Il nuovo disciplinare sulla denominazione “Asti” ancora bloccato a causa delle liti interne a una filiera che non riesce a mettersi d’accordo quando le cose vanno a gonfie vele. Figuriamoci se andassero male. A luglio sembrava fatta, ma ai primi di ottobre il Comitato vitivinicolo nazionale è stato chiamato a decidere sulle controdeduzioni al nuovo disciplinare che prevede sottozone e altre novità che avrebbero adeguato le regole alle nuove esigenze del mercato. Invece niente. Tutto è stato rinviato di un mese. Perché?
La vicenda gira attorno all’entrata di Asti città nel novero dei Comuni nel cui territorio si può coltivare il moscato bianco atto a diventare Asti docg e Moscato d’Asti docg. Oggi i comuni sono 52 distribuiti tra le province di Cuneo, Alessandria e Asti.
Qualche anno fa, con un blitz da fine legislazione, il Governo Prodi, attraverso l’allora ministro per l’Agricoltura, Paolo de Castro, cercò di inserire la città di Alfieri nella zona di produzione.
Dietro quel decreto c’erano l’aspirazione della città di Alfieri a diventare, finalmente, capitale del vino a cui dà il nome, ma pure gli interessi della famiglia Zonin, potenti industriali vinicoli veneti con tenute sparse per tutta la Penisola, che ad Asti ha una ventina di ettari di moscato non docg e che avrebbe piacere lo diventassero. Anche in considerazione del fatto che, in difetto delle direttive europee, la zona di produzione dell’Asti non comprende proprio la città di Asti.
Alcuni Comuni e associazioni di viticoltori alzarono barricate e fecero ricorso alla disposizione ministeriale. Il Consorzio di Tutela dell’Asti e Comune di Asti – sposando le direttive europee – si schierarono per l’entrata di Asti (e degli ettari di Zonin) nella zona di produzione docg.
La querelle finì nelle aule di Tribunale e i giudici italiani riscontrarono irregolarità e rigettarono la richiesta.
I vignaioli cantarono vittoria. Zonin annunciò l’intenzione di il ricorrere alla Corte di Giustizia Europea. Il Consorzio, da parte sua, avvertì che c’era il rischio di finire come il Tokaj, il vino ungherese fatto da 200 anni anche da vignaioli italiani e che, a seguito di un esposto ungherese e del lassismo italiano, ora è prodotto con quel nome sono in Ungheria. I contrari all’ingresso di Asti-Zonin ribatterono, confortati da pareri legali, che quella del Tokaj era tutta un’altra storia. Il Consorzio, anche lui confortato da consulenze di avvocati, replicò che no, non era un’altra storia e il rischio era più che reale. L’arrabbiatura dei Zonin crebbe. La confusione nel settore anche.
Tanto che la Regione Piemonte, chiamata in causa, tagliò corto annunciando lo stralcio dell’affair Asti-Zonin e l’intenzione di mandare tutto il dossier a Bruxelles dopo avere sentito l’ultimo responso del Comitato vitivinicolo nazionale.
Che per l’appunto qualche giorno fa ha affrontato ancora una volta la questione discutendo i ricorso di Zonin che ha chiesto al Comitato vini di chiarire ufficialmente i motivi dell’esclusione da una denominazione che conta 52 comuni tranne Asti. Non essendoci una posizione unitaria si è deciso per una proroga di 30 giorni.
Dunque, consorzio di tutela, sindacati agricoli, associazioni di vignaioli e Regione Piemonte hanno fino ai primi giorni di novembre per mettersi d’accordo. Altrimenti la palla passerà definitivamente a Bruxelles che deciderà in modo autonomo.
Nel frattempo tutto è congelato, anche le sottozone del Moscato (Canelli, Strevi, Santa Vittoria d’Alba) che qualche politico locale aveva già dato per operative.
Sulla vicenda Sdp ha registrato i commenti di alcuni protagonisti.
