Nuovo spot dell’Asti docg firmato da Armando Testa. Stefano Ricagno: «Campagna tattica. È solo un primo passo». Asti Secco rimandato a gennaio

inserito il 15 Dicembre 2016

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Prima i dati delle fascette della docg che fanno sperare in una tenuta del comparto con una proiezione di vendita a 83 milioni di pezzi tra Asti e Moscato d’Asti docg; poi la questione dell’Asti Secco con la “grana” dei prosecchisti che lo intendono come un concorrente da stoppare a tutti i costi e con cui bisogna trovare accordo; quindi la presentazione del mini spot (10 secondi) che da oggi (15 dicembre) e per un paio di settimane inonderà le reti Rai, Mediaset e La7.
Il Consorzio di Tutela dell’Asti torna a parlare ai giornalisti, non accadeva da un po’ di tempo. Lo fa con una affollata conferenza stampa dove si snocciolano dati, in gran parte già comunicati e ripresi nei giorni scorsi proprio da SdP, ma si presentano anche progetti e iniziative.
Tra questi la partnership con il quotidiano La Stampa che compie 150 anni, con relativa bottiglia celebrativa ed eventi in tutte le province dov’è diffuso il giornale.
La questione più spinosa è quella dell’Asti non dolce, dry o secco come lo si vuol chiamare.
Il presidente Gianni Marzagalli, il cui mandato è in scadenza, ne ha parlato con toni contrastanti («Progetto in cui crediamo molto, ma ci sono problemi») senza esimersi da esprimere sospetti dal sapore complottistico. Perché? Beh, non è un mistero che i veneti non vedano di buon occhio uno spumante non dolce, a docg (il loro business maggiore è sul Prosecco doc) che potrebbe aggredire quote di mercato della corazzata Prosecco sia doc che docg.
Della serie non solo ogni alberello fa ombra, ma anche un seme può essere una minaccia.
Per questo all’ultimo comitato vitivinicolo l’approvazione della modifica del disciplinare per produrre e commercializzare l’Asti Secco è stata rinviata al 15 di gennaio 2017. E questo nonostante alcune Cantine avessero già pronto il prodotto tanto che a fine dell’incontro con i media con l’Asti e Moscato docg è stato anche servito un Asti non dolce. Marzagalli non ci sta e lo dice augurandosi che tutto passi «Perché abbiamo il diritto e mettere la parola “secco” con il bollino del Consorzio. Tutto è perfettamente legale e non vuol dire scippare o copiare qualcuno» sostiene il presidente lanciandosi in una previsione piuttosto impegnativa: «Sono convinto che in tre anni l’Asti Secco arriverà ad almeno 10 milioni di pezzi». Speriamo.
Sulla questione del nome il direttore del Consorzio, Giorgio Bosticco, dichiara a SdP: «L’obiettivo è quello di trovare una soluzione sullo stile di quella del Franciacorta Saten». E in attesa dell’ok del comitato vitivinicolo e del nuovo nome il Consorzio sta già testando l’Asti non dolce tra 500 consumatori italiani e stranieri. E lo sta facendo comparandolo al Prosecco docg. Dunque non una guerra con il Nord Est vinicolo, ma certo c’è tutta la volontà di misurarsi con chi in vent’anni è riuscito ad avere due denominazioni e a portarle a quasi 500 milioni di pezzi.

Infine è stato presentato il nuovo spot istituzionale che rompe un silenzio durato 5 anni. Che dire? Dieci secondi, firmati dall’Armando Testa, l’agenzia italiana più famosa che già negli Anni Novanta firmò lo spot “Quel Solletico Speciale” (guardate qui). Ora ha realizzato, in pochissimo tempo, un annuncio di appena 10 secondi.
Ne ha parlato il vicepresidente del Consorzio, Stefano Ricagno, portando le istanze della parte agricola (cantine sociali e produttori) che ha voluto fortemente il progetto costato 500 mila euro. Ricagno ha parlato di “campagna tattica”, della necessità dell’Asti insieme al Moscato d’Asti docg (una novità l’accoppiata promozionale) di tornare a comparire, sia pure con un breve spot («Ma è solo l’inizio» avverte Ricagno) che ha più funzione di promemoria che di vera penetrazione pubblicitaria.
Il vicepresidente consortile ne parla nell’intervista a SdP che pubblichiamo.
Con lo spot ci saranno anche affissioni e strutture pubblicitarie in tutti e i 52 Comuni della zona di produzione. «Un segnale tangibile che qui è la patria dell’Asti e del Moscato d’Asti docg» spiega Ricagno.
Intanto, come era prevedibile, sui social piovono i commenti alla nuova réclame del Consorzio. Eccone una selezione: spot bello, no è brutto e datato, servirà a nulla, speriamo che serva, soldi spesi male, meno male che li hanno spesi, risorse prese dalle tasche dei viticoltori, e altrimenti non si faceva nulla, ma la pubblicità se la paghino gli industriali. Insomma il mondo del Moscato non si smentisce. Alcuni dei commentatori sono gli stessi che qualche anno fa tuonavano sul fatto che il Consorzio non fa pubblicità all’Asti. Sembra di rivivere i dibattiti post referendum costituzionale. Insomma tutto e il suo contrario. Nonostante gli inviti all’unione.
Ora, però, sarebbe tempo di brindare e far brindare, tutti. Qualcuno, alla fine, se lo dovrà ricordare.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

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