Bilancio Vinitaly? No grazie. Riparliamone tra qualche mese. E abbasso gli eno-chic della domenica

inserito il 13 Aprile 2010

Un bilancio del Vinitaly 2010? No grazie. A questa domanda è meglio (e saggio) rispondere tra un paio di mesi. Almeno. Magari dopo avere raccolto le risposte di operatori, vignaioli, industriali, quando saranno spente le luci della vetrina veronese e tutti saremo rientrati nella normalità commerciale, così lontana dai brindisi e le tavolate veronesi.

Perché, lo diciamo apertamente, non ci va di battere la grancassa e accodarci a quanti già prima che la fiera di Verona chiudesse i battenti, lunedì 12 aprile, avevano cominciato a tessere le lodi del salone scaligero, osannando la buona stella del vino italiano che «tiene nonostante la crisi».

Intanto diamo i numeri di cui siamo certi: Vinitaly 2010 secondo i dati forniti dagli organizzatori, ha fatto registrare un incremento del 4,4% degli operatori esteri per un totale di 47 mila, provenienti da oltre 110 Paesi e soprattutto da nuovi mercati. Il totale delle presenze nei quattro giorni di fiera è stato di 152 mila. I giornalisti accreditati, arrivati da una cinquantina di Paesi, sono stati 2500.

Tutto ciò, tuttavia, non significa che il vino abbia risolto i suoi problemi. Conferma attenzione, voglia di contatti e di fare. Ma da qui alla vendita, come sanno i responsabili commerciali, ce n’è di strada da fare.

Sia ben chiaro, però, che noi siamo contenti se e quando le cose vanno bene.

Anche noi vorremmo che il comparto enologico – insieme ad altri, perché l’Italia non va certo avanti solo per il vino e la buona tavola – fosse una sorta di isola felice.

Ma così non è, purtroppo. I rumors che ci hanno riportato nostri collaboratori da Verona (e non solo) lo confermano.

C’è interesse, questo sì, dai mercati esteri, anche perché i vini italiani, è bene ricordarlo, sono spesso più competitivi rispetto a quelli francesi che ne sono i diretti concorrenti.

Sul mercato nazionale, invece, il vino sembra segnare un il passo.

Colpa delle dissennate politiche anti-alcol che non fanno differenza tra cicchetti-bomba e calici di vino; dell’atteggiamento non propriamente chiaro delle case vinicole che stentano ancora ad affrontare in modo esauriente l’argomento abuso e pure di una certa miopia delle istituzioni che faticano a comprendere quanto tutto il made in Italy  resti un must ancora da sfruttare appieno, anche in chiave di business.

Ci sono poi le incognite legate al perdurare di sofferenze finanziarie che hanno picchiato duro anche sulle aziende del vino.

I giornali, in pieno Vinitaly, hanno riportato voci di situazioni sull’orlo del dissesto, di aziende che sarebbero in vendita o, addirittura, in chiusura.

Ma si tratta di voci, di indiscrezioni che se non sono dannose risultano inutili, Tanto quanto le storie di cui si beano certi giornali. Il clichè è sempre lo stesso: il ricco professionista annoiato e insofferente alla vorticosa vita metropolitana che, folgorato sulla via del vino, sceglie le colline come buen retiro per godersi una pensione dieci volte quella degli operai Fiat o del vignaiolo di Langa che si ritrova come vicino.

Il mondo del vino, però, è altro. Perché, come dicono in Piemonte, «la terra è vicina ai piedi e per arrivarci  bisogna fare fatica».

Filippo Larganà (info@saporidelpiemonte.it)

1 Commento Aggiungi un tuo commento.

  1. Adriano Salvi 14 Aprile 2010 at 15:16 -

    Crisi o non crisi i commenti al VinItaly, tra i quali includo anche i miei, sono “aria fritta”. Obtorto collo, detestando la confusione fin da quando avevo i calzoni corti, seguo da tempo immemore la kermesse scaligera, ma non mi è mai capitato di rilevare negli espositori tutto questo entusiasmo unanime che gli organizzatori (li capisco è ovvio dal loro punto di vista) tendono a far trapelare ad ogni edizione, unitamente a numeri in continua crescita di visitatori ecc. Ammesso che uno abbia tempo e voglia di mettersi ad interpellare “un campione significativo” direbbe Piepoli, di vignaioli, oggi ne sentirebbe di tutti i colori. come per altro avveniva 1o anni fa….dal rassegnato, all’entusiasta, a quello che partecipa perchè “bisogna” a chi ha 3,000 bottiglie o meno in tutto da vendere e va a perdere tempo e soprattutto soldi di trasferta e soggiorno (sempre di più) a Verona . Un “universo” assai composito e pertanto da sempre molto difficile da catalogare. Valgono le statistiche globali ma quelle, come afferma giustamente Filippo, si potranno valutare tra qualche mese o più….ogni attività ha la sua storia, le sue esigenze i suoi mercati di riferimento (sempre che li abbia)…..incontri uno che manda il vino in Corea e poi non riesce a venderlo al ristorante a 100 metri da casa sua e storie del genere sono più frequenti di quello che i non addetti ai lavori possano credere….Sui consumi nazionali in calo non darei tutta la colpa alle leggi ed alla campagna antialcol a prescidenre…una bella fetta l’attribuirei .ai consumatori, ancora lontani dal capire che non ci sono soluzioni alternative tra il bere due bicchieri o trovare un volontario che non beva e guidi…succede così da decenni in molte nazioni, ma noi italiani vogliamo sempre fare i “fenomeni” e gli effetti si vedono……Altra fenomelogia particolarmente commendevole per le italiche genti è la “moda”. Per anni se un vino non sembrava una spremuta di legno non veniva preso in considerazione neppure dalle madamin (giovin signore) abituate nella Torino Sabauda a bere rosolio, ora guai al cielo se è passato in barriques (mah!) . Il rosato , considerato per decenni un parvenu del mondo del vino, rappresentante di produzioni dozzinali per antonomasia, adesso è diventato un cult e tutti i produttori che l’avevano abbandonato o non l’avevano mai messo a listino si sono affrettati a proporlo…..forse molti consumatori pensano che si possa bere una bottiglia di rosato senza perdere la patente……ma se leggessero meglio le etichette scoprirebbe ro che se è valido fa almeno 13 gradi come un rosso già muscoloso…..Mi accorgo ogni giorno che c’è ancora una confusione e una disinformazione nei consumatori che è difficile da estirpare….che dire….brindiamoci su, con un buon spumante italiano, anche questo perfortuna tornato di moda…naturalmente anche in versione rosè……

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