Paolo Ricagno, presidente del Consorzio di Tutela ha parole di critica verso una situazione che si trascina da troppo tempo, e dice: «Non è possibile che ancora una volta per colpa di posizione rigide si debba far slittare l’approvazione del nuovo disciplinare rallentando di fatto lo sviluppo di una filiera che produce 100 milioni di bottiglie docg, centinaia di milioni di fatturato l’anno, reddito e lavoro per diecine di migliaia di persone. La questione è da dirimere al più presto. La Regione Piemonte aveva promesso che avrebbe passato la pratica a Bruxelles, ma non mi risulta lo abbia ancora fatto. E intanto il nuovo disciplinare è bloccato con grave danno per l’intera filiera. E per cosa? Per dire no all’ingresso di una ventina di ettari su diecimila! Inaudito»
L’assessore regionale all’Agricoltura, Claudio Sacchetto ribadisce la posizione dell’ente pubblico sulla questione Zonin-Asti: «Condividiamo la contrarietà di vignaioli Comuni all’iter seguito per l’inserimento di Asti. Lo hanno detto anche i giudici che era sbagliato. Sosteniamo la nostra idea anche se, visto anche all’interno della filiera ci sono posizioni diverse, siamo aperti ad altre soluzioni. Una potrebbe essere quella di far pagare a chi vuole entrare nella zona di produzione i diritti di impianto e seguire l’iter di assegnazione. In questo modo Asti potrebbe rivendicare vigneti docg e vederseli assegnati in qualche anno, forse già la prossima vendemmia. In caso contrario si andrebbe alla Corte Europea di Giustizia con tempi e risultati di cui nessuno, neppure Zonin, può essere certo».
A Tre Bicchieri, il quotidiano online del Gambero Rosso (http://www.gamberorosso.it/), Assomoscato, associazione che raggruppa una parte dei vignaioli, attraverso il suo presidente, Giovanni Satragno, ha ribadito la contrarietà a far entrare Asti nella zona del disciplinare docg, ammettendo tuttavia che, «Se l’Ue ce lo imporrà, dovremo accettare la decisione».
Per Roberto Marmo, parlamentare Pdl, capo gruppo alla Commissione Bilancio della Camera e anche presidente della Cantina sociale di Canelli, i tempi sono maturi per una “pax moscati“: «Arrivati a questo punto la filiera si deve unire e non spaccarsi. Enti istituzionali e privati, associazioni e sindacati devono trovare un punto di incontro e portare avanti politiche comuni. Perché le sfide del mercato sono troppo importanti e affrontarle divisi sarebbe una iattura per tutti».
Sulla stessa lunghezza d’onda Massimo Fiorio, parlamentare Pd, segretario della Commissione Agricoltura della Camera già sindaco di Calamandrana, altro centro vinicolo astigiano, che afferma: «Io sono fiducioso. Il fatto che i tempi per decidere si siano allungati è l’occasione giusta per trovare un’intesa. Il mondo del moscato deve trovare un’unità di intenti. Le contrapposizioni non fanno il bene della filiera».
Anche dal fronte sindacale, in assenza di dichiarazioni ufficiali, sembrano concretizzarsi posizioni di apertura, almeno ad una soluzione condivisa sul possibile ingresso di Asti nella lista dei Comuni del moscato a docg.
Insomma la situazione, come si diceva una volta, è drammatica ma non grave. E sorge il sospetto che tutti vorrebbero che gli altri facessero un passo indietro, per farlo a loro volta e salvare così faccia e potere personale.
Sullo sfondo, però, so addensano nubi minacciose. Asti e soprattutto Moscato sono due marchi molto appetiti sui mercati mondiali. Tanto che molti competitor, sia italiani che stranieri, si stanno attrezzando per produrre nuovi impianti di un vitigno prezioso che incontra il gusto di migliaia di consumatori.
Il rischio è che con tutte queste guerre intestine i piemontesi, detentori dei terreni e delle produzioni più pregiate, restino indietro, perdendo quote di mercato e possibilità di guadagno.
Certo la produzione va governata per evitare speculazioni, ma anche il mercato va ascoltato senza pregiudizi, cercando di coglierne le variazioni, possibilmente in anticipo.
E la filiera del moscato rischia di essere già in ritardo. Molto di più di un mese.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
La commissione paritetica regionale: saranno i contadini del moscato a decidere se Asti deve entrare nella zona docg. Entro 20 giorni in pubblica audizione i contadini del moscato saranno chiamati a votare.
Finalmente anche nella zona dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti è arrivata la Democrazia.
Tocca ai contadini passare dalle parole ai fatti.
Buon Moscato d’Asti
@maurizio gily: a riprova di quanto di quanto dici, vi invito ad assaggiare il moscato spumante UGUALE al nostro asti prodotto dall’azienda DeBortoli australiana; il vino si chiama emeri ed è in versione bianca ed in versione rosato….. quando l’ho assaggiato ho pensato:no, non ci posso credere…. avranno sicuramente aggiunto qualcosa a questo moscato, è troooppo buono, al che ho portato il campione al lab. del consrozio dell’asti, analizzato tutti gli aromi e conforntato i profili con il nostro locale, risultato: uguali!!! …ah dimenticavo, si trovava sugli scaffali di una nota catena californiana a 6.99$….
come non sottoscrivere quanto detto da Maurizio Gily; sono pienamente d’accordo.
