Del concertone di fine anno di Elisa che si è svolto ad Asti nella notte di San Silvestro abbiamo riferito in un altro post nel quale abbiamo pubblicato la nota ufficiale del Consorzio dell’Asti, organizzatore principale, insieme a Collisioni, dell’evento.
Ora, fuor di polemiche, ci interessa analizzare i risultati della manifestazioni, senza trionfalismi e senza critiche sterili.
LE COSE ANDATE BENE
Evento riuscito
Bisogna dire, prima di tutto, che l’evento è riuscito. Tutto è filato liscio e non è cosa di poco conto. Il sistema sicurezza ha funzionato, le forze dell’ordine hanno presidiato al meglio e il pubblico si è comportato bene. Al di là dei numeri, anche se gli spettatori in piazza Alfieri fossero stati la metà dei 15 mila dichiarati dagli organizzatori, Asti è stata davvero, per una notte, capitale del Nord Ovest, come ha detto qualcuno. A dimostrarlo le foto e i video postati sui social e su vari canali media. Chi sostiene che il concerto sia stato un flop dice una cosa falsa. Certo questo evento non risolverà i problemi enormi di una città che ancora è in cerca di un’identità, però è un ottimo punto di partenza.
Consorzio coraggioso
C’è da fare un plauso al Consorzio dell’Asti che si è messo in gioco e ha avuto il coraggio di investire risorse importanti (sembra attorno ai 300 mila euro) in una festa dove nulla era scontato. Altro plauso a Collisioni che ha curato l’organizzazione tecnica del Concertone. L’esperienza del festival di Barolo ha dato buoni frutti, anche se Asti è già sede di un altro festival musicale importante Asti Musica curato da Massimo Cotto, uno dei maggiori giornalisti musicali italiani. Chissà che per il Concertone 2018 non si inauguri una collaborazione.
Istituzioni presenti
Complimenti anche alle istituzioni: il Comune di Asti che ha messo a disposizione personale per la logistica, la Provincia, la Regione Piemonte, la Fondazione Crasti. Il sindaco della città di Alfieri, Maurizio Rasero ha avuto il merito di “prendere la palla al balzo” e mettere a disposizione il salotto buono di Asti per l’unico vero evento di massa in un panorama piemontese un po’ scialbo dove ha spiccato “il nulla”, come lo hanno definito alcuni torinesi sui social, di Torino. Merito, quindi, all’acume di Rasero che, qualche giorno prima del concerto, nella conferenza stampa di presentazione al Consorzio dell’Asti aveva ringraziato l’ente consortile ammettendo che: «Senza questa idea non avremmo potuto far nulla ad Asti». Bene.
Sinergie
E bene anche la sinergia con i ristoratori cittadini e tra Consorzi vinicoli di Tutela con quello dell’Asti che ha aperto a quello della Barbera per lanciare un tris di brindisi a base di vini che hanno nell’Astigiano il DNA.
LE COSE ANDATE MENO BENE
E qui si necessita di una premessa: l’intento di SdP, che era presente in piazza Alfieri, è quello di far notare le cose migliorabili nell’interesse di tutti, cioè di un’intera comunità che non è solo quella cittadina di Asti, ma di una filiera, quella del Moscato, che rappresenta decine di migliaia di persone, migliaia di aziende agricole, decine di Case vinicole e un volume d’affari di centinaia di euro nel cuore dei vigneti piemontesi che sono Patrimonio Unesco e che hanno qui, nel Sud Astigiano, le loro radici.
Capod’Asti o Concerto per l’Asti
A nostro avviso il nome “Capod’Asti” sa di stantio gioco di parole. Possibile non si sia trovato un termine altro più appropriato e semplice? Magari Concerto per l’Asti? Inoltre il logo Capod’Asti ha campeggiato su tutto il materiale informativo mettendo in secondo piano il marchio consortile con i nomi dei due vini Asti e Moscato d’Asti docg che si dovevano promuovere. L’impressione è stata quella di aver fatto pubblicità più a nuovo nome Capod’Asti che alla denominazione.
Conduzione imbarazzante
In molti hanno criticato lex “jena” Marco Berry la cui conduzione, infarcita di parolacce e allusioni, non è piaciuta, tanto che alcuni l’hanno definita imbarazzante e non all’altezza. Inoltre il conduttore per tutta la serata ha chiamato l’ente di piazza Roma “Consorzio d’Asti”. Urge presentatore un po’ più preparato.
