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Vino Piemonte 2015. I dati nudi e crudi, senza opinioni e/o commenti. Così ve li fate da voi

A qualche giorno dalla presentazione dei dati sulla vendemmia 2015, assodato che quella di quest’anno è stata una raccolta caratterizzata da altissima qualità e sanità delle uve, SdP pubblica, senza alcun commento, i dati ufficiali relativi all’andamento economico del Piemonte vinicolo. La parte, a nostro avviso, più importante del rapporto curato da Plop (Piemonte Land of Perfection), Vignaioli Piemontesi e Regione Piemonte (le analisi sono firmate da Daniele Dellavalle e Giancarlo Montaldo) che in qualche modo disegna se non le strategie, almeno la “dotazione” con cui i vini del Piemonte affronteranno i mercati nazionale e esteri. Si riscontreranno singolarità e omologazioni, situazioni di crisi o di benessere. Un fatto è certo: il mondo del vino Piemontese è variegato e effervescente (e non è una battuta) e meriterebbe più attenzione, maggiore serietà e gioco di squadra, magari mettendo in soffitta tromboni e furbetti, strategie complottistiche e inutili rivalse personali. Ma questo è tutto un altro discorso ed è anche l’unico commento che ci concediamo. Per ora.

SdP

ROERO ARNEIS

La tipologia “Roero Arneis” appartiene alla denominazione “Roero”, che interessa 19 paesi alla sinistra del Tanaro, nel territorio albese. Quattro di essi hanno l’intero territorio nell’area delimitata (Canale, Corneliano d’Alba, Piobesi d’Alba e Vezza d’Alba), mentre per gli altri quindici (da Montaldo Roero a Magliano Alfieri, da Monticello d’Alba a Priocca) la zona li comprende solo in parte. Con il vitigno Arneis da protagonista, la denominazione Roero produce due tipologie di vino, il Roero Arneis e il Roero Arneis Spumante. Nel caso del Roero Arneis il Disciplinare non stabilisce alcun periodo di invecchiamento obbligatorio, mentre per il Roero Arnesi Spumante si richiamano le disposizioni generali in materia.

LE TENDENZE: Superficie. In tutto il percorso compiuto, sia come Doc che Docg, il Roero Arneis non ha mai avuto una battuta d’arresto. La conferma viene dagli ultimi 6 anni, quando il potenziale viticolo è passato da 644 a 823 ettari. Produzione effettiva. Il dato relativo alla produzione effettiva ha seguito di pari passo il trend della superficie vitata: dal 2009 al 2013 il vigneto ha cresciuto la sua produzione da 35.179 a 46.256 ettolitri. Nel 2014, una riduzione della resa di gestione ha contenuto la produzione a 41.680 ettolitri. Imbottigliamento. L’andamento degli imbottigliamenti è costantemente positivo. Solo un parziale rallentamento tra il 1° luglio 2012 e il 30 giugno 2013 e poi tutto è rientrato nella norma. Nell’ultimo anno (1° luglio 2014 – 30 giugno 2015), la “galoppata” è stata inarrestabile fino a toccare la quota di 5.343.314 bottiglie. Il dato medio degli imbottigliamenti dei 6 anni è stato di 4.757.137 bottiglie. Giacenze. Nei primi 5 anni gli aumenti produttivi hanno gradualmente incrementato le giacenze, dai 10.261 ettolitri del 1° luglio 2010 ai 21.310 del 1° luglio 2014. Cambio di marca nell’ultimo anno, con le giacenze scese al 1° luglio 2015 a 16.383 ettolitri. La giacenza media nel periodo 2010-2015 è stata di 15.379 ettolitri, poco più di un terzo di un’annata

BARBERA D’ALBA

Tra Langa e Roero, ovvero alla destra e alla sinistra del Tanaro si estende la zona di origine della Barbera d’Alba. Qui il vitigno Barbera ha una presenza significativa in una cinquantina di paesi di collina. Nella composizione del vino, però, il Barbera (minimo 85%) può avere la sinergia delle uve di un altro vitigno, il Nebbiolo, fino a un massimo del 15%. La duttilità della varietà consente alla denominazione di produrre due tipologie di vino: la Barbera d’Alba e la Barbera d’Alba Superiore. Il primo è un vino tendenzialmente più giovane e fragrante, che non ha obblighi di invecchiamento minimo per legge. Il secondo, invece, per la sua struttura più complessa e importante, deve restare almeno 12 mesi in cantina (minimo 4 in legno) e questo tempo è calcolato dal 1° novembre dopo la vendemmia.

