Scarpa, storica maison vitivinicola con Cantine a Nizza Monferrato e vigneti sparsi sulle colline tra Sud Astigiano e Acquese, nel mondo della Barbera e non solo, non è solo sinonimo di vini di qualità, ma anche di vini originali con caratteristiche che li rendono unici e lontani anni luce da ogni omologazione.
Tuttavia questa unicità non è mai stata comunicata, valorizzata e sfruttata al meglio.
Con una cinquantina di ettari di terreni di proprietà, di cui 25 vitati per la maggior parte a barbera con superfici minoritarie di dolcetto, ruchè, brachetto e moscato, la produzione è di circa 120 mila bottiglie. Qualcuno pensa che si possa fare di meglio. E i cambiamenti sono in corso.
Il punto di svolta è stato il cambio di proprietà di fine 2014. Gli investitori svizzeri che avevano rilevato la Cantina dalla famiglia Castino al timone dell’azienda con il mitico Mario Pesce, il farmacista di Nizza Monferrato che diede impulso allo sviluppo della maison, nel 2001 cedono a una famiglia russa, «Di cui per ora non siamo autorizzati a fare il nome» dice Stefano Malferrari della Marco Resarch, la società di consulenza con base a Monte Carlo che è stata incaricata di ridisegnare l’architettura della maison Scarpa.
«Da subito ci siamo accorti di avere davanti una realtà imprenditoriale dalle enormi potenzialità inespresse – racconta Malferrari -. Le indicazioni della nuova proprietà sono state chiarissime: elevare all’ennesima potenza questi valori, mantenendo inalterati filosofia produttiva e potenziano, dove possibile, la struttura operativa dell’azienda, cioè i vigneti, la cantina e le persone che sono sempre al centro del progetto Scarpa».
Così si arriva al coinvolgimento dell’Università di Scienze Gastronomiche (Usg) di Pollenzo. «Fu chiesto a diverse Università italiane un ipotesi di progetto di rilancio e fu scelto il nostro» dice Michele Antonio Fino, professore associato di Diritto Romano e Diritti dell’Antichità. Usg mette a disposizione tre suoi neo laureati che poi vengono assunti in azienda e sono: Riikka Sukula, una giovane finlandese e attuale direttore generale, Gregorio Ferro, controllo di gestione, e Andrea Roccione, comunicazione e marketing. Tutti e tre hanno un master in Cultura del Vino Italiano a Pollenzo e si integrano perfettamente con lo staff già esistente con a capo l’enologo Silvio Trinchero, allievo di quel Carlo Castino, anche lui enologo, che è memoria storica di Scarpa oltre che uno dei “dottori del vino” più esperti che ci siano in circolazione.
È qui che avviene il “miracolo”. I nuovi assorbono completamente il patrimonio e lo stile Scarpa, facendolo proprio e sviluppandolo con le loro conoscenze. Nuovo sito internet (qui), comunicazione sui principali social e approccio con il mondo del giornalismo e della comunicazione. Un assoluto esordio per la maison nicese che negli anni ha vissuto più del “passaparola” che di una reale strategia di comunicazione.
Il primo “incontro ravvicinato” con la stampa qualche giorno fa alla Banca del Vino di Pollenzo.
Una dozzina di vini in degustazione con il prof. Fino a fare da moderatore con i commenti di Sandro Sangiorgi, giornalista, scrittore ed enogastronomo, Malferrari alle pubbliche relazioni, lo staff di Scarpa, con Carlo Castino nel ruolo di ospite d’onore, a spiegare e ricordare annate e vendemmie. Si inseguono le annate (90, 96, 01, 06, 07 e 08) de La Bogliona, la mitica Barbera d’Asti con vigneti a quota 400 metri sul livello del mare «Per questo non facciamo Nizza docg il cui disciplinare ha messo un limite a vigneti entro i 350 metri» dicono quelli di Scarpa. Sarà così? Il limite esiste, ma c’è da agurarsi che se l’azienda ha vigneti nella zona di produzione del Nizza si arrivi a farla questa splendida docg. Poi ci sono stati assaggi di Rouchet (annate 2014, 2007 e 2001), il Ruché di Scarpa fuori dalla zona di produzione, vinificato con quel nome francofono che è diventato un marchio registrato a fine Anni Settanta, e il sorprendente La Selva di Moirano, un Brachetto secco da urlo (annate 2011, 2007 e 2001).
Al palato, persino quello non professionale, il messaggio dei vini Scarpa è giunto forte e chiaro: tra i migliori in circolazione. Punto.
Ora, però, il lavoro da fare è molto. «In cantina ci sono annate, anche di Barolo e Barbaresco, perché Scarpa aveva la deroga per imbottigliarlo fuori dalla zona, che non sono mai state scoperte. Puntiamo sulla miniera ancora inesplorata che è la cantina dell’azienda» dichiara Malferrari. Fino parla ai vitigni: «Ci sono aree non vitate che lo diverranno presto e tra i nuovi impianti si sta pensando al Timorasso fuori zona», sarà felice Waklter Massa, il vignaiolo del tortonese “padre” del pregiato bianco. E poi c’è un progetto anche sul moscato, l’uva delle vigne di Castelrocchero saranno vinificate e il vino commercializzato.
Insomma Scarpa non solo si rinnova, ma vuole entrare a pieno titolo nel novero delle più celebrate case vitivinicole italiane. Le esperienze del passato e le premesse del futuro ci sono, naturalmente, tutte.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)