Una Barbera piemontese, giovane, al passo con i tempi, alla moda, buonissima, celebrata, venduta e remunerativa quanto basta per dare dignità a una filiera che vuole diventare grande, non solo in numeri e volumi, ma proprio adulta, come coscienza di sé e delle proprie potenzialità.
È la conferenza stampa delle buone intenzioni quella organizzata dal Consorzio di Tutela della Barbera d’Asti e dei vini del Monferrato e non avrebbe potuto essere altrimenti a pochi giorni dal Vinitaly in programma a Verona dal 10 al 13 aprile.
Attorno al tavolo il presidente Filippo Mobrici (Bersano) e i vicepresidenti Stefano Chiarlo (Michele Chiarlo) e Lorenzo Giordano (Cantina sociale di Vinchio & Vaglio). Nomi che vogliono dire qualcosa nel mondo della Barbera piemontese (non solo d’Asti o del Monferrato) e che dicono quello che faranno per rilanciare la “grande rossa”.
«Siamo il Consorzio più grande le Piemonte – sostiene Mobrici -. Ora vogliamo tornare ad essere anche quello più attivo e autorevole». Più facile dirlo che farlo in un Piemonte vinicolo che è spesso affetto da iperautocritica e, al di là dei proclami politici, non riesce a ritagliarsi quella leadership enologica che gli competerebbe. «Ma noi ci vogliamo provare a far diventare grande la Barbera» taglia corto Mobrici e passa la palla a suoi vice.
«Quella della Barbera piemontese è una storia ancora tutta da raccontare – attacca Chiarlo -. Lo faremo con un forte impegno sui media italiani e stranieri senza dimenticare i social e il web». E giù progetti di comunicazione con al centro le piazze virtuali i blog e le copertine di patinate riviste internazionali di vino su cui scrivono firme star che possono fare il bello e il cattivo tempo, enologicamente parlando. Ma basterà? «No, non basta –ammette Chiarlo -. Dobbiamo portare i giornalisti stranieri e italiani qui. Presentare loro il nostro territorio che rimane tatuato sulla pelle di chi lo vede». Belle parole. Per una volta il blog “mynameisbarbera” sembra più di una frase ad effetto in “ingleis”.
L’eco è di Lorenzo Giordano: «Noi siamo qui per fare della Barbera, tutta la Barbera, un vino nuovo, rinnovato, in grado di rispondere a qualsiasi esigenza del mercato. L’uva ce le consente, il vitigno anche, gli agricoltori sono in prima fila. Ora è il turno di Consorzio, aziende, venditori, anche giornalisti». Tutti insieme. Appassionatamente? Massì. Perché no?.
«Come Consorzio investiamo risorse pubbliche e dei nostri associati. L’erga omnes ce lo consente. Ci spinge la consapevolezza di essere seduti su una miniera che farà la fortuna del Piemonte vinicolo» prefigura Mobrici che assicura il cambio di vento: «L’erosione della superficie coltivata a barbera, flavescenza a parte, è ferma. Siamo sicuri che ora arriveranno gli investitori. E belli grossi». Restano nodi da sciogliere. Per esempio quello prezzi troppo bassi di certe bottiglie: «Ma lì non abbiamo autorità. Lì comanda il mercato»; o il prezzo delle uve: «Però ci sono segnali incoraggianti. Se ci saranno investimenti l’uva varrà di più e i prezzi delle bottiglie si alzeranno. Ci guadagneranno tutti. Ma ci vuole tempo».
Speranze o certezze? Come dice il poeta lo scopriremo solo vivendo. E poco importa se sui social piove qualche critica. Come dicono i giovani: “ci sta”. Intanto il Consorzio “della Rossa” al Vinitaly presenterà una valanga di attività: feste, forum, campagne pubblicitarie, tasting, turorial, persino “sfide” ad armi pari con il mito Champagne o le Barbere che si producono negli altri tre angoli del mondo. Meta finale sempre quella: «Fare della Barbera piemontese quello che è già: il vino migliore del mondo». Almeno la voglia di combattere e metterci la faccia merita uno “chapeau!”
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)