LE TENDENZE: Superficie. Dopo un lungo periodo in cui il potenziale viticolo era vicino ai 2.000 ettari, negli ultimi anni la Barbera d’Alba ha meglio selezionato i vigneti, attestando la superficie poco sopra i 1.500 ettari (1589 nel 2014), con un andamento che sembra aver trovato la sua stabilità. Produzione effettiva. La Barbera d’Alba ha una produzione effettiva stabile, anche se nel 2014 ha segnato il livello più basso (82.075 ettolitri) degli ultimi 6 anni. Questo è il risultato anche di un’annata dal clima difficile, che ha imposto una forte selezione delle uve. Il dato medio tra il 2009 e il 2014 è di 89.720 ettolitri Imbottigliamento. Nell’ultimo anno esaminato (1° luglio 2014/30 giugno 2015) gli imbottigliamenti hanno confermato il livello dell’anno precedente, ribadendo il dato più alto di tutti i sei periodi, vale a dire 11.236.666 bottiglie. Pertanto, la situazione ha confermato il miglioramento già segnato nell’ultima fase. Giacenze. Nell’ultimo periodo (al 1 luglio 2015) le giacenze sono scese a 115.415 ettolitri rispetto ai 130.142 ettolitri dell’anno prima. Tra il 2009 e il 2013 erano restate praticamente stabili, con oscillazioni fisiologiche tra un anno e l’altro. Nell’intero periodo (2009-2015), il valore medio delle giacenze di Barbera d’Alba è stato di 111.869 ettolitri, in pratica circa il 20% in più di un’annata di produzione.

BARBERA D’ASTI

Piuttosto ampia è la zona di origine della Barbera d’Asti, 118 paesi nell’astigiano e 51 in provincia di Alessandria. Nell’ambito di tale area sono state delimitate e iscritte a disciplinare tre Sottozone, Nizza (attorno a Nizza Monferrato), Tinella (attorno a Costigliole d’Asti) e Colli Astiani (più vicina al capoluogo), che possono accompagnarsi alla tipologia Barbera d’Asti Superiore. Articolato è l’invecchiamento obbligatorio: la Barbera d’Asti può essere commercializzata dal 1° marzo dopo la raccolta delle uve; per la tipologia “Superiore” invece occorrono 12 mesi calcolati dal 1° gennaio dopo la vendemmia, con almeno sei mesi in contenitori di legno. Per le tre Sottozone i mesi diventano diciotto, sempre dal 1° gennaio dopo la vendemmia e con l’obbligo di almeno sei mesi in legno. LE

LE TENDENZE: Superficie. Dopo un periodo di buona stabilità, con il potenziale viticolo tra 3.500 e 3.600 ettari, nel 2014 si è avuta per la Barbera d’Asti una riduzione più decisa a 3.285 ettari. Nei sei anni tra il 2009 e il 2014 la superficie media è stata di 3.663 ettari. Produzione effettiva. Significativo è stato l’incremento produttivo del 2014, circa 70.000 ettolitri in più del 2013. E questo è avvenuto dopo un periodo di sostanziale stabilità con produzioni oscillanti tra 220.000 e 235.000 ettolitri. Imbottigliamento. Dopo un periodo di andamento oscillante, negli ultimi tre anni il trend degli imbottigliamenti sembra essersi avviato verso una certa stabilità. In tale periodo (tra il 1° luglio 2012 e il 30 giugno 2015) i volumi imbottigliati si sono attestati sui 21 milioni di bottiglie. Il periodo completo considerato – tra il 2010 e il 2015 – evidenzia invece un volume medio degli imbottigliamenti di 22.370.133 pezzi. Giacenze. Sostanziale stabilità è la condizione conseguita dalle giacenze: nei sei anni esaminati, infatti, oscilla tra 250.000 e 317.000 ettolitri. Tutto ciò grazie alla conferma del volume degli imbottigliamenti e nonostante l’incremento produttivo del 2014. Nel periodo analizzato (tra il 2009 e il 2015), le giacenze di Barbera d’Asti sono state di 281.639 ettolitri, cioè il 25% in più di una vendemmia.

BARBERA DEL MONFERRATO

La zona di origine della Barbera del Monferrato è ancora più vasta di quella della Barbera d’Asti: 118 paesi astigiani e 99 alessandrini. Tutto il territorio è collinare e qui il vitigno Barbera è il protagonista principale e per questo interviene tra l’85 e il 100%. La parte restante (il 15%) può essere costituita da altre varietà (Freisa, Grignolino e Dolcetto) da sole o congiuntamente. Di questa denominazione esistono due tipologie, la Barbera del Monferrato Doc e la Barbera del Monferrato Superiore Docg. La prima non ha obbligo di invecchiamento minimo. Invece la tipologia “Superiore” Docg deve invecchiare almeno dodici mesi, di cui sei in legno.

