Per qualcuno è un inutile diatriba portata avanti da nostalgici antistorici che potrebbe anche portare confusione, per altri è la sacrosanta battaglia per ridare identità e dignità a un territorio che non può e non vuole essere fagocitato e dimenticato in nome di strategie di marketing giudicate spregiudicate e irrispettose della storia.
Al centro di una querelle che, almeno per ora, ha i toni soft di una blanda discussione al bar c’è l’Astigiano o l’Astesana, come la chiamano gli appassionati di storia locale di questa parte di Piemonte.
Dunque passiamo a ricostruire in preambolo quello che è accaduto.
Nel 2014, anni dopo la nascita, in quel di Canelli, nell’Astigiano, della candidatura Unesco insieme (e menomale) a Langhe, Roero e Monferrato, nasce il sito Patrimonio dell’Umanità Langhe-Roero e Monferrato.
L’Astigiano non è menzionato, ma quasi nessuno ci fa caso, tutti presi a festeggiare la proclamazione.
Qualche anno dopo, però, c’è chi nell’Astigiano comincia a dare segnali di insofferenza per un “brand” Monferrato che, secondo la loro analisi, tenderebbe a omologare e inglobare anche territori, come appunto l’Astigiano o Astesana, che con il Monferrato hanno nulla a che fare, storicamente e geograficamente.
E giù analisi, prese di posizione e, addirittura, pagine dedicate sui social che inneggiano all’Astigiano come “piccola patria dimenticata”.
Esagerazioni?
Mica tanto se, come è stato fatto negli ultimi giorni, i sostenitori dell’Astesana hanno trovato non solo modo di aggregarsi in un’associazione, ma di dare al gruppo una valenza internazionale.
Come?
Attraverso una convenzione che favorisce la costituzione di associazioni e comunità che abbiano come scopo la difesa e la promozione di patrimoni culturali e storici a rischio estinzione.
E così è nato il “Faro sull’Astesana”. Al di là di quello che potrà fare è senza dubbio il segnale che l’Astigiano è ancora vivo ed effervescente, come i suoi vini (questa era facile).
Ecco la nota stampa che dà conto dell’iniziativa.
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Zygmunt Bauman, sociologo, filosofo ed accademico polacco, padre della cosiddetta teoria della Società Liquida, identificava l’origine della crisi del concetto di comunità, nella perdita di punti di riferimento istituzionali e culturali. Tra le poche vie per sopravvivere a questa liquidità ipotizzava un asse fra passato, presente e futuro, legando scelte ed evoluzione sociale ad una sequenza dove il tempo non è una trama di attimi, ma una curva più lunga. Da qui l’importanza del passato, di storia e tradizioni, per ricreare comunità con l’orgoglio identitario.
Molti dei pensieri di Bauman si trovano in una Convenzione quadro del Consiglio d’Europa, quella di Faro, documento rivoluzionario basato sul diritto di partecipazione dei cittadini alla vita culturale, diritto fondamentale e inalienabile per singoli e comunità, elemento di sviluppo economico e strumento basilare di consapevolezza comunitaria.
Lo scorso 23 settembre, la Camera ha ratificato la Convenzione, impegnando anche l’Italia nel riconoscere il diritto all’eredità culturale ed alla partecipazione, con obiettivo lo sviluppo umano e la qualità della vita, dando peso e valore alle infinite diversità culturali.
Molti e notevoli i caratteri di novità, a partire dalla stessa concezione di patrimonio, slegata dall’attuale centralità delle cose, per ampliarsi all’insieme delle risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano quale riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni.
Tra le maggiori innovazioni, l’istituzione delle Comunità patrimoniali: insieme di persone che attribuiscano merito ad aspetti specifici del patrimonio culturale, con il desiderio di sostenerlo, di promuoverne la più ampia fruizione possibile e di educare i membri della loro comunità al suo valore, così da poterlo trasmettere alle generazioni future.
La prima Comunità patrimoniale piemontese, tra le prime anche in Italia, è appena nata ad Asti, grazie ad un nutrito gruppo di persone, per ora una cinquantina, riunite dall’obiettivo comune di riconoscere, rispettare e valorizzare la loro bellissima città e il loro bellissimo territorio, cominciando dal suo diritto ad un nome consono, vero, il suo, espressione dei nuovi dettami legislativi attorno al concetto di patrimonio culturale: Astesana.
«La Comunità patrimoniale Faro sull’Astesana inizia un’avventura emozionante, imbevuta dello splendido new deal di cui è permeata la Convenzione di Faro: partecipazione e valore delle differenze, rappresentate in primis in un nome oggi incredibilmente perso per strada – commenta Davide Palazzetti, presidente della Comunità – Mia moglie Carla – aggiunge – non sarebbe certo felice se la chiamassi, anche solo per sbaglio, Laura. Allo stesso modo non lo siamo mai stati noi, nel continuare a sentir chiamare il nostro territorio non con il suo nome. Come in qualsiasi gioco di gruppo, gli obiettivi, in questo caso di sviluppo sociale e culturale, sono comunque più facilmente raggiungibili se portati avanti con spirito di squadra e partecipazione. Fino a ieri non era ruolo dei cittadini farsi promoter, oggi sì, grazie a Faro, quali parti di una comunità, orgogliosa, cosciente del suo grande passato e del suo grande potenziale per il futuro. Per questo è già previsto il massimo allargamento partecipativo. Chi ha piacere ed interesse si faccia sotto. Il momento è dei migliori».
Avventura che parte forte della passione anche dei membri del suo consiglio direttivo e dei molti soci. Consiglio direttivo composto da Alessandro Barone, Gianluigi Bera, Riccardo Crisci, Giulia Gonella, Danilo Rasero, Stefano Scavino, Stefania Toso ed Elisabetta Ugalia.