Asti 53° Comune del Moscato? Si per Comitato vini e Mipaaf. No di Regione Piemonte e Assomoscato. Parola al Tar

inserito il 9 Maggio 2012

In questi giorni si è consumato ultimo atto della querelle a colpi di carte bollate attorno alla questione se sia giusto o no inserire la città di Asti nel novero dei Comuni dove si coltiva il moscato per Asti e Moscato d’Asti docg. Il Comitato vini, riunitosi a Roma, ha votato la richiesta di parere al Ministero all’Agricoltura che si vuole autotutelare rispetto ad eventuali cause per il mancato inserimento di Asti città nella zona del moscato docg piemontese che oggi comprende 52 Comuni tra Astigiano, Cuneo e Alessandrino.

Dei 19 membri presenti dell’ente, presieduto dal direttore generale di Assoenologi, Giuseppe Martelli, 15 hanno votato sì al parere di inserire Asti, 3 (Cia, Coldiretti e Confagricoltura) si sono dichiarati contrari e uno, il rappresentante delle Regioni, si è astenuto.

Che cosa accade adesso? Che il Ministero delle Politiche Agricole, retto dal Ministro Catania, emanerà un decreto di autotutela che permetta a chi ha vigne di moscato nel Comune di Asti, di rivendicare queste vigne come moscato docg.

Il caso più eclatante, e che ha fatto scattare la querelle, è quello dell’industriale veneto Zonin che nella frazione astigiana di Portacomaro ha una ventina di ettari a moscato. Un decreto, quello ministeriale, che metterebbe al riparo il Governo da eventuali richieste di danni da parte di produttori vinicoli (leggi Zonin) che dovrebbero considerarsi danneggiati da una eventuale esclusione, che fosse successivamente ritenuta illegittima, di Asti dalla lista delle aree comunali del Sud Piemonte dove è possibile coltivare il moscato bianco per Asti e Moscato docg.

Assomoscato (2 mila iscritti tra viticoltori, aziende vitivinicole e cantine cooperative), alcuni Comuni e la Regione Piemonte, sono sempre stati contrari a questo progetto contestando modi e termini dell’iter. Tanto da presentare ricorsi e controricorsi contro chi (Zonin, Comune di Asti e Consorzio di Tutela dell’Asti docg) aveva promosso l’inserimento della città di Alfieri nella lista dei Comuni moscatisti.

L’ultimo ricorso Assomoscato lo ha presentato, pochi giorni fa, sempre davanti al Tar Lazio chiedendo di rigettare la sospensiva che di fatto dava ragione a chi voleva che ad Asti si producesse l’Asti docg.

I giudici decideranno il 30 maggio. I rumors danno pronostici al 50% per le due parti contendenti.

Secondo alcuni osservatori il Tar laziale avrebbe già deciso di rigettare il ricorso di Assomoscato perché non abbastanza supportato, di fatto l’unica motivazione per escludere Asti dalla lista dei Comuni moscatisti è il fatto che lì il moscato non s’è mai piantato. Mentre a favore ci sarebbero ben tre perizie che indicano come “abile e arruolato” alla produzione di moscato docg il territorio comunale della città di Paolo Conte e Giorgio Faletti.

Secondo il parere di altri analisti i giudici, invece, potrebbero dare ragione a Assomoscato contando sul fatto che una buona parte della filiera, soprattutto della parte agricole, è contraria al progetto di ampliare l’area di produzione delle uve in forza di tradizioni e soprattutto di una buona gestione del marketing che metta al sicuro il comparto moscato da qualsiasi speculazione.

In tutto questo scenario si inseriscono dichiarazioni da una parte e dall’altra. Due su tutte: quella del neo presidente del Consorzio di Tutela dell’Asti, Gianni Marzagalli, eletto pochi giorni fa al posto dell’uscente Paolo Ricagno, che a domanda precisa di un cronista ha risposto che, come nella passata presidenza (molto contestata per questo da una buona parte dei viticoltori), l’ente consortile è favorevole alla contivazione di moscato docg ad Asti.

E quella dell’assessore regionale all’Agricoltura della Regione Piemonte, il leghista Claudio Sacchetto, che con una nota diffusa alla stampa ha dichiarato apertamente di appoggiare l’opposizione al Tar presentata da Assomoscato.

In un precedente post ci chiedevamo se con il ricambio dei vertici del Consorzio e il ritorno nel suo seno (e nel Cda) di alcune cantine cooperative, che ne erano uscite in polemica con la presidenza Ricagno, non ci fossero i presupposti per firmare una sorta di “pax moscati”. Avevamo messo un bel punto interrogativo che, alla luce delle ultime vicende, ci sta tutto.

