Sdp lo aveva pubblicato il 30 dicembre 2009. Sulle pagine astigiane del quotidiano La Stampa la notizia, con grande rilievo, è comparsa una settimana dopo, il 5 gennaio 2010. La Barbera d’Asti docg avrà la sua campagna promozionale di valorizzazione.Partirà in primavera. Enzo Gerbi, presidente del Consorzio dei vini d’Asti e del Monferrato, ha confermato al giornale torinese quello che aveva anticipato a noi di Sdp. Già stanziati 400 mila euro, da fondi regionali. Altri 200 mila sono stati messi a disposizione dalla Provincia di Asti per l’evento “Barbera Meeting” che si svolgerà a marzo e coinvolgerà buyers e giornalisti italiani e stranieri.
Ancora top-secret slogan e particolari della campagna che si dipanerà soprattutto su giornali e mezzi pubblici. In arrivo anche presenze sul web.
Ora non resta che convincere i produttori che la Barbera d’Asti docg è un vino dalle potenzialità fortissime e che va difeso da derive baroleggianti.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
Caro Massimo, commento articolato e appassionato il tuo. Condivido l’impostazione sul territorio. Anche per me è la chiave di volta per rilanciare il vino tipico piemontese. Tuttavia non vedo iniziative in questo senso. I piemontesi sembrano non riuscire a trovare l’orgoglio dei propri vini. Io ricordo lo slogan degli anni Ottanta della maison Barbero di Canale: “Arriva i piemontesi!”. Oggi quanti oserebbero tanto? Siamo stretti in una morsa di politically corect che ha ingessato persino la réclame. Io, però, spero in un colpo d’ala. Che cuoi… sono un inguaribile sognatore
Buona Barbera!
Filippo
Caro Filippo,
leggo purtroppo con un sorriso malinconico questo articolo sul Barbera d’Asti docg.
Come tu ben sai la mia famiglia da 4 generazioni ha dedicato “anima e corpo” a questo meraviglioso vitigno ed ancora oggi “la Barbera” rappresenta il cuore pulsante della nostra azienda.
Per l’amore ed il profondo impegno che la nostra famiglia infonde nel Barbera mi sono permesso di scrivere un commento.
Quello che non riesco proprio a spiegarmi come si voglia pensare di valorizzare e portare all’eccellenza un vitigno che non è patrimonio esclusivo del territorio astigiano: non possiamo infatti negare alle altre regioni del Piemonte, o dell’Italia stessa, di saper produrre vini eccellenti da questa uva.
La storia stessa penso che abbia da sempre insegnato che il vero valore “aggiunto” in grado di portare o meno un vitigno all’eccellenza sia proprio il TERRITORIO: Bordeaux per Cabernet Sauvignon e Merlot, Borgogna per il Pinot Nero, Chablis per lo Chardonnay, Sancerre e Poully per il Sauvignon… ma nella nostra bella Italia Barolo, Barbaresco, Roero per il Nebbiolo, Gavi per il Cortese (e questo penso sia proprio l’esempio più ecclatante…), Diano o Dogliani per il Dolcetto, Chianti, Montalcino, Montepulciano, Carmignano, Morellino e chi più ne a più ne metta per il Sangiovese, Franciacorta per una varietà infinita di vitigni…
A me sembra di capire che la storia abbia insegnato ed ancora insegni che il vitigno è solo una delle componenti dell’eccellenza di un vino: pensiamo se in Toscana invece di creare delle doc di “territorio” avessero identificato i vini come: Sangiovese di Chianti, Sangiovese di Montalcino, Sangiovese di Montepulciano, Sangiovese di Carmignano, Sangiovese di Scansano, …. ??? Chi ci si raccapezzerebbe più…?
E qualcuno mi spiega la differenza di valore, di immagine e commerciale (intesa come prezzi delle uve e dei vini sul mercato) di una certa uva chiamata Cortese, che quest’anno ha raggiunto come la Barbera livelli di “disperazione”, rispetto al Gavi? Eppure sono esattamente la stessa uva… Per quale motivo i produttori di Gavi non hanno esitato a togliere dalla loro denominazione la varietà.
E invece qui in Piemonte cosa succede? Esattamente questo: Barbera d’Asti, Barbera del Monferrato, Barbera d’Alba, Barbera dei Colli Tortonesi, Barbera dei Colli Novaresi… e così vai con la guerra a chi è il più bravo a parlare male delle doc concorrenti.
A questo punto vorrei che qualcuno mi spiegasse su cosa si baserà la valorizzazione del Barbera d’Asti docg rispetto a tutte le altre “eccellenti” barbere prodotte nelle altre denominazioni.
Non era meglio pensare di valorizzare veramente il nostro territorio con un semplice ragionamento: la Barbera prodotta nell’astigiano ha un “Valore Aggiunto” unico ed inimitabile grazie alla vocazione delle nostre colline, della composizione dei nostri terreni, del nostro particolare microclima.
Perchè i Francesi da sempre “maestri” della comunicazione e della valorizzazione hanno e continuano a basarsi su quella mitica parolina che si chiama “Terroir” e noi piemontesi, con un pò di testardaggine che da sempre ci contraddistingue, non vogliamo capire che questa è “la chiave di volta”?
Ultima, ma fatidica, domanda: a cosa è servita allora la creazione delle sottozone (Nizza, Tinella, Colli Astiani) avvenuta a partire dalla vendemmia 2000 se si è fatta di tutta l’erba un fascio portando a docg tutta la Barbera d’Asti.
Cosa ne penserebbero gli amanti dei grandi vini nel mondo se oggi parlassimo di un NIZZA DOCG che rappresenta l’eccellenza, l’unicità e l’identità della Barbera prodotta nell’Astigiano, come Nebbiolo in Langa quando si chiama BAROLO?
Alla domanda “perchè Nizza e non più Barbera” la risposta sarebbe la più bella ed entusiasmante che esista? Perchè proprio il territorio del Nizza rende la Barbera così unica, distinta ed eccellente rispetto alle altre… e nessuno avrebbe nulla da ridire perchè… noi produrremmo “NIZZA” e tutti gli altri Barbera.
Vorrei inoltre capire il perchè “dobbiamo convincere i produttori che la Barbera d’Asti docg è un vino dalle grandi potenzialità e che va difeso da derive baroleggianti”.
Penso che più che i produttori vadano convinti i consumatori delle potenzialità del nostro vino, in quanto sono loro che possono decretarne il successo e permettere che l’economia delle nostre zone sopravviva… mentre invece guardando la realtà mi sembra che la strada sia più che mai disperata: come potranno i contadini sopravvivere con i prezzi medi che le Cantine Sociali pagheranno quest’anno la Barbera? Quelli che sorridono sono sicuramente i grandi imbottigliatori che portano sul mercato milioni e milioni di bottiglie di Barbera a prezzi mi permetto di dire ridicoli: basta entrare in un qualunque Lidl per rendersi conto.
E quali sono le “pericolose derive baroleggianti” da cui difendere la nostra Barbera? Io vorrei tanto che l’immagine e la reputazione nel mondo della nostra Barbera astigiana fossero al pari del Barolo: ma purtroppo per le esperienze personali che ogni giorno vivo nel mio lavoro, devo dire che la realtà ahimè e ben diversa.
Comunque, come diceva il “Buon Giacomo” (al quale io sottoscritto ancor oggi farei un monumento fra i più belli che mai siano stati costruiti): VIVA LA BARBERA!!!
Massimo Pastura