Minchia! (come direi nella mia lingua madre…) questa volta (ma non solo questa) son d’accordo con Maurizio “doc” Gily… 😉
ripeto quanto ho già scritto anche se dubito che giovi: in generale le aree docg sono quelle e non si cambiano, a tutela dei produttori agricoli. In questo caso però c’è una questione giuridica legata al nome Asti, molto fondata, e occorre un po’ di buona volontà per venirne fuori con un compromesso altrimenti la cosa rischia di finire a schifio, come direbbe Filippo nella sua lingua madre. Io credo che i problemi che dovrà affrontare il mondo del Moscato nel prossimo decennio siano ben altri, e trovo questa diatriba ormai francamente stucchevole e fuori dal novero di ciò che è importante. Per la cronaca vi informo che l’Australia ha aumentato del 90% la produzione di Moscato dal 2010 al 2011. Ma il problema non è tanto che tutti piantano Moscato (che sarebbe però, semmai, un motivo per non piantarlo). Il problema è che rischiano di farlo più buono di noi, se non cominciamo a occuparci seriamente di politiche di prodotto, invece di perderci in risse di cortile e illividire per i 20 ettari di Zonin. Io illividisco a vedere dove qualcuno ha piantato il Moscato, e illividisco ad assaggiare certi Asti, e ultimamente anche certi Moscato d’Asti. Drinn! Sveglia!
Buon Moscato d’Asti
Meno male che il 17 non cade di venerdì, eh,eh.
L’assessore all’agricoltura della Regione Piemonte Claudio Sacchetto ha convocato per Lunedì 17.ottobre la commissione paritetica per prendere una decisione definitiva su “Asti” nella zona docg. Ci saranno industriali, sindacati e parte agricola. Si accettano scommesse su come andrà a finire….
Buon Moscato d’Asti
giovanni bosco
buongiorno
vorrei prima di tutto fare i complimenti a Filippo per questo suo blog, è uno dei pochi mezzi di comunicazione che parli di moscato d’Asti e delle sue problematiche e lo fa a parer mio con assoluta competenza e professionalità.
scusate se mi permetto di intromettermi nella discussione e se arrivo anche in ritardo nel farlo. volevo solo ribadire un paio di concetti già enunciati da altri e forse ovvi, ma che, secondo me, è importante sottolineare.
e anche per porvi alcuni quesiti.
la questione sull’entrata di un nuovo comune nella DOCG è soltanto questa : il rispetto delle regole.
Gli unici soggetti preposti a far entrare un nuovo comune nel disciplinare sono i detentori dei diritti, cioè i produttori, i possessori dei bollini dei 52 comuni della DOCG. e lo possono fare tramite le pubbliche audizioni decidendo l’accoglimento o no della richiesta di entrata. Nessun altro. Sono soltanto loro i titolari del diritto e gli unici il cui parere sia vincolante. quindi basta aria fritta, sgombriamo il campo, niente bordeaux, niente tocaj, niente Bruxelles, nessun comitato vini, nessun ministero, nessuno può sostituirsi a chi ha il diritto di dire democraticamente, sì o no, e che detiene il diritto di farlo. nessuno può dirlo per lui.( né pinco né paolo e non è un refuso). nessuno. ci siamo capiti?
sono solo loro. i cittadini produttori dei 52 comuni che possono pronunciarsi in una maniera o nell’ altra. per far entrare un nuovo comune oppure no. loro e basta.
E’ vero che ci sono poi delle condizioni a monte, tipo le varie analisi del terreno e gli esami di laboratorio del prodotto, che mi pare siano già state espletate da tempo da parte del comune richiedente e accettate dagli uffici competenti.
Per cui manca, quindi, solo il pronunciamento in piazza o nei luoghi deputati, degli aventi diritto.
Una volta compiuta questa procedura la via è libera per accogliere con un benvenuto il nuovo comune nel disciplinare DOCG e gli ettari di moscato vocati e vitati, presenti sul suo territorio, senza ulteriori passaggi e senza alcun esborso, da parte di chicchessia.
la regola è questa.
Se ho capito bene, si trattava (si tratta?) di riunire tutti i detentori dei bollini dei 52 comuni, farli votare e ratificare la loro decisione. Mi sembra piuttosto semplice, no?
Questo è l’iter da seguire, o meglio, questo era l’iter da seguire.
