Da pochi giorni il Regno Unito non fa più parte dell’Unione Europea. Sul filo di lana Boris Johnson e Ursula von der Leyen, rispettivamente Primo ministro UK e Presidente della Commissione europea, hanno siglato un accordo per scongiurare l’uscita senza intesa del Regno Unito dal consesso europeo. Senza un contratto ci sarebbero state ripercussioni giuridiche e commerciali, averlo lo avrebbe ridotte o almeno così ci è stato detto.
Sarà vero? Difficile dirlo ora. Intanto il “divorzio” tra UK e UE non prevederebbe dazi, ma, almeno stando alle voci che si riconcorrono in ambiti commerciali, da qui alla fine del 2021 non è escluso che i britannici li applichino, magari per riaversi dal terreno perso dalla sterlina nel cambio con l’euro.
Nel caso siano introdotti dazi saranno inevitabili le ripercussioni sui prodotti italiani che i sudditi di Sua Maestà amano di più, vino italiano in testa con, con gli spumanti come il Prosecco che la fanno da padrone. A questo proposito le aziende piemontesi, come si sa, hanno molto a che fare col mercato UK. Da anni imbottigliano il Prosecco veneto, secondo vecchie deroghe consortili.
Alcune hanno persino raggiunto posizioni di leadership commerciale, sia in Italia sia all’estero e inoltre producono altre bollicine apprezzate dai consumatori inglesi.
È quindi logico che modifiche dei rapporti commerciali tra il mercato britannico e quello europeo provochino contraccolpi in ambito industriale. Dunque è lecito chiedersi in che modo l’uscita del Regno Unito dalla Unione Europea si ripercuoterà sulle vendite dei vini italiani in UK.
SdP lo ha chiesto ad alcuni manager di aziende e Gruppi vinicoli riconducibili al Piemonte. Diciamo subito che i pareri sono diversi. Alcuni dirigenti sono convinti che i vini italiani non subiranno i dazi. Altri sono certi, invece, che saranno introdotti e già circolano indiscrezioni sulle loro entità sia per i vini sia per gli spumanti. Tutti concordano sul fatto che si debba attendere i prossimi mesi per capire come si muoverà l’esecutivo Johnson alle prese, come il resto del mondo, con una pandemia che sta mettendo a dura prova tutti gli Stati e particolarmente l’UK dove il numero di contagi e, purtroppo, anche quello delle vittime, sono ai primi posti nel Vecchio Continente.
Massimo Marasso, enologo e manager di F.lli Martini Casa Sant’Orsola di Cossano Belbo (Cuneo) è tra coloro che, pur con qualche timore per eventuali dazi, invita all’attesa: «L’impressione è che il deal tra UE e UK sia stato chiuso per mettere un punto fermo. Ora resta da vedere che cosa l’accordo comporterà in termini economici e come il Regno Unito deciderà di tutelarsi».
Anche per Marco Mazzini, global director Martini Sparkling Wines per il Gruppo Bacardi (sede piemontese a Pessione – Torino), la parola d’ordine è aspettare: «In questo momento nel Regno Unito, come nel resto del mondo, la priorità è quella sanitaria. L’accordo per la Brexit è stato fatto e ora si deve attendere un “assestamento” per verificare in che termini condizionerà i rapporti commerciali tra produttori UE e UK. Un fatto è certo – annota Mazzini – cambieranno le procedure commerciali e ci dovremo adeguare».
Dalla Perlino, azienda storica dell’Astigiano fondata nel 1905 oggi nell’orbita di un Gruppo francese, confermano. Dice Beppe Bellotti, responsabile Estero: «L’uscita del Regno Unito dal mercato UE ci costringerà a rivedere alcune procedure compresa l’etichettatura per la quale, però, gli inglesi hanno ammesso un periodo di tolleranza che dovrebbe scadere, stando alle informazioni in nostro possesso, a settembre 2022. Nel frattempo non abbiamo avuto notizie di eventuali dazi e francamente speriamo non vengano applicati».
In linea con le dichiarazioni dei colleghi manager anche quelle di Giovanni Bocchino, responsabile Esteri per la Michele Chiarlo di Calamandrana (Asti): «È ancora troppo presto per capire come gli inglesi reagiranno all’uscita dal Mercato Unico europeo. Per ora tutto tace, ma se il Regno Unito deciderà di applicare dazi sui vini saranno ovviamente le tipologie con prezzi medio bassi a subire le conseguenze più evidenti».
Infine una curiosa coincidenza: come accadde lo scorso anno quando il Presidente Usa non rieletto, Donald Trump minacciò e in parte applicò dazi di ritorsione sui prodotti europei (casus belli la controversia sugli aiuti ai rispettivi costruttori aeronautici), anche per la Brexit i produttori europei si trovano “appesi” alle decisioni della politica che, è bene ricordarlo, sono spesso, se non sempre, pesantemente condizionate dalle pressioni di lobby e gruppi economici.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
(immagine di copertina tratta da interno.gov.it)