Etichetta alimentari. Torna l’obbligo di indicare stabilimento di produzione o confezionamento. Ma sull’origine valgono solo le dop. Se riso, pasta e tartufo sono tutti italiani perché non certificarlo?

inserito il 9 Novembre 2015

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha reso noto nei gironi scorsi che, nel corso del Consiglio dei Ministri, si è dato il via libera definitivo del Governo al disegno di legge di delegazione europea, che prevede la reintroduzione dell’indicazione obbligatoria della sede dello stabilimento di produzione o confezionamento per i prodotti alimentari. Ora la norma arriva in Parlamento per l’approvazione.

L’obbligo di indicazione della sede dello stabilimento riguarderà gli alimenti prodotti in Italia e destinati al mercato italiano.

«La trasparenza delle informazioni in etichetta – ha affermato il Ministro Maurizio Martina – è un tema cruciale. Oggi abbiamo dato un’altra risposta concreta ai consumatori e a tutte quelle aziende che, anche nel corso di questi mesi, hanno continuato a indicare lo stabilimento di produzione nelle loro etichette. Vogliamo garantire informazioni sempre più chiare e precise. È chiaro che questa è una battaglia che vogliamo portare avanti non solo a livello nazionale ma anche europeo, perché valorizzare la distintività del nostro modello agroalimentare passa anche da qui».

Indubbiamente una buona notizia per l’Italia che è e resta patria di grandi agroeccellenze. Rimane, tuttavia, e il ministro con la sua dichiarazione sembra confermarlo, la necessità, non solo per l’Italia ma per tutti quegli Stati che fanno della biodiversità alimentare la loro bandiera, di indicare in etichetta non solo luoghi di produzione e confezionamento, ma anche, diremmo soprattutto, l’origine delle materie prime che servono per fare quel cibo.

Perciò, sulla base di quello che già fanno di disciplinari delle dop, sarebbe bello e giusto sapere se stiamo mangiando una pasta italiana fatta solo di grano italiano o se sia stato usato anche grano di qualche altra parte del mondo; così anche per altri cereali di largo consumo, come il riso o per altri alimenti come la frutta o la verdura che spesso sono venduti sulle bancarelle senza le indicazioni che si possono trovare nei supermercati.

E a questo proposito un paio di segnalazioni d’attualità: funghi e tartufi per i quali cercatori e rivenditori, a nostro parere, dovrebbero avere l’obbligo di indicare e certificare (sotto propria responsabilità) l’origine. Qualcuno si sta già muovendo (leggi qui). Ma ancora c’è nulla anche a livello europeo. Giusto che anche per questi alimenti sia introdotto l’obbligo di indicarne l’origine, se non per trasparenza e onestà almeno per giustificare prezzi, in aumento o in ribasso.

SdP 

 

Lascia un Commento


I commenti inviati non verranno pubblicati automaticamente sul sito, saranno moderati dalla redazione.
L’utente concorda inoltre di non inviare messaggi abusivi, diffamatori, minatori o qualunque altro materiale che possa violare le leggi in vigore.
L’utente concorda che la redazione ha il diritto di rimuovere, modificare o chiudere ogni argomento ogni volta che lo ritengano necessario.