Perché non è stato seguito? Chi e perché ha deciso di non seguirlo nell’istruire la pratica? Chi ha preso la decisione di scavalcare tutti e tutto, presentando una richiesta dubbia in partenza, al ministero delle politiche agricole?
Chi ha fatto predisporre tutti i documenti relativi a nome e per conto del Comune interessato all’entrata? Chi ha con la solita faciloneria convinto la dirigenza e l’allora presidente del consorzio di tutela ad appoggiare una richiesta di cui già conosceva la scorrettezza procedurale? E perché l’organismo di controllo del disciplinare non è intervenuto poi nel correggere una domanda frettolosa che sapeva già da prima essere così esposta a controversie giudiziarie? Mi piacerebbe che l’amico Filippo, giornalista di trincea, meglio ancora di solco se non di capezzagna si facesse portavoce di questi quesiti, li ponesse alle persone giuste e trovasse la risposta .chissà se accettano di rispondere? vedremo.
se poi mi si permette un umile contributo alla discussione, credo che la via indicata dal nostro Assessore Regionale competente sia una proposta accettabile e discutibile (nel senso di seria, corretta e proponibile) rispetto all’aria fritta che di norma ci viene propinata, anche nell’articolo purtroppo.
Cosa ne dite? Ci sediamo intorno ad un tavolo a discuterla? Poi brindisi finale, ma niente prosecco,per favore…
Grazie per avermi sopportato.
Salve,
Io credo che sia meglio, visto che le cose vanno bene, bisognerebbe far si che questo periodo positivo per l’Asti e Moscato continui e duri a lungo.
E’ come un vigneto, se aspetti di avere l’infezione per trattare sei già fatto.
Zonin è un’imprenditore come tutti gli altri nella zona, cerca di trarre profitto da un prodotto giustamente, però adesso, come dicevo prima è un momento particolare, perchè l’Asti e il Moscato vanno a gonfie vele (PARE).. Ma sembra pure che manchi un pò, dicono! Bisogna vedere se è vero tutto ciò. Non vorrei che fosse una “finta” (come nel 1996) con la scusa che manca un pò si allarga la zona di produzione e via Zonin, Asti e quant’altro.
Il ferro va battuto quando è caldo, però a battere il ferro sono in pochi.
Nel dubbio io ho avviato un’altra attività.
@Adriano: ricordo quel manifesto. era ed è bellissimo. Non credo che su questo blog nessuno voglia convincere nessuno. men che meno Adriano Salvi che è un collega che conosco da anni e di cui apprezzo – anche quando non faceva il giornalista a tempo pieno – correttezza e sobrietà personale e professionale. Per il resto dovrei ripetermi e perciò faccio prima e condivido l’opinione di Salvi. E come direbbe Bosco, attuale presidente del Ctm, buon moscato a tutti… (mi suona un po’ come l’Allegria! che diceva la buonanima di Mike, ma comunque mi piace).
Vedo che ci sono convinzioni ben radicate e non voglio convincere del contrario nessuno. I presidenti di Consorzi ed Associazioni passano, l’uva moscato (si spera) resta e fino a prova contraria è l’unica che oggi come oggi garantisce un reddito decoroso,Come cronista che da quarant’anni si occupa di Moscato d’Asti ne conosco “abbastanza” bene storia e vicissitudini. mi auguro di non dover un giorno citarlo con altro nome, anche se mi andrebbe tutto sommato bene “Moscato di Canelli”, dal nome storico e ampeleografico del vitigno, visto che nei primi anni ’80 reallizzai con amici un manifesto con tutte le bottiglie dei produttori del mio paese che, per la cronaca, è Canelli.
@Luca: i giudici del Tar hanno cassato l’iter, ma credo non siano intervenuti (non era né oggetto della lite né loro competenza) sulla questione dell’allargamento della zona di produzione. Quanto alla posizione del Consorzio di Tutela sulla faccenda ricordo una dichiarazione dell’attuale presidente nella quale, rispondendo a chi rimproverava di essersi schierato contro la parte di contadini che avevano portato la questione davanti al Tar, aveva sostenuto che l’ente non avrebbe potuto comportarsi diversamente perché era in ballo la denominazione. Evidentemente si tratta di punti di vista… come del resto mi risulta ci siano stati anche all’interno di Assomoscato, piuttosto che il Ctm o i Comuni… o no?!
