Cosa vuol dire “sostenibilità sociale”? E quali sono le soluzioni per consentire una reale sostenibilità sociale nella filiera del vino? Come ha fatto Canelli, a diventare, negli ultimi 15 anni, una delle principali mete dei braccianti agricoli e uno dei più floridi centri di reclutamento della manodopera impiegata nelle vigne? Com’è regolamentato il lavoro nei campi, e qual è stato il punto di non ritorno che ha consentito a cooperative poco raccomandabili di far nascere quella zona d’ombra fatta di contratti “grigi”, orari falsati, paghe ridotte rispetto a quanto risulta in busta paga; minacce, in molti casi, e violenza, in episodi neanche troppo isolati?
Interrogativi che nascono da questioni estremamente complesse, ai quali ha provato a dare una risposta il terzo incontro formativo che la cooperativa CrescereInsieme e l’associazione World Friends hanno proposto sabato scorso, nell’ambito del progetto Cambio Rotta che affronta i temi del cambiamento climatico e delle migrazioni, cercando di coinvolgere i giovani (in particolare dei territori delle province di Alessandria, Asti e Vercelli), come promotori di attività e iniziative volte a sensibilizzare la comunità, attraverso il confronto tra pari e la collaborazione con le associazioni, i privati e le autorità.
«L’Agenda 2030 dell’ONU definisce la sostenibilità coniugando insieme gli aspetti ambientali, economici e sociali; la nostra riflessione del terzo incontro dedicato alla sostenibilità sociale non avrebbe potuto che svolgersi a Canelli» commenta Monica Gallone, responsabile del progetto Cambio Rotta (finanziato dal Bando europeo “Giovani e Agenda 2030” della Regione Piemonte e dal progetto Mindchangers, sostenuto in Regione dal Consorzio ONG Piemontese) per la cooperativa CrescereInsieme.
Da Canelli, infatti, hanno preso le mosse le ricerche sull’accesso al lavoro nel settore vitivinicolo del Sud Piemonte, condotte dal sociologo Davide Donatiello dell’Università di Torino, relatore dell’incontro insieme a Omar Lenglengue, operatore di CrescereInsieme e presidente dell’associazione Sotto il Baobab, che dal 2018 si occupa di dialogo interculturale e inclusione sociale. «Sotto il Baobab, insieme a Caritas, Cgil e Lega Braccianti da un paio d’anni ha attivato uno sportello per informare dei propri diritti i giovani che arrivano a Canelli a cercare un posto per la vendemmia – spiega Lenglengue -. Abbiamo avuto 172 accessi: cerchiamo di dare voce a chi non ce l’ha, per combattere tutti i tipi di caporalato e per far sì che chi non ha mezzi possa superare l’ignoranza che lo rende facile preda dello sfruttamento>. Nel 2021, Sotto il Baobab ha anche collaborato con Unhcr e Intersos, nella realizzazione di “Inshallah”, docufilm sull’esperienza di un ragazzo impiegato nelle vigne canellesi, costretto a diventare irregolare a causa del complicato meccanismo di rilascio del permesso di soggiorno, legato al possesso di un contratto di lavoro di almeno 20 ore settimanali e di 3 mesi l’anno.
Grazie alla denuncia del docufilm, il ragazzo ha potuto risolvere la sua situazione ma la maggioranza non ci riesce ed è così costretta ad andare a formare le fila degli irregolari: un’esistenza senza dignità. Storie che conosce bene anche Donatiello, che dal 2012 studia da vicino i fenomeni legati al lavoro in vigna nel Canellese. «Abbiamo iniziato semplicemente per l’esigenza di riflettere su alcune situazioni che emergevano in quel periodo, gli accampamenti abusivi, i pullman che portavano centinaia di lavoratori nel periodo della vendemmia: fenomeni che riscontravamo attorno a noi e che avevano aspetti contraddittori paradossali>. La disamina di Donatiello è partita da un quadro generale della “geografia del caporalato” in Italia per finire con l’analisi, condotta insieme alla sociologa Valentina Moiso, della questione canellese nello specifico. Donatiello ha anche approfondito alcuni aspetti della Legge 199 del 2016, che ha introdotto importanti novità. Per la prima volta ha posto la presenza di violenze o minacce non più come requisito per riscontrare la situazione di caporalato ma come aggravante, ha riconosciuto la responsabilità anche del datore di lavoro e introdotto misure come la confisca dei beni e ponendo l’attenzione sulla trasparenza delle filiere e promuovendo la creazione della Rete del lavoro agricolo di qualità, che però, in provincia di Asti, purtroppo conta soltanto due aziende. Molti dei propositi della legge 199, però, rimangono solo sulla carta. Ad avere la priorità, per ora, è stata la logica repressiva, dettata anche dall’esigenza di una risposta sul piano politico e sociale. «Resta da mettere in atto l’aspetto innovativo della legge, c’è ancora molto da fare», chiosa Donatiello. Qualcosa, però, nel mondo dell’agricoltura sta cambiando: risolvere la questione problematica della sostenibilità sociale della filiera e dello sfruttamento lavorativo sta diventando un’esigenza sempre più condivisa. Info su Cambio Rotta: Facebook Cambio Rotta, Ig Progetto Cambio Rotta, cambiorotta2023@gmail.com, e www.world-friends.it.
PROSSIMO APPUNTAMENTO, A FINE MAGGIO AL PARCO DEL PO, CON L’ECOLOGO FLUVIALE ALBERTO DORETTO. CONCLUSIONE IL 10 GIUGNO, A CANELLI, NELLA COOPERATIVA MARAMAO, CON L’AGRONOMO PAULIN TAKUMBA.
Nella foto, da sinistra Marianna Capelletto (CrescereInsieme), Omar Lenglengue (presidente Sotto il Baobab), Monica Gallone (responsabile del progetto Cambio Rotta per la cooperativa CrescereInsieme), Davide Donatiello (sociologo dell’Università di Torino) e Samuele Roccatello (Green Team di Cambio Rotta).