Brexit ha battuto Remain. L’UK ne ha la scatole piene della Ue e, a risicata maggioranza, ha scelto di uscire dal club europeo, uno dei più esclusivi e costosi del pianeta. È questa la notizia di oggi. È questo che fa traballare le Borse mondiali mentre in Gran Bretagna cominciano le purghe politiche e cade la prima testa: l’inquilino del numero 10 di Downing Street. Ma in soldoni (è il caso di dirlo) che cosa cambia per il settore agroalimentare italiano e piemontese in particolare? In campo vinicolo non sono poche le aziende che da anni puntano sul mercato UK. Ma ci sono anche industrie conserviere che hanno in Inghilterra e negli altri Stati del Regno mercati importanti. Dunque? SdP lo ha chiesto a due esponenti delle istituzioni che prime hanno il polso della situazione: Regione Piemonte e Parlamento Italiano.
Fiorio: «Partita complicata. Ombre e luci. Si andrà rafforzando l’asse Francia-Germania. Italia rischia»
Massimo Fiorio è parlamentare astigiano, vicepresidente della Commissione Agricoltura della Camera. Non nasconde la preoccupazione e dice: «È stato un colpo la Brexit. Nel breve UK guadagnerà. Non staccheranno più assegno che vale 8 miliardi di euro per restare nella Ue. Risparmieranno 3 miliardi solo dal settore agricolo. Ma la partita che vale quella delle leggi sul mercato britannico che, una volta ottenuta la formale uscita dalla Ue, potrà attuare tutte quelle disposizioni che proprio i membri europei avevano stoppato. Uno per tutti: le etichette a semaforo per indicare, senza alcuna spiegazione, i contenuti di grassi, zuccheri, sale e calorie nei cibi. Una cosa che andava contro i produttori di eccellenze italiane. Poi ci sarà il capitolo dazi. È verosimile aspettarsi da una Gran Bretagna extra Ue un atteggiamento protezionistico verso i propri prodotti o, comunque nei confronti di quei prodotti che godono di accordi diversi tra Stati. È succeso in Cina. ad esempio. Da punto di vista politico io credo che si rafforzerà l’asse franco-tedesco. L’Italia deve stare attenta, a mio modo di vedere. D’altra parte l’assenza di United Kingdom priverà la parte Nord europea di un forte alleato che ha sempre osteggiato le politiche a favore delle produzioni agricole del Sud mediterraneo. Tuttavia non sono sicuro che questo basterà ad avviare una Ue più rispettosa delle eccellenze agroalimentari mediterranee. Le migliori. In conclusione credo ci sia un quadro con luci e ombre. L’Italia deve valutare molto bene come comportarsi e affinare le sue armi diplomatiche ed economiche. Il pericolo è quello di diventare un satellite in una Ue ad esclusiva guida di Germania e Francia, dominata da un austerità che strangola i paesi meno forti»
Ferrero: «Brexit non immediata. C’è tempo per ammortizzare i contraccolpi. La Ue cambi politica, Ma Italia resti vigile»
Anche Giorgio Ferrero è astigiano, è stato presidente regionale della Coldiretti e oggi è assessore regionale all’Agricoltura. Sulla Brexit è cauto e pragmatico: «Prima di essere operativa l’uscita della Gran Bretagna ha bisogno di due anni di iter. E non dimentichiamo che il referendum era consultivo. Ora, dopo le dimissioni del primo ministro Cameron, il Parlamento britannico dovrà ricostituirsi e soprattutto trovare una maggioranza che voti quello che è stato il voto, a risicata maggioranza, degli inglesi. Perché è bene ricordare che molta parte del Regno Unito ha votato per restare in Ue (il parlamento scozzese starebbe pensando di uscire da Uk e aderire alla Ue. ndr). Che accadrà quindi? Io sono dell’avviso che bisognerà aspettare che i britannici risolvano la crisi politica che è il vero terremoto della Brexit. Le Borse hanno speculato sul deprezzamento della sterlina e sull’apprezzamento del dollaro sull’euro. Assestamenti finanziari. Le aziende italiane e piemontesi dovranno ricalibrare il loro rapporto con un mercato che solo tra un paio d’anni diventerà extracomunitario. Intanto la Ue pensi a ristrutturare la propria politica. Per bene che non ci saranno più trattative con UK, ma ora si allentino i cordoni della borsa. Le politiche di austerity vanno bene solo per i tedeschi. È ora che qualcosa cambi. E questo è il momento giusto per farlo. L’Italia abbia il coraggio di farsi portabandiera di queste esigenze e la Ue potrà ripartire rinvigorita».
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it) – immagine di copertina tratta da https://thecloudlawyer.net.