Posizioni distanti. Non c’era bisogno di un Consiglio comunale aperto (che si sè svolto giovedì sera ad Asti) per confermarlo. La città di Alfieri, Conte e Faletti vorrebbe entrare nella lista dei 52 Comuni dove si coltiva il moscato docg, ma una parte organizzata dei vignaioli (Assomoscato) e l’associazione dei Comuni del moscato dicono ancora “niet” e sventolano l’ultima sentenza del Consiglio di Stato che dà ragione a loro. Dov’è la notizia? Non c’è. L’unica novità è che gli attori di questa lunga, e francamente poco appassionante querelle che si trascina da alcuni anni tra sentenze di tribunali e parcelle di avvocati e spese processuali, per una volta se le son dette in faccia, senza la mediazione di costosi rappresentanti legali.
A noi, però, corre l’obbligo della cronaca. Dunque il Consiglio comunale aperto richiesto da due consiglieri astigiani: Mariangela Cotto, area centrodestra e ex assessore regionale, e Giovanni Pensabene, sinistra ex assessore comunale, che da alcuni mesi hanno avviato una campagna a favore dell’ingresso di Asti nella lista dei Comuni dove, da disciplinare, si può coltivare e produrre il moscato che diventa Asti e Moscato d’Asti docg. La loro azione inevitabilmente si è inserita nella querelle che da anni contrappone Zonin, che nel territorio di Asti ha una ventina di ettari di moscato, ad Assomoscato e Comuni della zona di produzione contrari all’ampliamento della zona al di fuori di ferrei iter burocratici.
Nel confronto di giovedì sera sono emerse le varie anime di questa storia. Noi di SdP le abbiamo riassunte nelle videointerviste che pubblichiamo qui a Pensabene, a Giovanni Bosco, presidente del Ctm il movimento d’opinione nato vent’anni fa dai comitati di base dei vignaioli, e a Franco Zuffellato, delle relazioni esterne del Gruppo Zonin. Poi ci sono stati gli interventi di produttori, consiglieri, sindaci. Chi a favore, chi contro.
Mariangela Cotto e Giovanni Pensabene hanno sostenuto il diritto di Asti e dei suoi vignaioli, che sono in procinto di fondare un’associazione a cui aderirà anche il Comune, di essere liberi di coltivare il moscato docg. «Perché storicamente c’era e fa parte delle nostre tradizioni contadine». E anche perché oggi, come è stato detto, le condizioni economiche della città, con industrie che chiudono e un settore commerciale in crisi, impongono la ricerca di nuovi redditi a sostegno del tessuto sociale. «Asti può dare molto al mondo dell’Asti docg – hanno sostenuto Cotto e Pensabene -, e in cambio ricevere tanto, senza danneggiare nessuno, né i vignaioli né i Comuni del Moscato»
Franco Zuffellato, per Castello del Poggio del Gruppo Zonin, ha illustrato la realtà che gli imprenditori veneti hanno creato alle porte della città (Portacomaro Stazione a poca distanza dalla casa del nonno di Papa Francesco che era originario di Asti): 160 ettari di vigne, 25 a moscato, una sessantina di addetti, 8 famiglie che abitano in loco la produzione di vini che hanno successo in Italia e nel mondo. «Tutti doc, tranne il nostro moscato. È un’anomalia da sanare e noi lo faremo anche se dovessimo rivolgersi all’Europa» ha detto il manager.
Porte chiuse (o socchiuse) da parte di Assomoscato. Dalla presidenza dell’associazione che raggruppa duemila vignaioli è venuto un “niet” deciso, almeno in tempi brevi e un rimando alle sentenze che hanno sanato «forzature e storture». La stessa cosa ha detto Giovanni Borriero, presidente dei Comuni del Moscato (di cui, per altro, curiosamente fa parte anche la città di Asti): «Asti rispetti gli iter che prevede la legge: 10 anni di sperimentazione e poi il sì di almeno il 60% dei vignaioli. Solo avendo questi via libera potrà avere il moscato docg». Ipotesi commentata così da Pensabene: «È un modo per toglierci dai piedi. Non lo accettiamo».
Sanguigno l’intervento dell’ex sindaco di Asti e parlamentare, Giorgio Galvagno: «Ho fatto per l’Asti e il Moscato docg molto quando ero primo cittadino. Lo offrivo a tutti, persino ai musulmani!». Battute a parte Galvagno ha ribadito il diritto di Asti a rivendicare il moscato docg.
È intervenuto anche Massimo Fiorio, parlamentare astigiano del Pd, ex sindaco di Calamandrana (Asti) e vicepresidente della Commissione Agricoltura della Camera. «In questa vicenda ci sono state forzature ed errori – ha detto -. Ora ci vuole dialogo e confronto. Solo così si può arrivare ad una soluzione condivisa che faccia il bene della filiera e dei vignaioli».