LE TENDENZE: Superficie. La nostra analisi è dedicata alla Barbera Monferrato Doc, ma non trascura la Superiore Docg. Il dato medio di superficie della prima è di 989 ettari, perché nelle vendemmie 2012, 2013 e 2014 la rivendicazione è stata inferiore (tra 788 e 910 ettari). Nel 2014, il dato (837 ettari) conferma la tendenza alla riduzione, con ulteriore flessione rispetto al 2013 (910 ettari). Non è controbilanciato dalla superficie dedicata alla tipologia Superiore Docg (circa 50 ettari). Produzione effettiva. Nel 2009 e 2010, la produzione effettiva era praticamente stabile. Le cose sono cambiate nel 2011 e 2012, con due consecutive riduzioni. Nel 2013, la produzione è tornata a salire a 63.657 ettolitri per poi scendere nel 2014 a 58.718 ettolitri. Il dato medio tra il 2009 e il 2014 è stato di 66.463 ettolitri. Stabile è la produzione della tipologia Superiore Docg, assestata su 3.000 ettolitri Imbottigliamento. Dal punto di vista degli imbottigliamenti la situazione è più complessa, seppure esprima una tendenza alla riduzione. Nei primi tre anni le bottiglie prodotte erano più di 6 milioni, mentre nei tre successivi sono rimaste sotto i 5,5 milioni. Il dato medio è stato di 5.755.701 pezzi. Giacenze. L’andamento delle giacenze è altalenante, tra 28 e 47 mila ettolitri. Sembrava prevalere la tendenza alla riduzione, ma al 1° luglio 2014 hanno ripreso a salire (46.890 ettolitri) e questa ascesa è continuata nel periodo successivo (51.524 ettolitri). Nel periodo 2009-2015, il valore medio delle giacenze è stato di 40.668 ettolitri, ovvero oltre il 60% di una vendemmia.

COLLI TORTONESI BARBERA

Questa è la tipologia più importante della denominazione Colli Tortonesi, prodotta in una trentina di paesi che fanno capo a Tortona, dove la provincia di Alessandria va verso l’Oltrepò. Un territorio grande, ma che ha visto sfiorire un po’ della sua vocazione viticola e ha ridotto il patrimonio produttivo. In questa denominazione sono incluse numerose tipologie di vini, che fanno capo a vari vitigni: Barbera, Dolcetto, Croatina, Freisa, Cortese, Favorita, Timorasso e Moscato. Due sono le sottozone delimitate, Monleale e Terre di Libarna. L’abbinamento tra Colli Tortonesi e il vitigno Barbera genera tre vini di base, Colli Tortonesi Barbera e le tipologie Riserva e Superiore. Anche le due sottozone Monleale e Terre di Libarna producono un vino a base di Barbera.

LE TENDENZE: Superficie. Disponiamo dei dati di sole tre annate (2012, 2013 e 2014). In tale periodo, segnaliamo un andamento incostante della superficie: 136 ettari nel 2012, 106 nel 2013 e 115 nel 2014. La tendenza è confermata dal dato globale della denominazione: nel 2012, 218 ettari, scesi a 185 nel 2013 e 2014. La tipologia Barbera rappresenta il 62% del totale. Produzione effettiva. Per quanto concerne la produzione effettiva, il passaggio dal 2013 al 2014 ha segnato una piccola ripresa produttiva, dai 6.662 ettolitri ai 7.174. L’incidenza della tipologia Barbera nel complesso della Doc Colli Tortonesi ha superato nel 2014 il 50%, ma sotto l’incidenza della superficie. Imbottigliamento. Quanto agli imbottigliamenti, i dati restano confortanti. Nel passaggio dal periodo 1° luglio 2013 – 30 giugno 2014 al successivo (1° luglio 2014 – 30 giugno 2015) il numero delle bottiglie di Colli Tortonesi Barbera è salito da 242.400 a 246.169. Andamento stabile è invece quello registrato in tutta la denominazione: tra 691.143 e 687.879 bottiglie. Giacenze. Migliore è la situazione delle rimanenze al 30 giugno 2015. Il Colli Tortonesi Barbera ha ridotto le giacenze (6.038 ettolitri) rispetto al 2014 (8.241 ettolitri). Le giacenze medie sfiorano il volume di vino prodotto annualmente. Anche la denominazione Colli Tortonesi nel suo globale segue lo stesso andamento, nel 2015 le giacenze sono scese dai 16.237 del 30 giugno 2014 ai 14.921 del 30 giugno 2015.

BRACHETTO D’ACQUI

È l’Alto Monferrato, il territorio collinare a cavallo tra le province di Asti e Alessandria, che forma la zona di origine del Brachetto d’Acqui. Qui il Brachetto (ma anche il Moscato e il Dolcetto) trova uno spazio di coltivazione privilegiato che si estende in 26 paesi, 18 astigiani e 8 alessandrini nei pressi di Acqui Terme. Tre sono le tipologie in questa denominazione: il Brachetto d’Acqui detto in gergo “tappo raso”, il Brachetto d’Acqui Spumante e il Brachetto d’Acqui Passito. Il Brachetto d’Acqui “tappo raso” e il Brachetto d’Acqui Spumante sono vini delicati e fragranti che non hanno bisogno di invecchiamento in cantina. Il Brachetto d’Acqui Passito, invece, può essere immesso al consumo solo dopo il 1° ottobre dell’anno successivo alla vendemmia.

