblico di ricerca e sperimentazione vitivinicola piemontese. Qui c’è, ad esempio, la “piattaforma Ampelografica Nazionale”, una sorta di arca della vite che comprende, su una superficie di un ettaro di vigneto, 48 varietà italiane, tra uve bianche e rosse, insieme ad alcuni tra i più diffusi vitigni internazionali, come cabernet, sauvignon, merlot, chardonnay. La Regione Piemonte detiene l’86% della Srl che controlla la struttura che è ai vertici della ricerca in campo vinicolo. Nonostante questo mezzi e fondi non sono il nostro forte. A fronte di un bilancio che può anche toccare i 500 mila euro, riceviamo finanziamenti pubblici anche con 18 mesi di ritardo. Di conseguenza la gestione economica della Tenuta non è facile. Ogni spesa deve essere calibrata al centesimo e accade anche di dover rinunciare a progetti per la mancanza di fondi. Inoltre non siamo mai riusciti a comunicare al meglio tutte le nostre attività. Ad esempio non abbiamo un sito internet. Speriamo di metterlo in cantiere quest’anno».

La dottoressa Bonifacino ha preso il posto di Ezio Pellissetti, che era anche direttore storico del Consorzio di tutela dell’Asti.

Tuttavia la sua nomina è passata quasi inosservata.

E non si capisce perchè visto che da quasi trent’anni la Tenuta Cannona è al centro di esperimenti importanti in tema di coltivazione della vite e di produzione di nuovi vini, sia in ambito piemontese, che nazionale. Dai vigneti sperimentali di Carpeneto, infatti, sono nati vitigni e uve che hanno incontrato il favore di tecnici e pubblico. Come l’Albarossa, incrocio tra nebbiolo e barbera sperimentato attorno agli Anni sessanta e che alcuni produttori, come Michele Chiarlo di Calamandrana (Asti), stanno commercializzando con successo.

Insomma alla Cannona si elabora il futuro del vino italiano.

Non è poco per il Piemonte, tra le regioni italiane più vocate alla produzione vinicole con varietà celebri e celebrate in tutto il mondo. Eppure Torino non sembra tenere in grande considerazione questo polo eno-scientifico. Ora, però, il neo direttore vuole correre ai ripari e annuncia: «Tra le mie priorità c’è quella di dare più visibilità alla Tenuta, proseguire i progetti avviati e cominciarne di nuovi, secondo le indicazioni che ci arrivano dalle case vinicole private che possono essere una fonte importante di autofinanziamento».

Tra le iniziative in via di potenziamento anche una rivolta alle scuole. «Da due anni e con ottimi risultati – dice il direttore –  proponiamo alle scuole superiori della zona di adottare un filare di vite. Ne è scaturita una bella tradizione che porta i ragazzi in vigna in un ambiente naturale importante per il Piemonte».

Un modo intelligente per avvicinare i giovani al mondo del vino, per una volta senza parlare solo di consumo consapevole,  campagne anti-alcol e stragi del sabato sera.

Speriamo che a Torino se ne accorgano.

Filippo Larganà – filippo.largana@libero.it

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