La “guerra” delle bollicine piemontesi. La Provincia di Asti dà ragione a Sdp: «Litigare fa male al mondo dell’Asti spumante. Meglio il gioco di squadra per far crescere il comparto nell’interesse degli operatori seri»

inserito il 8 Aprile 2009

Paesaggio del Comune di Asti (AT) – Palazzo della Provincia

Nel Palazzo della Provincia di Asti ora si parla anche di Asti spumante

 Nella guerra “astiosa” sull’Asti spumante tra la maison vinicola Fontanafredda, che rivendica una tensione alla maggiore qualità del prodotto e invita e non sputtanare le bollicine dolci piemontesi, e il Consorzio che difende strategie comuni e piano di rilancio da 40 milioni di euro, si inserisce anche un duro intervento della Provincia di Asti. In merito alla querelle, ripresa dalle pagine nazionali de La Stampa del 2 aprile, giorno di apertura dell’edizione 2009 del Vinitaly di Verona che si è chiusa il 6 aprile, la presidente dell’ente, Maria Teresa Armosino, e l’assessore provinciale astigiano all’Agricoltura, Fulvio Brusa, tramite nota ufficiale, sostengono, in sostanza, la stessa tesi che noi di Sdp avevamo espresso dopo la pubblicazione delle interviste a Giovanni Minetti (Fontanafredda) e Emilio Barbero (Consorzio): litigare fa male al comparto dell’Asti e non è una cosa intelligente. Ecco il testo dell’intervento di Armosino e Brusa. 

«Alcune recenti prese di posizione sull’Asti spumante ci inducono ad alcune riflessioni che vorremmo condividere con i rappresentanti dell’intera filiera. Riteniamo utile il confronto corretto, perché è sempre importante verificare  come si possa eventualmente implementare il modello produttivo e commerciale impostato, per far sì che il comparto possa trovare nuove opportunità di sviluppo. È fondamentale partire dalla constatazione che il mondo dell’Asti coinvolge circa  6.000 famiglie di viticoltori, oltre 100 aziende industriali e di imbottigliamento. La ricaduta sull’indotto è decisamente più consistente, considerando il comparto enomeccanico che sta a monte, il sistema dei servizi collegato e la rete distributiva del prodotto finito, in Italia e, soprattutto, sui mercati internazionali. L’Asti, con circa 80 milioni di bottiglie commercializzate, rappresenta tra il 25 e il 30% della produzione vitivinicola del Piemonte, con un volume d’affari di tutto rispetto, che raggiunge la ragguardevole cifra di 60 milioni di euro calcolati sulla base dei prezzi dell’uva alla vendemmia. Questo prodotto merita attenzione, ma soprattutto meritano rispetto le migliaia di famiglie che con serietà, competenza, impegno e passione, hanno deciso di rimanere sulle colline di 52 comuni delle province di Asti, Alessandria e Cuneo, mantenendo un legame fortissimo con il territorio, coltivando la vigna e vinificando l’uva, conservando e modellando un ambiente naturale che si candida a diventare Patrimonio dell’Umanità. Le politiche produttive e commerciali impostate dalle singole aziende possono e devono rappresentare un’occasione di confronto, di stimolo alla competitività, di incentivo a fare sempre di più e meglio, ciascuno secondo le proprie inclinazioni. Ciò che certamente non è utile al settore è la contrapposizione frontale, la ricerca della divisione, la denigrazione gratuita della concorrenza. Se l’Asti è arrivato ai livelli attuali, che consentono di remunerare, mediamente, circa il doppio i viticoltori che si dedicano alla coltivazione del Moscato rispetto alla media delle altre uve che si producono sullo stesso territorio, è merito del sistema nel suo complesso. E’ merito di chi ha creduto nel “modello Asti”, di chi ha saputo puntare in modo convinto sull’interprofessione, è merito di chi ha saputo coltivare la vigna, di chi ha vinificato le uve, di chi è andato in giro per il mondo a vendere le bottiglie e dei milioni di consumatori che continuano a privilegiare l’Asti. Che si possa fare di più e meglio è scontato, così com’è fuori discussione che la qualità del prodotto nel corso degli anni è complessivamente migliorata. C’è sicuramente spazio per un mercato diversificato e soprattutto per le eccellenze, così come c’è ancora spazio per un prodotto di buona qualità a prezzi accessibili. Servono gli apripista e gli innovatori, così come sono indispensabili coloro che fino a oggi hanno consentito la crescita complessiva di questo comparto, aiutandolo a superare momenti di difficoltà, a costo di molte rinunce e di tanti sacrifici. L’equilibrio del comparto è delicato e i mercati internazionali, non solo del vino, non sono mai stati così agitati. Occorrono tenacia, lungimiranza e moderazione, da parte di tutti. A tutti coloro che credono nell’Asti e nel suo futuro e si sentono impegnati, con determinazione e  con coraggio, per farlo crescere, va la nostra riconoscenza, insieme alla piena disponibilità a sviluppare un gioco di squadra virtuoso che aiuti la crescita del comparto, nell’interesse di tutti gli operatori seri».

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