LE TENDENZE: Superficie. Dopo la brusca riduzione del 2013, nel 2014 di potenziale viticolo del Brachetto d’Acqui è tornato sui livelli “normali”, a 950 ettari vitati, trecento in più dell’anno prima. Probabilmente, la scelta vendemmiale verso la Doc Piemonte Brachetto del 2013 non ha dato buoni risultati ed è quindi giustificata la preferenza per la denominazione di primo livello. Produzione effettiva. L’andamento della produzione ha ricalcato quello della superficie vitata: tra il 2009 e il 2012, la quantità di vino prodotto era parsa costante. Nel 2013, invece, c’era stata una significativa flessione (22.617 ettolitri rispetto ai 28.046 del 2012). Nel 2014, un nuovo incremento produttivo, fino a 28.509 ettolitri. La produzione media nei sei anni tra il 2009 e il 2014 è stata di 27.687 ettolitri. Imbottigliamento. Gli imbottigliamenti segnano una costante flessione soprattutto nella parte conclusiva del periodo analizzato (2010-2015). Il dato medio di imbottigliamento nei sei anni tra il 2009 e il 2015 è stato di 3.404.556 pezzi. Giacenze. Contrariamente alle aspettative, al 1° luglio 2015 le giacenze di Brachetto d’Acqui sono scese e in modo significativo: da 13.229 (2014) agli 8.891 (2015). Il dato confligge con l’incremento produttivo del 2014 e con la nuova riduzione degli imbottigliamenti. Questo dipende forse dalla possibile riclassificazione di parte del vino a Piemonte Brachetto o ad aromatico senza denominazione.

GAVI

Il vitigno Cortese è la base ampelografica del Gavi sulle colline di 11 comuni attorno all’omonima cittadina, nell’estremo lembo sudorientale del Piemonte. La denominazione mantiene le due formulazioni originarie, Gavi o Cortese di Gavi in tutte le tipologie: Gavi tranquillo, Gavi frizzante, Gavi spumante, Gavi Riserva e Gavi Riserva Spumante Metodo Classico. Il Gavi è assai legato al suo territorio e alla tradizione enologica che lo caratterizza. Il Disciplinare prevede un periodo di invecchiamento per il Gavi “Riserva” (un anno, di cui sei mesi di affinamento in bottiglia) e per il Gavi “Riserva Spumante Metodo Classico” (due anni). Per il Gavi tout court, per il Gavi frizzante e il Gavi Spumante non è previsto invecchiamento.

LE TENDENZE: Superficie. Il Gavi è un esempio di gestione autorevole della denominazione. Gli impianti sono cresciuti di circa 400 ettari negli ultimi 10 anni, una quarantina di ettari tra il 2009 e il 2013. Nel 2014, il potenziale viticolo ha trovato stabilità con circa 1500 ettari di vigneto. Produzione effettiva. Accanto al controllo dell’evoluzione degli impianti, il settore ha gestito anche l’andamento produttivo annuale, variando la resa a ettaro e tenendola – se del caso – inferiore al massimale del disciplinare. La produzione media effettiva tra il 2009 e il 2014 è stata di 87.863 ettolitri annui, con gli incrementi più cospicui nelle ultime due annate. Imbottigliamento. Positivo è l’andamento degli imbottigliamenti, sintomo di un mercato dinamico. Facendo riferimento ai periodi tra il 1° luglio di un anno e il 30 giugno del successivo, nei 6 anni tra il 2009 e il 2015 gli imbottigliamenti sono prima cresciuti per poi stabilizzarsi. Sono passati da 9.806.533 bottiglie del 2009 ai 12.343.969 del 1° luglio 2015. Il dato medio nei cinque anni è stato di 11.635.733 bottiglie. Giacenze. Un primo dato è evidente: le giacenze di Gavi, tra il 1° luglio 2010 e il 1° luglio 2013 si sono costantemente ridotte. Al 1° luglio 2014 e 2015, i dati sono risultati più alti, ma nelle settimane successive sono rientrati per gli imbottigliamenti estivi. Negli ultimi 6 anni (2009-2015) il valore medio delle giacenze del Gavi è stato di 23.126 ettolitri, ovvero poco più del 26% della produzione media.

DOGLIANI

La denominazione “Dogliani” è il risultato della fusione di due precedenti esperienze territoriali e produttive, il Dolcetto di Dogliani e quello delle Langhe Monregalesi. Entrambe vivevano sul vitigno Dolcetto e così è rimasto anche nell’attuale denominazione. Tutto ciò si è realizzato nel 2011 e, pertanto, possiamo lavorare su quattro anni di produzione e mercato. La zona di origine è la somma tra i 10 paesi dove già si produceva il Dolcetto di Dogliani e i 10 dove il risultato enologico era il Dolcetto delle Langhe Monregalesi. Sono due le tipologie ammesse: Dogliani e Dogliani Superiore. Il primo è fresco e fragrante e non ha obbligo di invecchiare per legge; il secondo, più ambizioso e ricco di struttura, deve rimanere in cantina non meno di 12 mesi dal 1° novembre dopo la vendemmia.

