Dark Mode Light Mode

Consorzio vini Erbaluce, Carema e Canavese. Parla l’ex presidente Caterina Andorno: «Anni di lavoro intenso e soddisfazioni. In primo piano sempre l’amore per la mia terra»

Caterina Andorno (foto) conduce un agriturismo nel Canavese e conferisce le uve raccolte nei vigneti di proprietà della sua famiglia a una delle cantine cooperative storiche della zona dell’Erbaluce docg.
Dal 2017 fino ad alcuni giorni fa, tra le poche donne in Italia, è stata presidente del Consorzio che tutela l’Erbaluce di Caluso docg e le doc Carema e Canavese. Non un grande consorzio, con meno di una quarantina di realtà associate, tra cooperative e aziende, ma che in questi ultimi anni e proprio sotto la presidenza Andorno, ha saputo ritagliarsi uno spazio importante e autorevole nel panorama vinicolo piemontese.
Pochi giorni fa, scaduto il mandato di Caterina Andorno, presidente di parte cooperativistica, è stato eletto il nuovo presidente, in rappresentanza, secondo la consuetudine, delle aziende produttrici. È Giorgio Gnavi, 38 anni, un produttore con alle spalle un’azienda di famiglia ed esperienze nel Consorzio che ha già rilasciato le sue prime dichiarazioni ieri a SdP.
Ora, a Caterina Andorno, abbiamo chiesto di raccontare i suoi tre anni alla guida dell’ente consortile dei vini canavesiani.

Caterina Andorno, com’è per una donna essere presidente di un Consorzio di Tutela del mondo del vino?

«Non è facile essere al comando dopo tanti anni passati tra i ranghi. Poi, senza nulla togliere ai colleghi maschi, per una donna è ancora più difficile: se un uomo fa dieci una donna deve fare mille, non è modo di dire, è pèoprio così e per tutta una serie di ruoli sociali e operativi che travalicano il lavoro e coinvolgono la sfera famigliare e personale. Con tutto ciò devo dire che la mia esperienza alla guida del Consorzio di tutela e valorizzazione vini DOCG Caluso, Carema e Canavese DOC, è stata esaltante e mi ha arricchito molto, sia professionalmente sia come persona».

C’è un tema che ha caratterizzato il suo mandato?

«Più d’uno: quelli della comunicazione e della valorizzazione delle denominazioni e del nostro territorio. Del resto sono le due facce di una stessa medaglia. Nei tre anni di mandato ho cercato, e credo di esserci riuscita con l’aiuto prezioso dei collaboratori e di soci del Consorzio, di far conoscere al meglio i nostri vini e il nostro paesaggio che oggi non è più percepito come una Cenerentola dei territori vitivinicoli del Piemonte. Merito, forse, anche del fatto che ho rappresentato i piccoli Consorzi in seno al Cda di Piemonte Land, il consorzio che li raggruppa tutti. Insomma oggi possiamo tranquillamente presentarci in Società senza complessi di inadeguatezza».

Però c’è ancora molto da dare.

«Siamo solo agli inizi. Le denominazioni tutelate dal Consorzio che ho guidato per tre anni, hanno ancora molto da dimostrare, da conquistare e da raccogliere. Sono convinta che ce la faranno. Tuttavia vorrei puntualizzare come il ruolo dei presidenti consortili non possa più essere relegato al volontariato. Le istituzioni pubbliche e private hanno delegato molto ai Consorzi. Oggi c’è bisogno di una struttura di professionisti e il presidente deve farne parte a tempo pieno. Altrimenti il rischio è non riuscire a ottenere risultati sufficienti alla missione dell’ente: valorizzare, promuovere e tutelare».

Quale il risultato che più le ha dato soddisfazione?

«Il fatto che i produttori, che durante il mio mandato sono saliti a 37, 9 in più che nel 2017, i sindaci, la gente e il territorio tutto abbiano compreso quello che io e il mio staff volevamo fare: comunicare al meglio il Canavese e le sue denominazioni vitivinicole. Oggi, rispetto a tre anni fa, sono cambianti, in meglio, certi approcci, sento voglia di fare, anche da parte delle istituzioni locali e mi piace pensare che il Consorzio, dopo anni di silenzio, sia considerato uno strumento a disposizione di chi vuole bene a questa zona».

E ora?

«Ora mi occuperò dell’azienda di famiglia, tra le vigne e l’agriturismo e continuerò a lavorare nel mondo del vino dove ho tanti amici e colleghi, come quelli del Nizza docg con cui ho un rapporto di collaborazione di lunga data e per cui curo gli eventi».

Un augurio al nuovo presidente?

«So che farà bene perché lo conosco e perché è stato al mio fianco durante il mio mandato. Gli auguro di avere sempre presente gli interessi delle denominazioni e del territorio che oggi sono più che mai attente alle iniziative consortili».

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

Add a comment Add a comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Previous Post

Comuni del Moscato. Ancora no all'ingresso di Asti città nella zona di produzione delle uve docg. Mappa e un marchio per le vigne epiche dei "sorì"

Next Post

Vigneti eroici. Ora c'è la legge. Bellanova: «Così sosteniamo e valorizziamo un patrimonio storico, importante e di tutti»

Pubblicità