(perdonate ho fatto un “buru” ma ora concludo) Se QUALCUNO ha interesse a investire nel moscato allora sia il benvenuto nella CULLA del moscato, si compri la terra, i diritti e poi proceda come da manuale. Sono altresì consapevole dell’importanza di conservare la denominazione Asti. Quale strada sia meglio seguire? Assolutamente nn ne ho idea altrimenti sarei già saltata in groppa al bel cavallino del moscato per guidare il settore a spada tratta mentre invece sto qui a sperare che i ns tutori, credo ben pagati, facciano un lavoro decente.
Evitiamo i voli pindarici estrapolando dalle frasi significati reconditi che in realtà nn ci sono! Che Zonin sia un acuto imprenditore che fa business ne siamo perfettamente consapevoli e francamente al s posto avrei agito nello stesso modo.Ma per favore nn descriverla come una crociata contro di lui ma piuttosto come una denuncia al sistema. Il mondo funziona così? Sì, lo so ma posso almeno dire che nn sono daccordo? Nn sono i 20 ettari a preoccupare quanto l’eventuale espansione che questi possono avviare. Se QUALCUNO
filippo: chiedo scusa per primo intervento non preciso. avvocati era solo riguardo alla questione del rischio di perdere denominazione
adriano salvi: non ti conosco e mi permetto di darti del tu: io la cosa la leggo un pò diversa : non credo che la “crociata” Assomoscato come definisci tu sia contro i contadini, semmai contro i contadini è quel Consorzio e il suo attuale presidente che si sono costituiti parte civile nel processo, quello si che è stato davvero un gesto contro di noi. lotta tout court contro un industriale? io proverei a leggere la cosa un pò diversamente: facciamo un ipotesi, tu sei un contadino, lavori faticosamente le tue terre poco trattorabili, hai bisogno di un mutuo ma le banche te lo danno (o magari no) con un alto tasso in parte per il riflesso di una crisi causata non si sa bene da chi e perchè, ma di sicuro non da chi ha sempre pagato le tasse e vissuto onestamente del suo lavoro (ce l’ho con gli speculatori le banche di alcuni paesi..). hai il vicino che vende la cascina ma non ti puoi allargare perchè arriva l’industriale di turno che fa aumentare tre volte il valore del terreno e tu non te lo puoi più permettere. poi mettiamo che hai 3000metri di terreno libero, compri 3000metri di diritti di reimpianto pagandoli 4euro più iva. in più ci metti il lavoro di scasso, pali barbatelle filo di ferro tutori e se tutto va bene il terzo anno raccogli il 70%. (teniamo sempre a mente costi e ricavi). allora se mi arriva l’industriale di turno che si pianta 20 ettari in un data zona e poi con un decreto quasi fuori tempo (governo Prodi stava cadendo) guarda caso questa zona viene inserita come docg aumentando decisamente di valore…a me malignamente pare un pò una forzatura..e le conseguenze per nulla una crociata contro un salvatore di territori prestigiosi. io personalmente non sono contrario al 100% all’ingresso di asti, ma solo se necessario e con certe modalità, non così di certo. credo sia ora di tornare a parlare di un pò di GIUSTIZIA SOCIALE e senso di RESPONSABILITA’ verso tutti gli abitanti di un territorio e smetterla con il profitto a tutti i costi. il benessere dei cittadini e di un territorio non è rappresentato solo dal PIL porca miseria!! se nei cervelli di tutti ci fosse un briciolo di idee vedrete come si ritoverebbe l’unità di filiera. comune di coazzolo, assomoscato e poi mi pare pure l’associazione dei comuni si sono schierati dalla parte di chi era stato offeso, quindi tanto di cappello. ps: gli avvocati sono costati eccome, ma se qualcuno non cercava di scavalcare le regole non sarebbero stati necessari (c’era tutto un iter che è stato saltato, il processo è stato vinto per questo ricordiamocelo bene..)
@Adriano: esponi dubbi leciti che io ho evidenziato più di una volta su questo blog. Purtroppo sembra che le posizioni si siano radicalizzate della serie o con noi o contro di noi… Purtroppo si è per il senso dell’unione – che non vuol dire omologare le posizioni, ma lavorare insieme per una causa condivisa: il bene della filiera – a favore di divisioni che, a mio avviso, non portano da nessuna parte. Ma tant’è…
@Luca: giusta precisazione. Da quello che avevi scritto sembrava che gli avvocati avessero detto che a Bordeaux e a Oporto non c’erano vigneti dei vini di riferimento. L’ho detto io per primo: saperlo con certezza sarebbe d’aiuto.