LE TENDENZE: Superficie. Prima del 2010, Dogliani e Langhe Monregalesi erano due denominazioni distinte e, insieme, avevano un potenziale viticolo di 1.069 ettari. Nonostante i timori iniziali, la loro fusione non ha portato forti perdite di superficie vitata. Dopo un anno di assestamento, il potenziale viticolo della denominazione Dogliani è risalito sui 1.000 ettari e tale è rimasto anche nel 2013 e 2014. Produzione effettiva. Nelle prime tre annate (2011, 2012 e 2013), la Docg Dogliani ha evidenziato una produzione tendenzialmente costante (tra 33.500 e 38.000 ettolitri). La situazione è cambiata radicalmente nel 2014, con una forte riduzione di produzione (19.331 ettolitri). Imbottigliamento. Dopo che l’andamento degli imbottigliamenti aveva segnato una vera impennata tra il 2012/13 e il 2013/14, arrivando a 2.809.333 bottiglie, nel periodo successivo ha frenato, attestandosi su 2.305.333 bottiglie. Si tratta di una tendenza al consolidamento che potrebbe agevolare il razionale sviluppo della nuova denominazione. Giacenze. Contrariamente alle aspettative, al 1° luglio 2015 le giacenze sono diminuite: dai 35.882 del 2014 sono scese a 25.625 ettolitri evidenziati nel 2015 ettolitri. È probabile che tale contrazione derivi da riclassificazione di vino Dogliani a Langhe. Giacenza e produzione annuale quasi pareggiano.

DOLCETTO D’ALBA

La zona di origine del Dolcetto d’Alba è collocata sulle colline di Langa, alla destra del fiume Tanaro, dove prevalgono i terreni solidi e compatti e dove il clima è freddo-temperato, senza esagerazioni di caldo e con buone escursioni termiche tra le stagioni. In tutto, la zona è fatta di 37 paesi, in gran parte legati alla provincia di Cuneo. Solo un paese, Coazzolo, appartiene alla provincia di Asti. Qui il vitigno predominante è il Dolcetto, che regala due tipologie di vino: Dolcetto d’Alba e Dolcetto d’Alba Superiore. Come vino giovane per eccellenza, il Dolcetto d’Alba non ha invecchiamento obbligatorio per legge. Solo la tipologia “Superiore”, più strutturata, deve soggiornare in cantina per almeno 12 mesi calcolati dal 1° novembre dopo la vendemmia.

LE TENDENZE: Superficie. Continua la lenta discesa della superficie vitata del Dolcetto d’Alba, replicando ciò che sta avvenendo anche nelle altre denominazioni legate a questo vitigno. Nel 2014, il Dolcetto d’Alba ha perso altri 76 ettari rispetto al 2013, posizionando la superficie rivendicata a 1.315 ettari. Produzione effettiva. Nei cinque anni tra il 2009 e il 2013, la produzione effettiva è rimasta abbastanza stabile, con un dato medio di 66.466 ettolitri. Le cose sono cambiate nel 2014, con una produzione assai minore (47.320 ettolitri), complice anche un’annata poco fertile. Imbottigliamento. Dopo la ripresa segnata nel periodo 1° luglio 2013 – 30 giugno 2014, nell’anno successivo è cambiata la tendenza. Gli imbottigliamenti sono scesi di circa 800.000 bottiglie, attestandosi sul volume di 6.344.533 pezzi. Il dato medio nei sei periodi considerati, praticamente tra il 1° luglio 2009 e il 30 giugno 2015), è di 7.001.415 bottiglie. Giacenze. Può essere dipeso dalla riduzione produttiva del 2014 il calo delle giacenze del Dolcetto d’Alba al 1° luglio 2015. E forse anche da una maggior riclassificazione verso denominazioni inferiori. Il valore medio delle giacenze nel periodo tra il 1° luglio 2010 e il 1° luglio 2015 (33.927 ettolitri) equivale alla metà della produzione di un anno.

DOLCETTO D’OVADA

La città di Ovada è capofila di un territorio viticolo che sale verso l’Appennino Ligure genovese e qui, come nel resto dell’Alto Monferrato, il vitigno Dolcetto ha una zona di coltivazione privilegiata, dove si producono due vini: il Dolcetto di Ovada Doc e il Dolcetto di Ovada Superiore o Ovada Docg. La zona di origine è la stessa ed è costituita da 22 paesi che fanno capo a Ovada. Il vitigno Dolcetto è il protagonista dei due vini. Nel caso del Superiore sono previste anche la tipologia Riserva e l’uso della menzione Vigna. Il Dolcetto di Ovada Doc non prevede invecchiamento minimo di legge, mentre il Superiore Docg presenta una situazione più varia: 12 mesi per il Dolcetto di Ovada Superiore, 20 mesi con la menzione Vigna e 24 per la tipologia Riserva, con o senza la Vigna.

