È un fiume in piena, come al solito, Gianni Marzagalli, pavese, ex manager Campari di lungo corso e presidente del Consorzio dell’Asti docg. E con la scusa di presentare l’ultima campagna promozionale pro bollicine, si toglie qualche sassolino dalla scarpa. Dice: «Basta con le divisioni e le liti. Il mondo del vino piemontese e del moscato ha bisogno di unità, di fare squadra, sistema. È ora di piantarla con questi contrasti che da troppo tempo devastano il settore e ne danneggiano l’immagine. Sono stufo di vedere i sorrisini dei giornalisti stranieri e non piemontesi quando si parla di Asti, sono tutti lì a ricordarci le contrapposizioni, i litigi. Ora basta. Esorto tutti a finirla».

Margazalli si riferisce a molte questioni ancora aperte come il blocage/deblocage, cioè la possibilità di usare una parte delle uve eccedenti non doc e non docg come docg, che ancora, a vendemmia del moscato quasi terminata, ancora contrappone Case spumantiere (favorevoli) e parte dei viticoltori (contrari) o come l’annosa questione dell’inserimento della città di Asti nella lista dei Comuni (oggi sono 52 tra Astigiano, Alessandrino e Cuneese) della zona di produzione. Favorevoli il Comune della città di Alfieri, l’associazione di viticoltori astigiani tra cui il Gruppo Zonin, che in zona Portacomaro Stazione frazione di Asti, ha 22 ettari di moscato. Contrari, fino ad ora con successo e conforto dei giudici, Assomoscato (raggruppa una parte dei viticoltori), Coldiretti e Comuni del Moscato. E come si fa a piantarla lì con le liti se le posizioni sono sempre e comunque opposte? «Ma io non mi esprimo su quella vicenda – precisa il presidente consortile -. Dico solo che se la smettessimo di litigare ne guadagnerebbe il mondo del moscato». Giusto. Bisogna vedere se la filiera, fatta da enti e istituzioni che mal si sopportano a vicenda, gli daranno retta. «Bisognerà attendere un ricambio generazionale» azzarda un salace collega.
Ma non è l’unica questione spinosa affrontata da Marzagalli nel corso dell’incontro con i media. C’è il “caso” Italia. Il Consorzio in questi anni ha speso molte risorse all’estero, soprattutto in Cina, ma l’Italia, dove le vendite sono passate in un poco più di un decennio da 20 a 10 milioni di bottiglie, sembra essere stata messa da parte. «Non è così – controbatte Margazalli supportato dal direttore, Giorgio Bosticco -. Intanto le risorse attuali non ci consentono di fare grandi cose. Comunque risulta difficile intervenire su un prodotto come l’Asti che in Italia viene venduto mediamente a prezzi medio bassi. Ci vuole un riposizionamento verso l’alto. Dobbiamo convincere le Case spumantiere a farlo». Un compito non facile. Quindi la “stoccata” agli ex colleghi: «Lo dico io che per tutta la mia vita sono stato manager in un importante gruppo come Campari: le grandi industrie dell’Asti hanno sbagliato a percorrere la strada dei volumi piuttosto che quella del valore dell’Asti. Oggi dobbiamo invertire questa tendenza. L’Asti – spiega Marzagalli – non è una maionese che si trova negli scaffali destinati ai prodotti medio-bassi. Merita molto, ma molto di più».
Storia già sentita che, però, piace risentire. A patto che diventi realtà una volta o l’altra. Uno stimolo potrebbe venire proprio da quello che stanno facendo i cugini francesci che, come ha segnalato SdP, stanno puntando sulla tradizione dello Champagne dolce. Margazalli ammette: «Questa anticipazione del vostro blog sullo Champagne dolce mi giunge nuova. Ne faremo tesoro». E via a brindare con l’Asti docg.
SdP
Il Consorzio non ha ancora capito che l’Asti è un prodotto finito,senza una forte pubblicità le vendite continueranno a scendere, si venderà solo più l’Asti abbinato ai marchi (Cinzano, Martini & Rossi, e pochi altri) già da questa vendemmia alcune ditte spumantiere hanno invitato i grossi conferenti di uva moscato a cambiare ditta, mentre altri hanno pesato le uve e poi hanno invitato i conferenti a scaricarle presso altra ditta. Solo il Moscato d’Asti potrà salvare la zona da una resa pari a quella del Brachetto (Gancia su sei milioni di bottiglie ne produce 2 di Asti e ben 4 di Moscato d’Asti.) urge la terza denominazione Moscato d’Asti Spumante….E non diamo colpa alle polemiche…nell’antica Roma fin che c’erano polemiche, discussioni e litigi l’Impero Romano si espandeva, quando finirono le polemiche perchè tutti avevano la pancia piena l’Impero Romano crollò.Noi del CTM continueremo a far sì che l’Impero del Moscato non crolli…A presto!
Buon Moscato d’Asti
giovanni bosco