Ci sono “battaglie” che possono avere motivazioni valide, altre invece che ne hanno molto meno. A mio avviso questa fa parte della seconda categoria. Quanto costerà in avvocati questa querelle all’Assomoscato e di conseguenza ai suoi “contadini”? Posso essere d’accordo che non si voglia allargare troppo la base produttiva di uve docg, ma davvero una ventina di ettari potranno fare la differenza? Qui pare di “leggere” neppure troppo tra le righe, una vera e propria guerra nei confronti di Zonin, dipinto come il bieco industriale arrivato in zona per affamare i piccoli e poveri viticoltori ed altre nefandezze da feudatario medioevale. Mi domando se chi accusa tout court abbia mai visitato i vigneti Zonin della Tenuta del Poggio a Portacomaro…..ce ne fossero……Grazie a questo oneroso investimento è sopravvissuta la coltivazione della vite in un’area storica di coltivazione, culla tra l’altro del Grignolino e dove, pur non essendo un agronomo, visti terreni ed esposizioni, non ho dubbi si possa produrre moscato di qualità. Conviene rischiare di perdere la denominazione per una banale questione di pirincipio, che sembra più politica e per far dispetto al Concorzio che altro? Se proprio crede fermamente a questa “crociata” Assomoscato è libero di farla , però poi nessuno venga a strillare se il Moscato e l’Asti dovranno cambiar nome!
solo per precisare questi 2esempi non sono stati citati dagli avvocati ma sono usciti durante la discussione (giusto perchè non mi si dica di dire cose non vere). certo indagare sarebbe molto importante, però il fatto che in quelle città ci siano vigneti non credo sia indicativo, asti ha moltissimi vigneti nei suoi dintorni. comunque credo proprio che saperlo con certezza ci potrebbe essere d’aiuto.
Caro Luca, non voglio mettere in discussione quello che vi è stato riferito abbiano detto gli avvocati che lavorano per Assomoscato, ma io sono stato a Bordeaux e una cosa che ricordo nettamente sono i vigneti che si vedono a ridosso della periferia cittadina. Nel caso della città francese, dove sono arrivato in auto, addirittura a poche centinaia di metri dalle case. Ora naturalmente può darsi che si tratti di vigneti non da Bordeaux. Tuttavia non ci metterei la mano sul fuoco e farei delle ricerche un po’ più approfondite per avere notizie di prima mano. Mica per sfiducia negli esperti, ci mancherebbe. Solo per avere conoscenza diretta. Del resto oggi Internet fa miracoli… o no?! Per il Porto, che ha vigneti nella valle del Douro, il fiume che bagna Oporto, la città che dà sull’Atlantico, e che ho visitato, beh, anche qui mi pare di ricordare vigneti poco distanti dalla città. Ma non ricordo se nel territorio cittadino o no. Per cui magari avere i disciplinari di questi due vini – e gli avvocati non dovrebbero avere difficoltà ad ottenerli – potrebbe servire a fugare qualche dubbio. Del resto, come si dice, solo gli imbecilli non ne hanno, di dubbi.
solo ieri all’assemblea generale della produttori satragno ha detto che gli avvocati della “NOSTRA” associazione hanno scongiurato il rischio di perdere la denominazione Asti e che esistono vini (ieri sono stati citati Porto e Bordeaux) in cui la città che da il nome non possiede il vino, dunque visto che Francia e Portogallo sono nell’UE come noi..non vedo il problema.. poi signori, qua si parlano di aumentare i volumi, ma ricordiamoci bene (e mi pare bene di capire dai precedenti interventi che i contadini intervenuti lo hanno compreso) che siamo in piena crisi economica europea (solo ieri Trichet parlava di recessione) e mondiale. 100milioni di bottiglie (non ci siamo nemmeno ancora arrivati) non sono un’enormità, ma nemmeno noccioline..quindi ad allargare zone e impiantare nuovi vigneti come richiede il consorzio andrei proprio con il freno a mano tirato….
@contadina verace: porca miseria, anch’io mi in…azzo come una iena a sapere che arriva un imprenditore e non un contadino ocme possiamo essere tutti noi in zona, fiuta l’affare e si tuffa nel mondo del moscato e in più ci strozzina con la forza di cui ha mano e ci fa capire che se non otterrà ciò che vuole potrebbe far saltare tutto il sistema del moscato d’asti ed asti spumante…. il grosso problema è che lòa legge europea gli dà ragione, lui ha tutti gli strumenti previsti per legger per farlo… dunque, a malincuore, mi tocca dire che tra i due mali preferisco scegliere il minore: meglio i 20 ettari ad asti (ben fossero 50 o 60…. su 10000 nche abbiamo ora non è che cambierebbe chissà cosa…) che non poter più chiamare il nostro moscato, asti… ahimè…però è così…l’unica cosa che ci differenzia da tutti gli altri moscati è proprio quel nome, asti…. non vorrei dover perdere questo nostro dirittto….. anche se lo ammetto, un pò fa male….
