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Mille papaveri rossi
Dopo 80 anni di attività la Cantina Sociale di Canelli entra in liquidazione volontaria. «Colpa della crisi. Ma abbiamo tutelato soci e dipendenti»
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Dopo 80 anni di attività la Cantina Sociale di Canelli entra in liquidazione volontaria. «Colpa della crisi. Ma abbiamo tutelato soci e dipendenti»

«La situazione era diventata pesante. Nonostante le commesse e le ottime prospettive la crisi ha creato difficoltà tali che i soci hanno scelto la liquidazione volontaria della cooperativa». Parole di Roberto Marmo, imprenditore, già presidente della Provincia di Asti e deputato Pdl, che dal 2004 è presidente della Cantina Sociale di Canelli, nell’Astigiano, uno dei più antichi enopoli piemontesi, avviato nel 1933 e che oggi, a 80 anni dalla fondazione, imbocca la strada della chiusura.

Roberto Marmo
Roberto Marmo

A SdP Marmo ha raccontato dell’assemblea durante la quale i soci, circa 100, hanno preso atto del bilancio e approvato lo stato patrimoniale della società,  decidendo poi di intraprendere l’iter della messa in liquidazione volontaria.

«Una scelta sofferta, per me e i soci conferenti» assicura Marmo che ammette perdite per circa 1,8 milioni, «grosso modo il valore delle uve conferite dai soci» e spiega i termini della situazione societaria della eno-cooperativa famosa per il Moscato e per avere, qualche anno fa, concluso una joint venture con gli olandesi della Baarsma, multinazionale specializzata nella vendita del beverage e proprietari del marchio Canei, i vini aromatizzati creati dalla Luigi Bosca, poi passati a Pernod Ricard e quindi ai manager del Paese dei tulipani.

Dice Marmo: «Questa Cantina non chiude, non è fallita né ceduta a terzi. Continua l’attività, in attesa della liquidazione totale che vuol dire chiudere solo dopo aver pagato i debiti verso i soci e i fornitori. Edifici e macchinari (la Cantina ha sedi in via Buenos Aires e Bosca ndr) saranno dati in affitto ad una Srl – la Canelli Wine Trading, che si accollerà anche i dipendenti e continuerà la produzione e i rapporti con clienti e fornitori – controllata al 51% dalla Cantina. Ai soci conferenti andrà il 40% del valore delle uve conferite nel 2012, il resto, pagatri i debiti, sarà pagato entro due anni. Tutelati i 28 dipendenti che non perdono il lavoro e a cui gli stipendi sono sempre stati pagati regolarmente».

Marmo snocciola qualche dato: «La Cantina oggi ha un volume d’affari di 20 milioni di euro con una produzione annua di 15 milioni di bottiglie». Eppure si va alla liquidazione. «Si tratta di una situazione figlia di fatti contingenti acuiti dalla crisi internazionale che ha contratto i consumi, reso difficili gli incassi e stretto i cordoni del credito. Per 9 anni ho cercato di guidare al meglio la Cantina. Non è bastato» spiega il presidente che, oggi, non rinuncia a togliersi qualche sassolino. «Ultimamente su questa Cantina se ne sono sentite di tutti i colori – dice -. Per alcuni eravamo chiusi, falliti, insolventi, sul lastrico. Un gioco al massacro. E il sospetto che molte parole sia state dette solo perché il presidente ero io, persona impegnata e schierata in politica, mi ha sfiorato più di una volta. Tuttavia non ho mai nascosto la situazione. Il bilancio era noto a chi lo voleva vedere. Il resto, mi spiace dirlo, sono solo maldicenze gratuite».

Intanto, maldicenze a parte, nel cortile della cantina, mentre parliamo con Marmo, stanno caricando due enormi containers. La Cantina sarà pure in liquidazione, ma il suo vino continua a viaggiare.

SdP 

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