Canelli, città del vino 2021. Breve storia di due Masterclass sulle bollicine aromatiche e gli spumanti Metodo Martinotti che si fanno ( e bene) perfino in Patagonia

inserito il 19 Settembre 2021

L’anno scorso avevamo seguito la Masterclass sui vini italiani ottenuti con uve moscato. Quest’anno, alla rassegna “Canelli, città del vino” che si è svolta il 18 e 19 settembre, nella città dove è nato il primo spumante d’Italia, abbiamo raddoppiato e seguito due Masterclass: una sui vini aromatici, l’altra sugli spumanti ottenuti con il Metodo Martinotti. Hanno organizzato Comune di Canelli, Enoteca di Canelli e dell’Astesana, Consorzio dell’Asti e del Moscato d’Asti docg, Ais Asti e Associazione Produttori Moscato Canelli che è poi la prossima docg che bisserà la ricerca di una identità territoriale per il Moscato d’Asti fatto da uve del Canellese, sulla falsa riga di quello che è accaduto per il Nizza docg fatto da uve barbera coltivate nell’areale nicese.

Detto questo dobbiamo dire che, sotto la regia dei sommelier di Ais Asti, le due Masterclass hanno offerto molti spunti e stimoli.

IL CANELLI E GLI AMICI AROMATICI

Con un titolo quasi da commedia cinematografica italiana Anni Ottanta, questa Masterclass ha messo sul tavolo un mosaico di vini da uve aromatiche. Primi fra tutti il Moscato d’Asti docg Canelli, prossimamente Calneli docg, seguito in scaletta da un paio di espressioni di uve brachetto, uno spumante e un passito quindi sono arrivati un Lazio IGT da Malvasia Puntinata, un IGT Costa Toscana Rosato, l’Elba Aleatico Passito docg, un Gewurztraminer doc Trentino e, per finire un Moscato d’Asti docg annata 2014. La nostra sensazione è stata che Moscato d’Asti docg (d’annata e in declinazione Canelli) e Brachetto d’Acqui docg (spumante e passito) abbiano avuto la preferenza dei degustatori. Unico a insidiare i piemontesi il Gewurztraminer che ha tirato fuori carattere e stoffa fuori dal comune.

METODO MARTINOTTI: DA ASTI ALLA FINE DEL MONDO

Fermo restando che Federico Martinotti, sulla fine dell’Ottocento, inventa il metodo che farà fare vino e soldi a palate a tanti produttori di spumanti, ma poi il francese Charmat costruisce la macchina che lo applica e riesce a condividere la paternità del Metodo con l’italiano, in questa Materclass abbiamo imparato che per fare un buon spumante si può andare anche nelle terra che sta alla fine del mondo. La sorpresa, infatti, è stata una bollicina fatta niente meno che in Patagonia, remota landa argentina estrema propagine dell’America del Sud. Ne è nato un vino, 80% Pinot Nero e 20 Chardonnay, che sorprendentemente, a nostro avviso, insegue tante altre bollicine blasonate e che nascono in luoghi del globo ben più fortunati della terra alla fine del mondo. Detto questo anche in questa degustazione l’uva moscato bianco ha primeggiato. Alfieri sono stati due Asti spumante, come dicono i tecnici, a ridotto residuo zuccherino: un Brut e un Secco (o Dry). A seguire nei calici sono finiti un Lugana Brut, un Prosecco di Valdobbiadene Superiore Extra Dry, un Lambrusco di Sorbara Doc Riserva Spumante Brut, un Vino Spumante Brut calebrese, un Passerina Spumante Brut, uno spumante Brut Torbato della Sardegna e due non italiani: un francese Cremant d’Alsace Brut Rosé e uno argentino spumante Extra Brut Patagonia.

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