@Contadina verace e Piercarlo Sacco: è chiaro che, se Zonin o chiunque altro vuole la DOCG dovrà pagare i diritti di impianto come fa qualunque produttore di moscato.
Però, siamo proprio sicuri che tutte le vigne di moscato distribuite nei 52 comuni siano in posizione geoclimatica adatta? Non deve essere una scusante per permettere di piantar moscato ovunque, ma neppure il fatto che un industriale abbia cercato di utilizzare qualche scorciatoia deve essere il motivo per rifiutare l’ingresso del comune di Asti.
Il nostro prodotto va valorizzato, bisogna far capire al consumatore perché il nostro prodotto è diverso da quello prodotto altrove, sono pienamente d’accordo… e per farlo credo sia fondamentale, tra l’altro, che il consumatore possa verificarne la qualità abbinata ai marchi distintivi…
Infine, scusate la lunghezza, pure io ho vissuto una delle crisi del moscato, di certo ho poca esperienza per poter indicare delle soluzioni, però mi permetto di esprimere delle semplici opinioni, condivisibili o meno, perché si sa che da più opinioni spesso nascono idee buone.
@ Aldo Cane: Piercarlo scrive:”…prima di allargare valorizziamo ciò che abbiamo” e per me è una frase FANTASTICA! Concordo pienamente con te Pier!
Perdonaci Aldo i ns sono pensieri semplici di gente semplice. Gente che però ogni tanto da un’occhiata al mondo fuori con i piedi ben piantati a terra. Quando il moscato nn sarà più in voga che ce ne faremo di tutto il moscato piantato perchè la domanda era forte? Secondo me saremo solo di più a condividere la miseria. Diversifichiamoci, spieghiamo in cosa il moscato d’Asti è diverso, facciamo capire al consumatore che nn tutti i terreni sono vocati alla coltivazione moscato, valorizziamo il ns prodotto in modo che risulti diverso nella marea di tutti i moscati del mondo perché è vero…il moscato d’Asti è il più FIGO di tutti i moscati!
Se poi guardiamo oltralpe mi pare che l’esempio che ne deriva sia di protezionismo e valorizzazione più che di aumento di volumi.
Di Bruxelles francamente ne farei proprio a meno e non solo in questo contesto. Ciò che passa da questo trituratore diventa uniformato, pietosamente livellato, omogeneizzato. E’ un meccanismo che nn tiene conto, se nn in modo indoddisfacentemente marginale, delle diverse esigenze socio-economiche (w Bosco) di un settore nè delle peculiarità di un territorio. Piemonte, Sicilia, Italia, Francia,…Bruxelles ci vuole tutti sulla stessa riga con l’esplicito intento di infilarci come tante perline sulla stessa collana! Il s modo di operare sembra alquanto teso ad uniformare le modalità di produzione e i prodotti stessi. E’ questo il “tipico” di cui si va tanto cianciando? Dubito quindi che terrà nella giusta considerazione le necessità di una filiera che presenta ancora numerose problematiche nonostante il fragile e temo effimero, equilibrio raggiunto. La questione era da dirimere qui nn sbolognarla a Bruxelles se ne ricordi la Regione quando si farà vanto delle tipicità piemontesi.
Piercarlo è una di quelle persone che per il moscato ci ha messo anima e corpo, tempo e fatica. Come me ha toccato con mano le crisi del settore e nn posso che condividere il timore di vedere allargare una zona ormai consolidata con tutti gli effetti che ne possono derivare. C’è bisogno di moscato? Ebbene nel territorio vocato c’è ancora spazio. Come si può allargare un zona quando fino ad oggi la stessa è stata oggetto di promozione decantando il suo terroir come l’unico adatto alla coltivazione del moscato…o erano tutte b…e? E a proposito, qualcuno ha appurato se i vigneti di Zonin sono in posizione geo-climatica adatta? Credo che senza Zonin Asti avrebbe dormito sonni profondi ed è fastidioso constatare che come al solito, gli interessi di un singolo danaroso e potente prevalgono su quelli di centinaia di persone meno influenti. No, per me Zonin nn ci deve entrare nel moscato, la DOCG Asti delimita nettamente una zona e quella deve restare o vogliamo prendere in giro il consumatore informato dicendogli che i ns terreni si muovono a fisarmonica? Se così nn dovesse essere allora appoggio l’assessore Sacchetto: che Zonin paghi nello stesso modo in cui noi paghiamo i diritti d’impianto.