LE TENDENZE: Superficie. L’analisi si riferisce a 2012, 2013 e 2014. Il Dolcetto di Ovada segna una lieve flessione di superficie: 361 ettari nel 2012, 347 ettari nel 2013 e 335 nel 2014). Analoga tendenza anche per l’Ovada Docg (31 ettari del 2012, 24 del 2013 e 21 nel 2014). Produzione effettiva. Leggera è stata anche la flessione per la produzione del Dolcetto di Ovada Doc: nel 2012 sono stati prodotti 20.210 ettolitri, nel 2013 gli ettolitri sono scesi a 19.391 e nel 2014 a 18.428. Anche l’Ovada Docg ha lo stesso andamento: 1.503 ettolitri nel 2012, 1.133 nel 2013 e 1.024 nel 2014. Imbottigliamento. Le attività di imbottigliamento fanno registrare un sostanziale andamento stabile: tra il 1° agosto 2012 e il 30 giugno 2013 le bottiglie di Dolcetto di Ovada Doc e Ovada Docg sono state 1.672.000. Nel periodo successivo (1° luglio 2013-30 giugno 2014) le bottiglie sono salite a 1.760.266 e nel periodo 1° luglio 2014-30 giugno 2015 sono tornate a 1.646.497 pezzi. Giacenze. Dopo la crescita delle giacenze del Dolcetto di Ovada Doc nel passaggio dal 30 giugno 2013 al 30 giugno 2014 (da 12.658 a 22.037 ettolitri), nell’anno successivo si sono praticamente fermate (22.365 ettolitri). Situazione molto più stabile è quella dell’Ovada Docg, le cui giacenze sono scese nei primi due anni da 3.822 a 3.349 ettolitri e al 1° luglio 2015 sono rimaste ferme 3.390 ettolitri.

ERBALUCE DI CALUSO

La denominazione Caluso, localizzata nel territorio collinare del Canavese, ha una zona di origine diffusa su tre province: la parte principale è in quella di Torino, con 31 dei comuni interessati. La parte restante coinvolge le province di Vercelli (1 paese) e di Biella (3 paesi). Il vitigno protagonista è l’Erbaluce, che qui ha trovato la sua dimora privilegiata. La denominazione Caluso include 4 tipologie di vino, l’Erbaluce di Caluso, l’Erbaluce di Caluso Spumante e poi il Caluso Passito e il Caluso Passito Riserva. Per l’Erbaluce di Caluso e l’Erbaluce di Caluso Spumante non è previsto invecchiamento obbligatorio. Il Caluso Passito deve maturare per almeno 36 mesi in cantina e la Riserva per almeno 48 mesi. Se l’Erbaluce di Caluso Spumante è prodotto con il Metodo Classico valgono le disposizioni generali in materia.

LE TENDENZE: Superficie. Nei sei anni considerati (2009-2014) il potenziale viticolo dell’Erbaluce di Caluso è cresciuto e ora sembra stabilizzato. Escludendo il 2012 dove si è avuta una lieve flessione, negli altri anni l’andamento è stato positivo. Nel 2013 e 2014 si è stabilizzato a 188 ettari. Il dato medio dei 6 anni è di 172 ettari. Produzione effettiva. La produzione effettiva presenta un quadro più altalenante, con aumenti e riduzioni che si susseguono in relazione anche alla fertilità dell’annata. Evidente è il calo del 2012, dovuto a un’annata poco fertile, situazione controbilanciata dal 2013 e dal 2014, quando la produzione ha superato sempre gli 11.700 ettolitri. Il dato medio tra il 2009 e il 2014 è stato di 9.367 ettolitri. Imbottigliamento. La tendenza degli imbottigliamenti segue in maniera significativa il corso delle produzioni reali, con un calo nel 2012 e la risalita nei due anni successivo. Il dato medio degli imbottigliamenti dei 5 anni dal 2010 al 2014 è stato di 704.478 bottiglie. Giacenze. Negli ultimi 5 anni (2011-2014), le giacenze sono rimaste sostanzialmente stabili ed equivalgono in media al dato di un’annata di produzione.

ASTI E MOSCATO D’ASTI

La zona di origine della denominazione Asti è ampia, 52 paesi tra le province di Cuneo, Asti e Alessandria, alla destra del fiume Tanaro, esclusa Santa Vittoria d’Alba, nel Roero. In tale area, sono state delimitate tre Sottozone, Santa Vittoria d’Alba (il solo comune), Canelli (la più estesa, con 22 comuni) e Strevi (9 paesi dell’Acquese). Le Sottozone sono utilizzabili per il Moscato d’Asti. Due sono le tipologie legate al mondo spumante, Asti Spumante e Asti Spumante Metodo Classico e due quelle legate al Moscato d’Asti: Moscato d’Asti e Moscato d’Asti Vendemmia Tardiva. A Disciplinare non è previsto alcun invecchiamento, eccezion fatta per il Moscato d’Asti Vendemmia Tardiva che deve invecchiare in cantina almeno un anno.

