All’Uvalino Uceline 2015 è stata assegnata la Gran Medaglia d’Oro del Concours Mondial de Bruxelles 2022, una delle competizioni vinicole più prestigiose al mondo che è andata in scena a Rende, in Calabria, dal 19 al 21 maggio. L’etichetta di Cascina Castlèt è stata selezionata tra i 18 vini top italiani. È l’unico vino piemontese premiato.
Per Mariuccia Borio (foto), produttrice di Costigliole d’Asti (e titolare di cascina Castlet), una scommessa vinta: oggi produce circa 5 mila bottiglie di quel vitigno oramai raro ma un tempo assai diffuso tra i filari dell’Astesana, in Piemonte. Da anni Cascina Castlèt, crede e finanzia la ricerca universitaria per custodire e tramandare la coltivazione di Uvalino sulle colline di Costigliole. Una ricerca che dura da più di 30 anni. Una ricerca che è stata un importante investimento economico e di credibilità.
«Una soddisfazione che un vitigno raro, prossimo a scomparire, sia oggi riconosciuto tra i grandi vini – commenta Mariuccia Borio – È il vitigno del mio cuore: l’uvalino ha sempre fatto parte della mia vita. Pe noi bambini, la raccolta dell’Uvalino era una festa. Nel 1992 impiantai il primo filare. Oggi ho circa un ettaro e mezzo di uvalino, in due vigneti».
Dalla vendemmia 1995, inizia la collaborazione con l’Istituto sperimentale per l’Enologia di Ast. Il progetto fu presentato nel giugno 2003 in occasione del VII International Symposium of Oenology di Arcachon, organizzato dall’Università di Bordeaux, dove vennero presentate le più importanti ricerche europee in campo vitivinicolo.
L’iter burocratico per rendere l’uvalino un vitigno riconosciuto e permesso è durato alcuni anni. Il 16 luglio 2002 la Gazzetta ufficiale sentenzia la rinascita dell’uvalino che viene inserito come varietà riconosciuta.
La prima annata in commercio fu la vendemmia 2006: uscì nel 2009. Oggi sono circa 5 mila bottiglie. È un vino che deve essere apprezzato con qualche anno d’età.
La storia dell’Uvalino
Era la bottiglia più preziosa da regalare al dottore, al farmacista e al prete: un vino di lusso per far bella figura. Poco di scritto è rimasto su questo vino, ma le testimonianze orali permettono di attestare la sua presenza in Piemonte almeno dagli ultimi anni dell’Ottocento. Da quell’epoca, risulta diffuso in tutta l’Astesana meridionale, con il cuore nella zona di Costigliole d’Asti. Si può dire che fino a una cinquantina d’anni fa in tale area non esistesse azienda agricola, per quanto piccola, che non destinasse all’Uvalino almeno un paio di filari dei propri vigneti. Le caratteristiche varietali dell’uva in questione portano a escludere che si tratti di un vitigno forestiero importato e acclimatato in tempi recenti, o comunque nel corso dell’Ottocento. Veniva utilizzato in purezza e passito soltanto dalle famiglie più illustri e abbienti, e si connotava così con un segno di distinzione. Avere qualche bottiglia di Uvalino in casa era un segno di benessere, oggi diremmo uno status symbol.
Il nome
L’Uvalino di Cascina Castlèt si chiama Uceline. Il nome non è scelto a caso, ma dopo una approfondita ricerca dello storico Gianluigi Bera: agli inizi del Seicento, nella collina torinese e in Astesana, si designavano uve a maturazione talmente tardiva da essere vendemmiate quando le viti avevano perso tutte le foglie, al punto che gli uccelli se ne cibavano largamente.
L’etichetta
L’etichetta è stata realizzata da Giacomo Bersanetti, Sga Wine Design, che ha firmato tutte le etichette dell’azienda. È il volo di un piccolo stormo di uccelli che partono per terre lontane dopo la vendemmia o tornano con la primavera dopo aver passato l’inverno nelle terre calde d’Africa. Le lettere del nome Uceline si animano fino a ricreare un volo di uccelli. La soluzione quasi surreale della serigrafia, realizzata direttamente su vetro, si esprime con il colore giallo terra delle sabbie astesane dove cresce l’uvalino.