A Canelli un secondo consorzio di tutela dell’Asti spumante? «Già fatto quarant’anni fa»

inserito il 19 Gennaio 2010

Diaspora dal Consorzio dell’Asti. Accadde già tra gli Anni ’60 e ’70. In quel periodo convissero due Consorzi: uno ad Asti l’altro a Canelli. Sdp ha ricostruito questa storia quasi dimenticata. «Alla base di quel divorzio, a mio parere, ci sono le stesse divergenze di oggi: scarsa visibilità, promozione insufficiente per un vino che enormi potenzialità che non vengono sfruttate». A parlare, da Alassio, in Liguria, dove si è trasferito da anni, è Carlo Mighetti. Un passato da assicuratore in quel di Canelli è oggi al timone, in Riviera, di una società che organizza eventi e manifestazioni tra cui il concorso “Il più bello d’Italia”, gara che premia la bellezza italica maschile.

Signor Mighetti dopo le defezioni eccellenti di queste settimane dal Consorzio dell’Asti c’è chi ipotizza addirittura la creazione di una struttura parallela. Qualcuno dice che fu fatto già quarant’anni a Canelli. È vero?

«È vero. La sede era nel mio ufficio di allora, in piazza della Repubblica a due passi da piazza Gancia. Io ero il segretario. Ne facevano parte 25 aziende con nomi di punta dell’enologia di allora. Qualcuna è famosa ancora oggi»

Per esempio?

«Tra gli altri mi sembra di ricordare Marchesi di Barolo e Ariano di Santo Stefano Belbo. L’ente era stato denominato “Consorzio dei vini tipici di Langhe e Monferrato”. Comprendeva tutti i vini pregiati piemontesi: Asti e Moscato, ma anche Barolo, Barbaresco, Barbera e Dolcetto. L’obiettivo era quello di far parlare il vino piemontese con una voce sola; un progetto innovativo per quegli anni e, mi sembra, anche per oggi»

Quale era l’attività e quanto durò?

«Lavorammo per una decina d’anni. Il Consorzio si occupava di tutelare la qualità dei vini, con degustazioni e analisi, e promuoveva il prodotto. Per alcuni anni partecipammo, con successo, alla Fiera Campionaria di Milano»

Poi?

«I dissapori e le divergenze con il Consorzio di Asti furono appianati. Le aziende preferirono rientrare nell’ente che contava le grandi Case spumantiere e noi chiudemmo i battenti. Rimasi dispiaciuto e amareggiato. Nonostante viva in Liguria da molti anni mi sento ancora profondamente canellese e le ultime vicende dell’Asti mi hanno rattristato. È un vino che merita molto più successo e considerazione di quanto non abbia ora, in Italia e nel mondo»

Fin qui la storia del Consorzio canellese dell’Asti che quanto meno aveva scelto come sede una città, Canelli, all’interno del territorio di produzione mentre oggi, e da anni, entrambe le sedi consortili si trovano ad Asti e Isola d’Asti, di fatto fuori dall’area dove si coltiva il moscato.

Intanto l’ente guidato da Paolo Ricagno ha diffuso un comunicato ufficiale dal titolo significativo “Punto e a capo per l’Asti docg”. Oltre a confermare quanto il presidente aveva già dichiarato a Sdp, cioè l’accoglimento delle dimissioni dal Consorzio di Gancia, Martini & Rossi e della cantina sociale Vallebelbo insieme al progetto di riprendere un’azione di promozione in Italia e all’estero e al rinnovo del cda, vi si legge che, «…non verrà lasciato spazio a divisioni interne che potrebbero sottrarre energie al raggiungimento dell’obiettivo comune». Insomma la dirigenza consortile mostra i muscoli e afferma la propria leadership. Basterà a superare divisioni e invidie?

Infine un comunicato per alcuni lettori del nostro blog che ci hanno accusato di essere troppo “asticentrici”. È vero, ma non facciamo “mea culpa”. L’Asti spumante con i sui quasi 100 milioni di bottiglie vendute ogni anno è il vino più venduto, checché ne pensino toscani, veneti (ministri o governatori regionali) e soprattutto piemontesi che sono sempre molto bravi a smontarsi e smontare le eccellenze di casa propria.

Inoltre, tanto per non sembrare sempre dei romanticoni slegati dalle cose terrene, diciamo che il comparto del moscato fa muovere, dalla vigna allo scaffale, qualcosa come 500 milioni di euro, coinvolgendo un territorio di 52 Comuni, tre province piemontesi (Asti, Alessandria e Cuneo), dove operano 40 case vinicole, 7 mila aziende agricole e 15 mila addetti.

Ce n’è abbastanza per continuare ad occuparci dell’argomento? Noi crediamo proprio di sì.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

1 Commento Aggiungi un tuo commento.

  1. giovanni bosco CTM 20 Gennaio 2010 at 10:03 -

    In quel periodo io lavoravo come impiegato presso la Ditta Ariano di Santo Stefano Belbo e mi ricordo che il Consorzio di Asti aveva proposto per l’approvazione a Roma il disciplinare dell’Asti Spuamnte dove si prevedeva il taglio del moscato con una percentuale di barbera (il moscato era troppo dolce e mancava di acidità). Il Consorzio di Canelli non era d’accordo e fece una controproposta dove non si prevedeva nessun taglio.Lavorai tutta una notte a battere a macchina un nuovo statuto che al mattino gli On.Sarti, Bima ealtri parlamentari piemontesi presentarono a Roma e riuscirono a farlo approvare. Così grazie al Consorzio di Canelli L’Asti Spumante, allora il Moscato d’Asti era praticamente inesistente, non subì nessun taglio. Fu una grande vittoria a dimotrazione che in alcuni casi due enti sono meglio di uno solo.

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