Lo abbiamo scritto già altre volte, ma il ricordo sovviene sempre quando si parla di Ruché, il vino rosso monferrino che sta scalando classifiche e apprezzamento in Italia nel mondo: la prima e unica volta che vedemmo don Giacomo Cauda (foto tratto da canale Bancodellememorie) per parlare del Ruché, il vino ottenuto da quel vitigno autoctono che lui, con le sue larghe mani da contadino, aveva salvato dall’oblio, eravamo nella sua canonica, portati da un produttore.
Lui era nell’orto, non quello del Signore, per una volta, proprio quello delle patate e dei cavoli. Venne a incontrarci vestito con una tuta da meccanico che gli serviva per in lavori di campagna e una faccia tra il burbero e il cordiale. Roba da piemontesi.
Parlammo, assaggiammo. Don Cauda raccontò dei primi anni da parrocco a Castagnole Monferrato, di quella vigna della parrocchia che dava uva che sembrava barbera, ma non lo era, delle prove a vinificarla, delle prime pochissime bottiglie e della sorpresa di trovarsi nel bicchiere un vino eccezionale. «Che non dà alla testa e anzi fa bene al corpo e allo spirito» ci disse e ci credemmo. Disse dei viticoltori che avevano seguito il suo esempio, che avevano creduto in quel vitigno e dei primi giornalisti che ne avevano scritto, primo quel Luigi Veronelli a cui tutti coloro che scrivono di vino debbono qualcosa.
Oggi il Ruché è una docg che macina successi e si parla di oltre un milione di bottiglie che viaggiano sui mercati con un’associazione che, sotto l’egida del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, ne guida la governance.
Però il Ruché fa sognare ancora. Per fortuna. Tanto che c’è chi, come Luca Ferraris, viticoltore, al timone della Ferraris Agricola e presidente dell’associazione dei produttori di Ruché docg, investe poco più di mezzo milione di euro in un progetto di un nuovo vigneto a Ruché per produrre un vino sognato (da assaggiare di certo in occasione del Vinitaly di Verona, Padiglione 10, stad O3), desiderato e voluto: il Castelletto di Montemagno Riserva DOCG.
Don Cauda aveva ragione (per chi vuole c’è una bella intervista sul Ruché dal canale Vimeo di Bancodellememorie: clicca qui) , quel vitigno deve essere davvero stato messo lì dal Signore per stimolare uomini e donne e dare la possibilità di realizzare sogni.
Intanto, in attesa di assaggiare e visitare quel sogno, pubblichiamo la nota con cui Luca Ferraris racconta del suo progetto nel cuore di paesaggi che restano incredibili, suggestivi, e di una bellezza che gareggiano, senza timidezza, con altre terre più raccontate, scritte e affollate, ma che, forse, proprio per questo, potrebbero far sognare un po’ meno.
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Si conclude, a distanza di sette anni, il progetto Castelletto di Montemagno che ha contato, per Ferraris Agricola, un investimento pari a 520.000 euro. Nel 2015 l’acquisto di un appezzamento, completamente abbandonato e coperto da rovi e sterpaglie, per un’estensione complessiva di 6 ettari, nel comune di Montemagno. Nel 2022 la presentazione della prima bottiglia di Castelletto di Montemagno Docg Riserva nata da quello stesso appezzamento. Il lavoro si è articolato in tre fasi: la prima ha visto la scelta e l’acquisto, frutto dell’accorpamento di sedici proprietà differenti. La seconda, più complessa e durata due anni, è stata completamente dedicata alla riqualifica. A partire dal 2017, Ferraris Agricola si è dedicata alla vigna: l’impianto e la coltivazione.
“Ho realizzato così un sogno frutto di un’esperienza pregressa. Nella stessa area, era l’anno 2001, si è svolta una delle mie prime vendemmie. È lì che ho visto e capito le peculiarità di quella zona, dalla vocazione unica per la vite. Ricordo ancora adesso l’uva: dal colore intenso e dalla grande struttura. Così, quando ne ho avuto la possibilità ho comprato tutte le parcelle. Non ho avuto dubbi. Oggi, finalmente, è arrivata la conferma”, spiega Luca Ferraris, alla guida dell’azienda.
La nuova proprietà Ferraris è situata sulla cresta della dorsale che segna il confine tra Viarigi e Montemagno, con esposizione a sud e sud-ovest, l’altitudine medio-alta e i terreni marnosi. Questi indicatori, abbinati al perfetto microclima e alla selezione fatta sulle viti, offrono un ruchè con acini più piccoli e colorati che, nel vino, assicurano struttura. Dopo l’affinamento, di 18 mesi in tonneaux e 12 in bottiglia, il Castelletto di Montemagno Riserva DOCG è così un vino equilibrato e di carattere, capace di rispondere alle esigenze di chi cerca un Ruchè, con i suoi sentori fruttati, e chi un grande vino rosso, che sa resistere nel tempo, ma dai tratti unici.
Il progetto Castelletto di Montemagno, per Ferraris Agricola, non è solo un vino ma l’ultima tra tante azioni sul e per il Monferrato. Il passaggio dalla sterpaglia alla vigna si traduce con un investimento di 520.000 euro atti, non solo a produrre una nuova etichetta, ma a migliorare l’estetica di un territorio e la sua fruibilità.
“Credo nel Monferrato, una terra sempre più vocata al turismo che ha bisogno di spazi curati, dove la mano dell’uomo è fondamentale. È compito dell’agricoltore prendersi cura della terra e del terreno che lo ospita”, conclude Ferraris.