Sì, perché se prima del 30 maggio, come sembra, il Ministero emetterà il decreto pro Asti e il Tar dovesse rigettare il ricorso di Assomoscato, allora potrebbe essere la Regione Piemonte a stoppare tutto e congelare le eventuali “rivendicazioni” di vigneti a moscato docg nel territorio di Asti città. E, secondo gli esperti, potrebbe farlo almeno fino a quando il Consorzio non concluderà lo studio sui mercati destinato a confermare o meno lo sblocco di nuovi impianti di moscato. Un’analisi che potrebbe essere terminata entro settembre, prima delle vendemmia, in tempo utile perché, se ci sarà lo sblocco degli impianti, Zonin e altri proprietari di vigneti moscato ad Asti rivendichino la docg. In caso contrario niente rivendicazioni, ma, con l’aria che tira, la possibilità che si aprano altri fronti di diatriba.

Su tutto questo “pasticciaccio delle bollicine dolci” aleggia la spada di Damocle di Bruxelles. Infatti l’Ue, a cui il Ministero dovrà spedire il plico con il nuovo disciplinare di produzione della denominazione Asti, potrebbe interpretare le leggi comunitarie a favore di Asti, e c’è addirittura chi adombra la possibilità che l’Unione Europea, che certo non brilla per sensibilità nei confronti dei Paesi produttori di vino visto che addirittura vorrebbe liberalizzare la coltivazione di vitigni da vino in tutti e 27 i Paesi membri, adotti la posizione radicale di consentire la coltivazione del moscato bianco docg solo nel Comune che dà il nome al vino, cioè Asti.

Un’ipotesi bizzarra e fantascientifica, per alcuni, usata per creare allarmismo. Un pericolo reale per altri che ricordano il caso Tokaij, con l’Ue che ha vietato agli italiani di chiamare con la denominazione della città ungherese di Tokaij, un vino che si produceva in Italia da 200 anni, e quello del Prosecco che per blindare la propria denominazione ha esteso la zona di produzione fino al paesello di Prosecco, alle porte di Trieste, salvo poi non consentire neppure un ettaro di impianto di glera, il vitigno del Prosecco, con grande arrabbiatura dei vignaioli triestini.

Insomma quella del moscato resta una vicenda davvero ingarbugliata. Non resta che sperare nella buona volontà delle parti per trovare una soluzione onorevole per tutti e che soprattutto restituisca, se non l’unità del settore, almeno la possibilità che tutti gli attori della filiera non perdano mai di vista l’obiettivo finale: aumentare volumi, immagine e valore reddituale di Asti e Moscato docg, che nel 2011 hanno venduto oltre 106 milioni di bottiglie, mantenere il reddito agricolo a livelli dignitosi, allontanare il rischio di svilimento del prodotto. Progetti difficili, certo, specie in questo periodo di congiuntura estrema, ma non impossibili.

Sdp

4 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. filippo 17 Maggio 2012 at 08:07 -

    @Piercarlo: almeno noi su questo blog la responsabilità ce la prendiamo sempre… 😉

  2. Sacco Piercarlo 16 Maggio 2012 at 20:30 -

    Assolutamente si…sono MOLTO contento che non abbia vinto, altrimenti a quest’ ora avremmo 2 o 3
    mila ettari in più, e poi voglio vedere cosa succede…….
    Comunque….politica a parte, ” che è una brutta bestia” per quest’ anno, noi parte agricola, dovremmo
    andare bene, salvo imprevisti…..”nuovi impianti” per il resto…beh..staremo a vedere, cosa deciderà il
    TAR. e poi, come ho già detto in passato qualcuno si deve prendere la responsabilità……..o no?
    Saluti……..

  3. filippo 16 Maggio 2012 at 08:45 -

    @Piercarlo: beh, allora è un bene che non abbia vinto le elezioni comunali a Cuneo (dove era candidato a sindaco)… o no? Battute a parte a onor del vero l’assessore, a cui auguriamo di terminare il mandato anche se da tempo circolano rumors su un eventuale rimpasto della giunta regionale, riscuote consensi e lodi, ma anche critiche aspre… il che, in un Paese normale, sarebbe indice di buon lavoro… Però il nostro non è un Paese normale da molto tempo. Qui le posizioni diverse dalle proprie sono considerate avverse e da distruggere insieme a chi le propone, con un preoccupante deterioramento del concetto di democrazia, anche in campo economico e produttivo oltre che in politica.

  4. Piercarlo Sacco 15 Maggio 2012 at 20:27 -

    Finché c’è Claudio Sacchetto…..C’é speranza…. bisogna avere fede…
    “speriamo che continui ad essere il nostro assessore all’ agricoltura per molto tempo…
    Saluti………..

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