Piemontesi del vino fermi tra beghe, liti e progetti “a lungo termine”. E intanto gli “enofurbetti” scippano le denominazioni più pregiate

inserito il 14 Novembre 2014

I Consorzi di tutela indaffarati a fare promozione “a lungo termine”, a far valere l’erga omnes o a dirimere beghe interne. E intanto gli enofurbetti nel mondo usano a piene mani il “piedmont souding” e scippano prestigiose denominazioni vinicole, Asti e Barolo su tutte. Per verificare basta fare il solito rapido “giro” su Internet.

Asti e Moscato docg Usa style

moscato style

Cominciamo dall’Asti docg, perché è la denominazione più grande in termini di volumi e valore totale, attorno ai 100 milioni di bottiglie per circa 300 milioni di euro l’anno; coinvolge una grande fascia geografica, 52 Comuni tra le province di Asti, Cuneo e Alessandria, e molte persone, 4000 famiglie, una trentina di aziende spumantiere, gli addetti, compreso l’indotto, sono sui 15 mila. Non solo questo. Nonostante i numeri, certo non da crisi, nonostante le passate campagne anti tarocco del Consorzio di tutela, l’Asti resta la denominazione più imitata all’estero. Ci sono spumanti dolci statunitensi che sono presentati come “Asti Style” (leggete qui, qui e qui), ma non sfugge neppure il Moscato d’Asti (leggete qui). Il tutto mentre il comparto del moscato litiga a colpi di carta bollata e denunce su questioni molto meno strategiche rispetto a quello che sta accadendo nel mondo. Che dire? Speriamo che ci vada bene in Cina dove il Consorzio di Tutela è impegnato con grande impiego di risorse e persone per l’iniziativa Lady Asti di cui ultimamente, per la verità, non si è saputo molto.

Ancora vini Barolo & c. fatti con la “polverina” 

barolo styleAlcuni mesi fa il Consorzio di Tutela del Barolo e del Barbaresco aveva annunciato, con leciti orgoglio e soddisfazione, la chiusura di decine di annunci Internet che vendevano i famigerati kit wine, quelli che in Canada e Usa servono per fare il vino a casa con le bustine piene di improbabili polverine. Roba da piccolo chimico insomma. Coldiretti ne aveva fatto un cavallo di battaglia. Immancabile il servizio di Striscia La Notizia e Jene. Noi avevamo avevamo qualche dubbio. E infatti sul web la vendita di kit wine di sedicenti Barolo e Barbaresco non si è fermata. Leggete quiqui e qui. E non manca neppure la Barbera, qui, anche se non si tratta di una denominazione blindabile visto che il vitigno è coltivato ormai un po’ dappertutto, oltre che in Piemonte anche in Usa e Australia.

Che fare dunque? Beh, prima di tutto attivare gli strumenti di tutela che i Consorzi hanno, magari mobilitando gli avvocati, non per fare le scarpe al collega produttore che sta sullo stomaco, ma per fare in modo che il nome Asti, associato ad un vino spumante, indichi solo ed esclusivamente la docg e non una volgare imitazione, così anche per Barolo e Barbaresco.

E visto che Internet è anche, anzi, soprattutto socialmedia, guardate che cosa abbiamo trovato su Facebook digitando Asti spumante, la definizione dell’Asti docg più conosciuta all’estero: leggete qui, qui. Ma i gruppi, le persone, le aziende che usano questo nome sono decine. Anche la denominazione Moscato d’Asti su Fb è utilizzata per singoli, gruppi e aziende che con il Moscato d’Asti non hanno nulla a che fare. Meno artefatti Barolo, Barbaresco e Barbera che, spesso, sono cognomi. Resta, tuttavia, diffuso l’uso distorto, del nome di vini che andrebbero tutelati. Non fosse altro perché rappresentano risorse economiche non indifferenti. In un momento di profonda crisi come quello che stiamo attraversando non è poco.

SdP 

 

 

 

 

 

 

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