Il presidente solitario e le facce da Moscato assenti
Romano Dogliotti, presidente del Consorzio dell’Asti, è stata l’unica presenza istituzionale del mondo del Moscato a salire sul palco. Se l’è cavata più che bene, tuttavia qualche esponente in più del Consorzio a dare manforte a “big” Romano ci stava, tanto per confermare lo spirito di squadra. Così come in tanti hanno notato l’assenza nel circuito del concerto dei simboli e delle testimonianze delle “facce da moscato”, quei vignaioli che coltivano l’uva moscato da cui si fa Asti (dolce e secco) e Moscato d’Asti. Eppure quei vini si devono solo ed esclusivamente a loro e al loro lavoro che farantisce le uve alle aziende spumantiere. È merito dei vignaioli del Moscato se Asti (città) ha avuto il Concertone.
IN CONCLUSIONE
L’Asti che non si fa ad Asti
Infine una riflessione: il concerto di Elisa era pagato dal Consorzio dell’Asti per fare pubblicità all’Asti spumante (dolce e secco) e al Moscato d’Asti docg. Aveva come scenario una bellissima città che, però, si trova fuori dalla zona dove si coltivano i vigneti da cui si ottengono i vini che erano da promuovere. È giusto? Come si fa a spiegare a un consumatore, italiano o straniero, che l’Asti, dolce o non dolce, si può fare per legge sono in 52 Comuni tra Astigiano, Cuneese e Alessandrino? Come si fa a spiegare perché ad Asti non c’è una vigna di moscato docg? È logico? È intelligente? È così che si promuove il territorio? Secondo noi no.
Se il mondo del Moscato vuole crescere, al di là delle liti e dei contrasti, deve trovare il modo di evolversi e migliorarsi e, magari, cominciando ad ampliare la zona di imbottigliamento dell’Asti dolce.
Se Asti città vuole diventare, come sembra, la capitale e il volano dell’immagine dell’Asti deve contare su un’investitura ufficiale, legale, che passa attraverso l’inserimento di una piccola o grande area nella lista dei terreni atti a coltivare uva moscato per Asti e Moscato docg.
È una questione tutt’altro che secondaria. Una questione di cui più volte ci siamo occupati, che è costata guai giudiziari a un ex presidente del Consorzio e che ha messo di mezzo perfino il Tar del Lazio.
Dal Consorzio dicono che l’inserimento di Asti quale 53° Comune della zona del Moscato è fuori discussione e non è nei programmi.
Tuttavia sembra che la giunta comunale di Rasero ne stia parlando. Dovranno vedersela con le frange più ortodosse dei vignaioli (Assomoscato e qualche associazione di categoria) contrarie all’apertura di nuove aree di moscato docg. Vedremo.
E pensare che il Consorzio sta lavorando al progetto Dolce Valle che dovrebbe collegare le città di Alba ed Asti e i rispettivi territori dove, però, la capitale delle Langhe fa il pieno di dolcezze (moscato, cioccolato, torrone, nocciole) e surclassa la città di Alfieri.
Non sarebbe un buon inizio.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
….@paolo Foglino… se vengono solo per le colline e si perdono Asti sono turisti un po’ pirli! 😉
È il tuo punto di vista. Che non condivido. La “sterile discussione” è approdata alle aule di tribunale. Non è stata una bella cosa. Per nessuno. Gli stranieri? I firestieri? Vogliono sapere molto più di quanto noi siamo in grado di dire. Quanto ad Asti, lo dico da canellese: parlare di Astigiano puntando solo sulle colline e tralasciando quella splendida città che non ha ancora coscienza della sua bellezza e sfrutta malissimo quello che ha è da pazzi. Per questo sono a favore che Asti entri nella zona di produzione, a ‘sto punto anche con un’area simbolica, come si è detto una volta. Sennò facciamo sempre la figura dei cioccolatai, con tutto il rispetto per i cioccolatai.
Ottimo servizio come sempre. Per quanto riguarda Asti nella zona Docg tutto dipende dalla maggioranza dei Contadini del Moscato che devono dare l’ok. Mi sorprende invece quanto scrivi sul Presidente Romano Dogliotti lasciato solo. In piazza vi erano 14 postazioni del Consorzio dove si distribuivano le tre tipologie di Moscato, possibile che non ci fosse nessuno dei 18 Consiglieri del Consorzio? Sarebbe come se ti invitassi a casa mia e poi io non ci fossi e a riceverti ci fosse la donna di servizio.
Ritengo superflua tutta la parte relativa all ampliamento ad asti degli impianti. Non è un problema la denominazione Asti indica una zona è soltanto una sterile discussione. Lo si spiega alquanto facilmente ad uno straniero che non viene sicuroa vedere la città di Asti ma le colline che la circondano