LE TENDENZE: Superficie. La superficie vitata rivendicata è sostanzialmente stabile.Il dato medio degli ultimi 6 anni è 9.680 ettari. Ma è l’età che tende a salire, come conseguenza del blocco degli impianti fissato da tempo e non controbilanciata da altri interventi correttivi. Produzione effettiva. La produzione è stata influenzata dalla fertilità dell’annata e dall’andamento dei mercati. Il dato più basso è quello del 2009 con 687.372 ettolitri, mentre le 5 annate successive sono tutte al di sopra dei 700.000 ettolitri. La vendemmia 2014 è stata la più produttiva, con 1.082.794 ettolitri. La produzione media tra il 2009 e il 2014 è stata di 803.459 ettolitri. Imbottigliamento. Gli imbottigliamenti rivelano un andamento altalenante, legato in particolare al mercato. Dopo le impennate tra il 1° luglio 2010 e il 30 giugno 2012, nell’anno tra il 1° luglio 2012 e il 30 giugno 2013 la flessione è stata forte. Il valore è tornato a salire tra il 1° luglio 2013-30 giugno 2014, mentre nell’anno successivo è di nuovo calato. Il dato medio tra il 2009 e il 2015 è stato di 96.790.803 bottiglie. Giacenze. Dopo la parziale riduzione delle giacenze al 1° luglio 2014, nell’anno successivo se ne è avuta una nuova accentuazione e anche in modo significativo. La tendenza è ovviamente influenzata dalle fertilità delle annate e all’andamento dei mercati. Nel periodo 2009-2015, il dato medio delle giacenze è di 330.131 ettolitri, che rappresentano circa il 35% di un’annata. Da tenere sotto controllo.

BARBARESCO

Tre paesi (Barbaresco, Neive e Treiso) e la frazione di San Rocco Seno d’Elvio del comune di Alba formano la “piccola terra di colline” del Barbaresco, alla destra del Tanaro. In quest’area il Nebbiolo è protagonista assoluto e la sua presenza è molto apprezzata nelle 66 Menzioni Geografiche Aggiuntive delimitate e inserite nel Disciplinare. Due sono le tipologie del vino, Barbaresco e Barbaresco Riserva. Struttura e spiccata armonia sono i caratteri essenziali di un vino che sa resistere al tempo e per questo deve rispettare un invecchiamento di almeno 26 mesi per il Barbaresco e di almeno 50 mesi per il Barbaresco Riserva. Tale periodo di invecchiamento è calcolato dal 1° novembre dopo la vendemmia. La permanenza in legno per le due tipologie non dev’essere inferiore ai 9 mesi.

LE TENDENZE: Superficie. Dal 1998, il Barbaresco ha fatto segnare un costante incremento del potenziale viticolo. Da alcuni anni, la situazione è consolidata e stabile, con oscillazione tra 680 e 730 ettari. Nel 2014 la superficie rivendicata è stata di 733 ettari. Produzione effettiva. Dopo i forti incrementi produttivi degli ultimi anni Novanta, il Barbaresco oggi dispone di una buona stabilità. L’oscillazione della produzione reale rientra stabilmente tra il 32 e i 35 mila ettolitri annui, a seconda della maggiore o minore fertilità dell’annata. Imbottigliamento. Nel periodo tra il 1° luglio 2014 e il 30 giugno 2015 gli imbottigliamenti hanno confermato il positivo andamento dell’anno precedente, ponendosi ancora al di sopra dei 4 milioni di bottiglie (4.033.066). Nei 5 anni precedenti, ovvero tra il 1° luglio 2009 e il 30 giugno 2014, il loro andamento era stato piuttosto discontinuo. Il dato medio degli imbottigliamenti dei 6 anni tra il 1° luglio 2009 e il 30 giugno 2015 è stato di 3.888.640 bottiglie Giacenze. Nei sei anni della nostra analisi (2009- 2015) anche le giacenze segnano un andamento incostante, ma con variazioni minime. Nell’ultimo anno, il parametro si è ridotto anche per effetto della minore fertilità dell’annata 2014. Il valore medio delle giacenze degli ultimi 6 anni è stato di 96.243 ettolitri, dato equivalente a poco meno di 3 annate.

