Nel menù piemontese proposto dal Corriere della Sera, ignorati Barbaresco, Asti spumante e Moscato d’Asti, ma anche cappone, torta di nocciole e torrone. Ecco gli eno-orrori della “scuola di cucina” di via Solferino

inserito il 1 Dicembre 2009
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Le pesche-mousse di Leiweb-Corriere (da Internet)

Ci sono la Favorita delle Langhe e il Rosso del Pinerolese, il Barbera d’Alba, il Roero Arneis e il Barolo, sono consigliati persino vini meno conosciuti, come il Lago di Caldaro, il Valcalepio Bianco o l’Amalfi Rosso. Ma mancano del tutto eno-vip come Barbaresco, Barbera d’Asti, Loazzolo doc e, con i dolci, non c’è menzione per i due vini dolci italiani più venduti in Italia e al mondo, Asti e Moscato d’Asti docg. Però sono indicati il Moscato dell’Oltrepò, quello rosa dell’Alto Adige e, finanche, la Cagnina di Romagna. Sono gli ennesimi errori degli eno-asini della cosiddetta “scuola di cucina” del Corriere della Sera.L’edizione è quella del primo dicembre 2009. Mancano poco più di venti giorni al Natale e il Corrierone, diretto da Ferruccio de Bortoli, nella versione on-line mette in rete il supplemento pseudo glamour Leiweb di Amica. In materia di enogastronomia abbiamo già avuto modo di rilevare le pesanti imprecisioni della redazione di questo magazine tanto radical-chic quando malfatto. Beh, con il Natale alle porte vuoi non parlare di ricette e vini? E quale momento migliore per tirar fuori dal cilindro la cucina piemontese. Ebbene sotto il titolo “Cucina piemontese” c’è una serie di ricette a dir poco scontate (due per tutte: bagna cauda e panna cotta) accompagnate da vini abbinati alla carlona. Qualche esempio? Intanto, tra i piatti, non c’è traccia del cappone, piatto cult del menù piemontese. Per quanto riguarda i vini mancano varietà importanti, che addirittura hanno fatto e fanno la storia dell’enologia italiana nel mondo come Barbaresco e Barbera d’Asti. Come non bastasse con ricette dolci che lasciano perplessi (pesche con mousse di amaretti? Variazione snob delle pesche all’amaretto?) non vengono citati né Asti spumante né Moscato d’Asti docg, vini che, oltre ad essere un vanto italiano, vendono nel mondo oltre 100 milioni di bottiglie con un fatturato di centinaia di milioni di euro l’anno. Una roba che dovrebbe far rizzare i capelli in testa al presidente del Consorzio di tutela, Paolo Ricagno cisto che con tutti i soldi spesi per valorizzare l’Asti nel mondo e in Italia (il progetto quadriennale parlava di 40 milioni di euro) il Corriere manco si fila le bollicine dolci “made in Italy”.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

6 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. filippo 21 Febbraio 2012 at 18:27 -

    C’hai ragione, purtroppo… il fatto è che accade anche a Barolo… è successo a me: d’aperitivo mi hanno offerto un Prosecco, ma si può?

  2. Claudio 21 Febbraio 2012 at 10:40 -

    @a tutti
    E’ vero. In tutti i settori ci sono degli improvvisati e degli incompetenti. E’ vero che i nostri vini più prestigiosi dovrebbero essere conosciuti da tutti, citati e non dimenticati, ma provocatoriamente, vorrei sottolineare come, noi per primi, non siamo all’altezza di pubblicizzare i prodotti più prestigiosi del territorio. Ci si scandalizza che il Corriere abbia dimenticato di citare il moscato? Andate nei bar di Canelli e chiedetene un bicchiere… provare per credere…

  3. filippo 7 Ottobre 2010 at 08:50 -

    Caro Secondo, noi di Sdp speriamo di stare tra quelle rare eccezioni…

  4. secondo 7 Ottobre 2010 at 08:03 -

    I giornalisti (?!?), e la parentesi messa da Salvi è davvero azzeccata, sono diventati dei PR asserviti a chi meglio paga. Pubblicitari impreparati e da strapazzo.
    Questo se vogliamo dirla tutta senza infingimenti di maniera.
    Risultato: basta vedere la credibilità perduta ed il numero di copie sempre più esiguo dei loro “volantini”.
    Le eccezioni a questo andazzo sono sempre più rare. Purtroppo.

  5. filippo 1 Dicembre 2009 at 18:20 -

    Al solito, caro Adrian, siamo nelle mani di perfetti inetti… davvero rob de matt

  6. Adriano Salvi 1 Dicembre 2009 at 15:51 -

    Il problema è che “chiunque”, ripeto chiunque, si è messo a scrivere di enogastronomia….che ormai da anni è argomento buono per tutte le stagioni e soprattutto un diversivo ben accetto dai lettori in giornali e soci in rete, zeppi di ogni sorta di delitti, trans, mafia, Belen e Corona, crisi economica e naturalmente di tutte le malefatte del Berlusca….
    Nelle redazioni metropolitane il giornalista (?!?) di turno non è che si preoccupi più di tanto di documentarsi e studiare un argomento tutt’altro che semplice come l’enogastronomia, lo giudica tout court “futile” e prevede che ben che vada il suo “pezzo” venga letto da casalinghe annoiate e da turisti della domenica di “bocca buona”. Dimentichi della scuola di Luigi Veronelli, che era innanzitutto un uomo di cultura e poi un ineguagliabile cantore del buono, costoro finiscono per scrivere delle incredibili scemenze. rivelando un ignoranza che ai mie tempi avrebbe impedito loro di prendere la licenza elementare….Raccontano così quello che più o meno ricordano o che hanno assagiato nella gita del week-end che il milanese ha come rito (assai comprensibile) per scappare da quella caotica città. Va bene anche l’amarcord di una vecchia zia con il pallino della cucina, mischiato alle imperdibili trovate “trendy” di qualche chèf, ormai chiamarlo cuoco è da sfigati….che si cimenta in piatti tanto improbabili da non avere più un gusto definibile…. Per i vini poi consigli raccogliticci che dimostrano che chi scrive non sa nulla di vino….come di tutto il resto….però una volta stabilito che servono tot battute si inizia a scrivere a ruota libera idiozie e nel caso si viene anche pagati….come direbbero a Milano i vecchi milanesi veri : rob de matt…….

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