Nell’ultima riga del comunicato giunto oggi con cui il Consorzio della Barbera e vini del Monferrato illustra dati e percentuali dell’annata passata, c’è tutta la “ciccia” della notizia o, almeno una buona parte di essa.
La nota stampa, infatti, termina con le dichiarazioni del presidente Filippo Mobrici che, oltre a rallegrarsi delle performance di un comparto sempre più effervescente, avverte che: «… occorre continuare sulla strada della promozione e della tutela scrupolosa per aumentare in modo progressivo il valore di una regione vinicola unica al mondo, puntando nello stesso tempo a garantire la giusta remunerazione ai vignaioli».
Mobrici, dunque, riconosce come le denominazioni tutelate dall’ente di cui è al timone si stiano sviluppando con risultati positivi e proiezioni incoraggianti, ma rimarca anche come si debba continuare promozione e tutela (noi aggiungiamo anche la comunicazione) senza dimenticare la garanzia del giusto reddito ai viticoltori.
È una nota dolente un po’ di tutti i settori vitivinicoli, Nebbiolo a parte, ma che per la Barbera preoccupa visto che solo poche selezionate partite di uva spuntano prezzi interessanti, mentre la media non arriva ai 5 mila euro ad ettaro. Un nodo da sciogliere anche in considerazione degli effetti imprevedibili di crisi che potenzialmente potrebbero creare contraccolpi non da poco, come il rischio dazi Usa (scongiurati, ma non cancellati del tutto) e l’epidemia del coronavirus Covid-19 che ha già fatto vittime illustri tra le fiere del vino, leggi il tedesco Prowine di cui è stata annullata l’edizione 2020, e messo in forse anche il Vinitaly di Verona che, però, almeno stando a quanto dichiarato dal presidente della regione Veneto, Luca Zaia, dovrebbe svolgersi regolarmente dal 19 al 22 aprile prossimi a meno di una clamorosa retromarcia.
Come si vede l’orizzonte è variabile per il comparto del vino piemontese che con il bilancio del Consorzio della Barbera trova un po’ di sereno, ma che, allo stesso tempo, sembra avere bisogno di strumenti e azioni di supporto a tutela di viticoltori, cooperative, aziende trasformatrici alle Cantine. In questo senso un’attivazione delle Istituzioni pubbliche, almeno precauzionale, sarebbe augurabile.
Ecco, intanto, la nota stampa consortile. Buona lettura.
Il 2019 porta la Barbera d’Asti a 220 mila ettolitri con un imbottigliato che cresce del 6,4%
Annata che registra importanti proiezioni di crescita in termini di produzione e consumo. È questo il profilo della vendemmia 2019 relativa al Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, organismo che promuove e tutela 13 denominazioni su 59 D.o. complessive piemontesi (Nel dettaglio 3 Docg, Barbera d’Asti, Nizza, Ruchè di Castagnole Monfearrato e 10 Doc, Albugnano, Cortese dell’Alto Monferrato, Dolcetto d’Asti, Freisa d’Asti, Grignolino d’Asti, Loazzolo, Malvasia di Castelnuovo Don Bosco, Monferrato, Piemonte, Terre Alfieri).
Un totale di 11.586 ettari, pari a circa il 26% dell’intera superficie vitata piemontese, con un imbottigliato complessivo che raggiunge quota 65.759.849 e un incremento del 4% sull’annata precedente. Segno positivo per la Barbera d’Asti Docg, coltivabile in 167 Comuni del Piemonte dei quali 116 in provincia di Asti e 51 in provincia di Alessandria. L’imbottigliato raggiunge il numero di 21.388.893 e conquista un 6,4% sulle cifre del 2018, mentre conferma una quota export intorno al 50%.
Numeri positivi anche per le altre denominazioni, a cominciare dal Ruché di Castagnole Monferrato Docg, che vola a 969.555 bottiglie registrando un +11,3%. Incremento sensibile anche per il Nizza Docg, che con 595.420 bottiglie cresce del 41,9% e segnala una percezione crescente nei consumatori finali. Restando sull’imbottigliato, Albugnano Doc (46.143), Cortese dell’Alto Monferrato Doc (788.104), Dolcetto d’Asti Doc (471.088), Freisa d’Asti (631.043), Grignolino d’Asti (1.074.467), Loazzolo (2.767), Malvasia di Castelnuovo Don Bosco (341.612), Monferrato Doc (4.751.715), Piemonte Doc (34.418.371), Terre Alfieri Doc (280.673).
Il dato export della produzione complessiva è stimato intorno al 45%, ma cresce in modo costante e progressivo la percezione delle denominazioni del Monferrato in Italia e nel mondo. Consolidati mercati importanti come Stati Uniti, Canada, Germania, Francia, Inghilterra e conquistati nuovi spazi in paesi come Danimarca, Giappone e Nord Europa, dove l’attività promozionale ha stimolato e incontrato l’interesse di esperti, operatori, giornalisti e appassionati.
La vendemmia 2019 del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato ha inoltre messo in rilievo nuove porzioni di produzione enologica, nello specifico per quanto riguarda alcune tipologie delle denominazioni Monferrato Doc e Piemonte Doc ai quali sono state riservate ettari di produzione. Nella prima categoria emerge il Monferrato Doc Nebbiolo (3.634 hl), che entrerà in commercio nel 2021 dopo il tempo di affinamento previsto.
Per quanto riguarda le tipologie Piemonte Doc spiccano il Piemonte Doc Cortese, che con 25.455 hl può essere fregiarsi della unità geografica aggiuntiva Marengo nelle versioni spumante o frizzante, ma anche le nuove varietà di Piemonte Bussanello, Piemonte Croatina, Piemonte Riesling e Piemonte Viognier, che registra una produzione di717 hl. Un insieme di espressioni di varietà ampelografica che rappresentano un valore aggiunto, in termini di diversità e di risorse enologiche, che caratterizza tutto il Monferrato del vino.
«Una vendemmia positiva che apre spazi importanti e mette in rilievo segnali significativi – commenta Filippo Mobrici, Presidente Consorzio barbera d’Asti e Vini del Monferrato – Il bilancio lascia intravedere una traiettoria di sviluppo, anche per quanto riguarda la crescita di percezione dei nostri vini in Italia e nel mondo. Il Monferrato conferma di essere sempre di più un brand e di avere risorse concrete da valorizzare. Cresce il valore dei vigneti e questo incentiva gli agricoltori a restare su un territorio che, negli ultimi anni, ha registrato per questo motivo numerosi investimenti da parte di molti imprenditori. Da sottolineare inoltre le ricadute positive sull’indotto turistico e in particolare enoturistico, ma grande importanza merita anche il dato di crescita di quei giovani agricoltori che hanno scelto di dedicarsi al lavoro in vigna ereditando magari una tradizione di famiglia. La ricchezza di un territorio passa anche attraverso segnali culturali di questo tipo, ma occorre continuare sulla strada della promozione e della tutela scrupolosa per aumentare in modo progressivo il valore di una regione vinicola unica al mondo, puntando nello stesso tempo a garantire la giusta remunerazione ai vignaioli».