Garantire la varietà del paesaggio vitivinicolo piemontese che, tra vigneti, boschi, prati, frutteti, borghi e paesi, lo ha fatto diventare nel 2014 il primo in Italia tutelato dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità, e nello stesso tempo creare un giacimento di legno per la lavorazione, a chilometro zero, di buoni botti da vino.
In tempo di Covid pensare a questi temi sembra andare in controtendenza, ma forse è il modo giusto per cominciare a vedere la luce in fondo al tunnel. Raffaella e Beppe Bologna, figli di Giacomo e Anna, al timone della Cantina Braida di Rocchetta Tanaro, hanno inviato un segnale di positività piantando, accanto alle loro vigne, un bosco di ben 146 querce.
Le piante di rovere sono state collocate in località Montebruna, appena sotto la vigna, in un appezzamento di terra di un ettaro e mezzo di estensione. Gli alberi impiegheranno tra i 100 e i 150 anni a crescere. Dicono Raffaella e Beppe proprietari dell’azienda che ai 60 ettari vitati di proprietà alterna altri 15 ettari di bosco: «L’anno scorso, in questo periodo, piantavamo una vigna sulla collina dell’Asinara. Un gesto che, in pieno lockdown, mentre tutti erano immobilizzati, tra paura e incertezza, stupì molto per il messaggio di speranza che portava con sé. Quest’anno rilanciamo e mettiamo a dimora le querce: saranno i nostri figli e i nostri nipoti a godere a pieno del risultato di questo lavoro. È un sogno che accarezzavamo da molto tempo. Da un lato questo progetto si intreccia coerentemente alla storia aziendale di Braida, perché proprio sull’uso sapiente della barrique si basò nel 1982 l’intuizione di Giacomo Bologna che riuscì a rivoluzionare la percezione della Barbera, valorizzandola. Dall’altro mette l’accento sulla grande importanza che ha per noi il distretto enologico astigiano e piemontese. In una filiera realmente corta si producono non solo ottime uve, ma anche le migliori botti (proprio il mastro bottaio Gamba di Castell’Alfero ci ha assistiti nella scelta delle piante di Quercus Sessilis) e i principali impianti dell’enomeccanica. E ora, perché no, anche i legni».
Nella foto, Beppe e Raffaella con i loro famigliari (credits: Simone Martinengo – Il Grandangolo di Nizza Monferrato)