A fine riunione il Consiglio comunale di Asti ha votato un ordine del giorno che pubblichiamo, in cui si impegna la giunta a valorizzare Moscato e Asti docg e a trovare strade e sinergie per favorire l’ingresso del territorio comunale nell’area di coltivazione del Moscato.
Infine un paio di dichiarazioni raccolte da SdP. La consigliera Mariangela Cotto si è dichiarata soddisfatta della presenza al Consiglio dei vignaioli di Asti che sono intervenuti nel dibattito. «È la dimostrazione che i progetto dell’Asti docg ad Asti non è un’iniziativa di facciata, ma un’esigenza sentita da parte di coltiva queste terre». Il sindaco di Asti, Fabrizio Brignolo, ha commentato positivamente il Consiglio aperto: «Finalmente si sono messe da parte le carte bollate e si è aperto al confronto». Il primo cittadino vede il bicchiere mezzo pieno: «Da parte di Assomoscato e Comuni c’è stata apertura. Hanno dichiarato che non c’è preclusione nei nostri confronti. Dobbiamo partire da lì e mettere da parte contrapposizioni e polemiche, valorizzando al meglio Moscato e Asti docg nella nostra città».
Insomma qualcuno pensa che sia finita a tarallucci e moscato. Tuttavia, al di là delle dichiarazioni politiche o di convenienza, la sensazione (forse addirittura qualcosa di più) è che l’abbraccio tra il mondo del moscato, almeno una parte di quello militante, e la città del grande trageda non ci sia stato o, nella migliore delle ipotesi, sia stato rimandato a data da destinarsi.
Ma si sa in Italia tutto può accadere. Lunedì prossimo cambia il Cda del Consorzio per la Tutela dell’Asti, la cui assenza al Consiglio comunale aperto di Asti è stata per altro segnalata da Pensabene. Il rinnovo del Cda si è reso necessario dopo il rientro nell’ente delle aziende (Martini & Rossi, Fontanafredda, Toso) che ne erano uscite anni fa. Si parla di conferme e new entry. Ancora non c’è nulla di ufficiale. L’annuncio è previsto per lunedì 27 gennaio.
Intanto in questi mesi nato anche Agrinsieme Moscato (presidente il vignaiolo Pietro Cirio da Loazzolo), associazione scaturita dal nuovo soggetto di rappresentanza agricola che accomuna Confagricoltura, Cia e mondo delle cooperative. Agrinsieme Moscato raggruppa vignaioli e cantine sociali e sembra che abbia coagulato una fetta consistente della parte agricola.
Sul piatto potrebbero metterci anche le novità in ambito sindacale, con il rinnovo dei vertici della Cia astigiana con l’astigiano, Dino Scanavino, vignaiolo e compaesano dell’on. Fiorio da sempre sensibile alle vicende del moscato, in procinto di diventare presidente nazionale della Cia.
Come e se questi nuovi elementi influiranno sui delicati equilibri di una filiera in fermentazione perenne, resta tutto da vedere.
SdP
Le interviste
per dare un contentino a tutti coloro che su questo blog, e non solo, ripetono spesso che noi piemontesi non sappiamo far altro che litigare, vorrei fare un appunto sulla nascita di Agrinsieme, o meglio, sul giornale informativo che mi è giunto a casa che ne annuncia la creazione. innanzitutto vorrei sottolineare una piccola anomalia: da quel che mi risulta la Cia di Alba non è entrata nella nuova associazione. come mai? come è possibile che la stessa associazione abbia posizioni politiche così distanti? un altro appunto è che per fare un’associazione nuova e innovativa, che si vuole ergere a difesa degli interessi dei contadini, certi vecchi nomi personalmente io li avrei decisamente lasciati fuori. inoltre nelle ultime pagine dell’opuscolo giuntomi a casa c’è uno specchietto che sottolinea come certe persone, da anni presenti in paritetica e ora confluiti in Agrinsieme, abbiamo contribuito ad aumentare il reddito dei viticoltori. io personalmente sono rimasto indignato da quello schema, poichè si basa su dati tratti in ambito di una trattativa e non su reali posizioni. personalmente disapprovo completamente chi cerca di conquistare consensi attraverso i sentimenti “di pancia” delle persone, facendo leva sulla profonda ignoranza e buona fede di una buona parte del mondo contadino. premetto che si trattano di mie opinioni, ma mi son sentito insultato nella mia intelligenza da quello specchietto, e se proprio qualcuno deve farli, li faccia su quanti euro ad ettaro abbiamo perso ad ettaro da quell’anno che abbiamo fatto 115 quintali, anche grazie ad alcuni esponenti che adesso sono in Agrinsieme.