Quindi che si fa.. fra 30 o 40 giorni o 50!!! se arriva la mazzata, chi dobbiamo ringraziare?
Le ass. categoria, i comuni, UE, Zonin, consorzio , i contadini…..A chi si deve battere le mani,
il problema è che se le cose vanno bene ok, si battono le mani volentieri, ma se vanno male, é….
” oh be” tanto il fondo schiena è solo il nostro, chi se ne frega !!!!!!
Comunque Io ragiono su quello che ho visto e vissuto negli anni, quindi sono molto scettico al riguardo…prima di allargare, cercherei di valorizzare di più quello che abbiamo..
ciao.
io credo che arroccarsi ognuno sulle proprie posizioni sia tutto fuorché utile al mondo del moscato.
Non vedo perchè Asti non possa, seguendo le regole, entrare tra i comuni del moscato; per prima cosa un accordo tra le due “fazioni” potrebbe essere un buon do ut des. Poi credo che i produttori di moscato debbano capire che ormai, il vitigno è già piantato (o in fase di impianto) in varie parti del mondo, molte delle quali potrebbero “mangiare”, in quanto a costi di produzione, le nostre zone senza neppure sforzarsi troppo; dal mio punto di vista quindi sarebbe necessario che i produttori, prima di preoccuparsi della concorrenza di qualche industriale tipo Zonin, si guardassero un po’ in giro per capire come sta evolvendo il mercato.
Perché, parliamoci chiaro, Zonin, se non potrà avere i 20 ettari ad Asti, troverà strade alternative… l’azienda familiare, invece, se si troverà dell’uva moscato sul mercato a prezzi ridicoli, non potrà far altro che trovare un’attività alternativa.
Giusto il mio piccolo contributo al discorso 🙂
Aldo
Prima di tutto grazie per il commento Pier, per il resto non sono del tutto d’accordo con te… i mercati stanno cambiando, sono cambiati, il mondo del moscato deve dare delle risposte… L’affare di Asti non può essere liquidato così su due piedi e i giudici hanno dato ragione a chi diceva, giustamente, che era sbagliato l’iter seguito dal Governo Prod per inserire la città nell’area di produzione. Nessuno, neppure le associazioni di categoria più agguerrite e “puriste”, ha detto che la stessa cosa non si possa fare seguendo il percorso corretto. Inoltre c’è il nodo della legge che regola le dop europee: per Consorzio di tutela, Asti città e Zonin (che ovviamente ha interessi in gioco) c’è il pericolo di un effetto Tocaj, per Assomoscato e AssoComuni no. A me sinceramente ‘sta cosa mi preoccupa un po’. la Corte Europea di Giustizia ha dimostrato più di una volta di seguire parametri giuridici diversi e collidenti con gl ordinamenti degli Stati membri Ue. Per cui andiamoci cauti a sostenere posizioni che potrebbero essere smentite clamorosamente. Col ca….volo che si fermano a 20 ettari? Beh, non so dare una risposta, ma so come ragiona un imprenditore per cui le posizione preconcette non esistono, esistono solo gli affari e nel mondo degli affari “qualcosa” e sempre meglio che zero. Ciao.
Buonasera.
Nessuno lascia un commento?
Qualche giorno fa, o forse anche di più , si lasciava un commento per molto meno…. o no?
Io dico che è una VERGOGNA….., dopo due sentenze a nostro favore si parla ancora di Asti
dentro o fuori dai comuni del moscato….
Sono due o tre anni che si porta a casa un reddito decente, e si dice che siamo in ritardo…. in ritardo a cosa …
e poi col CA……..VOLO che si fermano a venti ettari .
La zona DEVE stare così …ad allargare abbiamo già visto in passato cosa succede, ma sopratutto toccato con mano e anche il “portafoglio”
Giusto.. la filiera si deve unire , e far si che la zona non si allarghi..se vogliamo salvarci..
Altrimenti facciamo una brutta fine.
Bene.. ora chiudo è già tardi, I VECCHIETTI vanno a nanna…. CIAO.
Sacco Piercarlo
[…] Asti docg. Il nuovo disciplinare ancora bloccato dalle liti. Roma rimanda. Forse deciderà Br… Il nuovo disciplinare sulla denominazione “Asti” ancora bloccato a causa delle liti interne a una filiera che non riesce a mettersi d’accordo quando le cose vanno a gonfie vele. Figuriamoci se andassero male. Source: http://www.400asafoto.com […]