Il Brachetto ha il suo bell’accordo. Trovato, come al solito succede in Piemonte, dopo interminabili discussioni che mettono in risalto più le ruggini personali che reali problemi di comparto. Ma veniamo all’accordo. Grosso modo si attesta su quello che ci si attendeva: resa a 36 quintali/ettaro per il docg, 43 per il doc, prezzo delle uve docg a 1 euro al chilo, 0,40 per le eccedenze, con il blocage/deblocage fino a 20 quintali/ettaro cioè la quota di riserva che può diventare docg se il mercato la richiede e la cui differenza di prezzo, qualora ci sia lo sblocco, va in un fondo che gestisce accordo e iniziative promozionali. Tra i dispositivi difficili da spiegare al pubblico, ma che piacciono tanto a giornalisti e tecnici del settore, c’è anche quello, suggerito dal direttore di Confagricoltura Asti, Francesco Giaquinta, che, in prospettiva, quando ci sia lo sblocco di eccendenze che diventano docg, per la prossima annata fa partire la resa minima automaticamente da resa dell’anno precedente aumentata della quota di sblocco a cui si aggiungerà ulteriore fetta di blocage/deblocage. Insomma un meccanismo che dovrebbe fare crescere il ricorso delle aziende spuamtiere alla docg, facendo lievitare anche il reddito agricolo che per l’annata 2015 si attesta attorno ai 6 mila euro/ettaro netti. Distante dalle quotazioni d’oro del Brachetto di alcuni anni fa (l’uva era arrivata a valere anche 2 euro al chilo), ma tuttavia in grado, secondo molti osservatori, a riportare in auge un vino che comunque dà da vivere a molte famiglie dei 26 Comuni della zona di produzione tra Astigiano e Acquese. Ora, comunque, la palla passa alle Case vinicole. Sono loro che devono vendere le bottiglie. Non si scappa. Al Consorzio, condotto da Paolo Ricagno, anche in questo frangente di trattativa, toccherà come da legge difendere la denominazione e valorizzarla. Difficile compito con volumi e valori ribassati, ma non impossibile considerate le caratteristiche di un vitigno coltivato solo in Piemonte e non in tutto il mondo come accade, ad esempio, per moscato o barbera.
Dunque accordo fatto. Con soddisfazione dell’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Giorgio Ferrero, che a SdP ha dichiarato: «Quando si arriva ad un’intesa comune è sempre un cosa positiva. Il mondo del Brachetto aveva bisogno di questo. Ora c’è bisogno che tutta la filiera si impegni a far ripartire il settore. Si può fare, ma lo sforzo deve essere corale, sia pure tra le diversità. L’accordo siglato guarda al futuro, è in crescendo. Sono certo sia una buona base su cui costruire molti progetti di mercato».
Dal Consorzio gioiscono. Nella nota stampa diffusa ai media si legge la dichiarazione di Ricagno che ha detto: «È stato un traguardo importante che dà stabilità al comparto. È quello che come consorzio ci siamo sempre prefissi. Ora il settore può crescere e guardare al futuro con più serenità, sia dal punto di vista economico che commerciale»”.
La prima associazione di categoria che si è espressa dopo la firma dell’accordo è Confagricoltura Asti che, attraverso il suo direttore, Francesco Giaquinta, ha rivendicato il merito della mediazione che ha portato all’intesa. Dice Giaquinta in una nota ufficiale:«Quello 2015 è un accordo in crescita e sviluppo, strutturato in tre anni, raggiunto con la mediazione determinante di Confagricoltura Asti e che dà stabilità e prospettive ad un comparto che ne ha un bisogno vitale». L’associazione sottolinea come “a sbloccare la situazione è stata la proposta avanzata da Giaquinta di sottoscrivere un accordo triennale (2015/2016/2017), dove le rese per ettaro sono agganciate al prodotto venduto con la possibilità di crescere in base alla quantità del blocage/deblocage realmente utilizzato. Ed è lo stesso Giaquinta a spiegare: «Nella concretezza se alla resa di quest’anno, 36 quintali/ettaro, si aggiungeranno 4 quintali dei 20 previsti dal blocage/deblocage, ebbene la resa minima della prossima vendemmia 2016 partirà da 40 quintali/ettaro, cioè dalla resa dell’anno precedente aumentata dalla quota sbloccata di eccedenze a cui si potrà aggiungere un’eventuale quantità di blocage/deblocage sempre relativa ai 20 quintali/ettaro di riserva». Infine la chiosa: «Progettualità, quote che soddisfano le esigenze della parte agricola e di quella industriale e della cooperazione, stabilità del comparto e un reddito agricolo che si attesta, per la vendemmia 2015 già quasi terminata, attorno ai 6 mila euro/ettaro netti (l’uva sarà pagata 1 euro al chilogrammo e non ci saranno trattenute) e che ha possibilità di crescere nel futuro di pari passo con gli incrementi del mercato. Queste sono le basi concrete per un rilancio vero».
Pierluigi Botto, di Assobrachetto, è ottimista: «Siamo abbastanza soddisfatti dell’accordo. I vignaioli hanno ottenuto un risultato portando a casa una “fattura” di 6 mila euro ad ettaro. Merito delle associazioni agricole, Coldiretti su tutte, che hanno tenuto duro. Ma anche le Case spumantiere sono sembrate soddisfatte dell’intesa. Ora guardiamo al futuro di un vino che ha grandi possibilità»
Fino a qui le posizione ufficiali a cui devono seguire fatti concreti, cioè vendite e rilancio. Le Case spumantiere hanno tutte le carte in regola per farlo, in Italia e all’estero. Se poi, come si vocifera nell’ambiente, altri importanti marchi stanno per entrare nel mondo del Brachetto, beh allora il “sole dell’avvenir” potrebbe avere una bella sfumatura rosa Brachetto.
SdP