Eataly, la catena di supermercati del gusto nata in Piemonte, ha annunciato la fusione con Coop (leggi qui) e, pochi giorni dopo, Grom, la catena di gelaterie “tradizionali” nata in Piemonte, la vendita a Unilever (leggi qui). Subito è scattato il coro dei “no”. In molti hanno gridato allo scandalo denunciando il “tradimento” delle origini, del “buono” e del “genuino” a favore del business.
A parte il fatto che non è detto che multinazionali e grande distribuzione significhino omologazione e fiera del precotto, c’è da considerare una cosa semplicissima: sia Oscar Farinetti, l’imprenditore albese prima a capo di Unieuro e poi di Eataly, sia Federico Grom e Guido Martinetti, giovani manager ideatori e fondatori dell’impero gelatoso, non sono dame di carità ma gente che fa affari. E il fatto che per farli abbiamo cavalcato, e bene, il gusto italiano, la tradizione della buona tavola, le eccellenze agroalimentari del “made in Italy”, non è assolutamente disprezzabile. Anzi.
Poi ci sono tante fumature. Farinetti e il duo d Grom sono furbi? Meno male! Avete mai visto un imprenditore stupido? E se lo è il fallimento è assicurato. Poi c’è chi si chiede se la fusione con Coop e la vendita a Unilever snatureranno le caratteristiche rispettivamente di Eataly e Grom. Certamente no. Perché è interesse di chi si “fonde” e di chi acquista esaltare e valorizzare (ovviamente pro domo sua) il meglio del partner e di cosa si è è acquisito. Ma ve lo immaginate Fiat (anzi Fca) che compra Chrysler per rifare la Duna.
Quindi, per favore, lasciamo da parte lo sport tipicamente italiano di stracciarsi le vesti su tutto e proviamo a guardare oltre il nostro naso. Fuori dalla politica dell’orticello c’è un mondo da conquistare. Gli strumenti ci sono. E si dovrà usare una multinazionale, una holding o una coop per diventare finalmente grandi, pazienza. Del resto per crescere bisogna non, come dice qualcuno, scendere a compromessi, ma cambiare il proprio punto di vista, renderlo più maturo, più adeguato alle proprie esigenze e, nel caso di un’impresa, a quelle del mercato che poi sono i consumatori. Ma ve lo immaginate (di nuovo) la Ferrero di Alba se non avesse scelto di produrre la Nutella in grande scala (mantenendo nonostante la dimensione multinazionale proprietà e conduzione famigliare) e fosse restata una piccola pasticceria nel cuore della capitale delle Langhe? Suvvia, dunque, invece di stracciarci le vesti cresciamo. Che il resto del mondo lo sta facendo.
F.L.