BAROLO

Vino di solida tradizione, il Barolo affida la sua base ampelografica al vitigno Nebbiolo, all’interno di una zona di origine formata da 11 paesi delle Langhe, alla destra del fiume Tanaro. Tre di questi (Barolo, Castiglione Falletto e Serralunga d’Alba) sono inclusi in zona per l’intero territorio; altri otto solo per una parte, ovvero Cherasco, Diano d’Alba, Grinzane Cavour, La Morra, Monforte d’Alba, Novello, Roddi e Verduno. Nella zona del Barolo sono state delimitate e iscritte a Disciplinare 171 Menzioni Geografiche Aggiuntive. Le tipologie del vino sono tre, Barolo, Barolo Riserva e Barolo Chinato. L’ invecchiamento minimo è fissato in 38 mesi per il Barolo e di 62 per il Barolo Riserva, inclusi i 18 mesi di permanenza in legno. Tale periodo è calcolato dal 1° novembre dopo la vendemmia.

LE TENDENZE: Superficie. Negli ultimi 15 anni, il Barolo ha fatto segnare un aumento costante del potenziale viticolo. La tendenza alla crescita è rimasta tuttora anche se in modo più contenuto. Dopo due anni di situazione costante (1977 ettari), nel 2014 la superficie vitata è tornata a crescere (2.067 ettari). Produzione effettiva. In presenza di un’annata meno fertile, nel 2014 la produzione di Barolo è scesa di nuovo sotto i 100 mila ettolitri (95.561). È stata la prima flessione dopo 5 anni di crescita, dagli 88.509 ettolitri del 2009 ai 104.369 del 2013. Imbottigliamento. Nel periodo tra il 1° luglio 2014 e il 30 giugno 2015 gli imbottigliamenti di Barolo sono saliti di poco (12.034.666 bottiglie), confermando in pratica il dato 2013 (11.962.133). Non si è tornati ai livelli del 2011/12 quando si erano superati i 13 milioni di bottiglie, ma questo andamento costante è positivo. Negli ultimi 5 anni sono state preparate in media 12.090.666 bottiglie. Giacenze. Nel passaggio tra il 2014 e il 2015 le giacenze sono salite, ma di poco (4.832 ettolitri), ribadendo il trend degli ultimi anni, ma senza esagerazioni. Al 30 giugno 2011 il dato era di circa 316.000 ettolitri, nel 2012 era di 317 mila, nel 2013 di 337.500, nel 2014 di 365.300 e nel 2015 di 370.140. L’aumento contenuto al 1° luglio 2015 è frutto anche di un andamento produttivo meno fertile del 2014.

PIEMONTE

La zona di origine della Doc Piemonte coinvolge il territorio viticolo dell’intera regione e include molte tipologie di vini, dettate da vari elementi tecnicoproduttivi. Prima di tutto, i tre colori enologici, bianco, rosso e rosato. Poi, l’abbinamento con i vitigni, addirittura con due varietà. Singolarmente, Piemonte è legato a Cortese, Chardonnay, Moscato, Sauvignon, Brachetto, Dolcetto, Barbera, Bonarda, Albarossa, Freisa, Grignolino, Cabernet sauvignon, Merlot, Pinot nero e Syrah, alcuni dei quali anche nelle tipologie Frizzante e Spumante. Resta il pianeta “Piemonte spumante” con o senza la specificazione di Pinot bianco, grigio e nero o Chardonnay o Pinot Chardonnay. Le varie tipologie non hanno invecchiamento obbligatorio, a eccezione di Piemonte Freisa (4 mesi), Piemonte Albarossa , Piemonte Moscato Passito e Piemonte Brachetto Passito (12 mesi).

LE TENDENZE: Superficie. La superficie rivendicata non è un dato significativo. Spesso la scelta vendemmiale è una decisione annuale o il vino proviene da una denominazione superiore per riclassificazione nei primi mesi di vita. Pertanto, non si può individuare una tendenza per l’area vitata. Produzione effettiva. La produzione esprime un andamento alterno, che rispecchia la maggiore o minore qualità dell’annata e la sua fertilità in generale. Questo appare evidente nel 2012, annata di bassa produzione. Anche la Doc Piemonte ne ha risentito e ha avuto una rivendicazione minore (183.177 ettolitri). Il dato produttivo è tornato a salire nel 2013 (284.161 ettolitri) e pure nel 2014 (354.050 Hl). La produzione media tra il 2009 e il 2014 è stato di 268.908 ettolitri. Imbottigliamento. Gli imbottigliamenti altalenanti dipendono dal vino disponibile e dalla qualità dell’annata. La conferma viene dall’ultimo periodo (1° luglio 2014-30 giugno 2015). Un’annata incerta qualitativamente (il 2014) ha orientato molti vini alla Doc Piemonte (36.996.000 bottiglie). Il dato medio degli imbottigliamenti nei 6 anni è stato di 35.662.778 pezzi. Giacenze. L’andamento positivo degli imbottigliamenti nell’ultimo anno ha influenzato le giacenze, che sono cresciute, ma in modo contenuto: appena 8.500 ettolitri in più del periodo prima. In tutto il periodo (2010-2015), il valore medio delle giacenze è stato di 146.256 ettolitri, poco più del 54% di un’annata.

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