Nel Sud del Piemonte c’è un comparto di eccellenza, leader nel mondo, che, come molti altri, sta vivendo una situazione di disagio crescente. È quello delle aziende metalmeccaniche, del sughero e di altri componenti e servizi, che lavorano a supporto delle industrie enologiche e delle bevande.
In questo senso l’area della Valle Belbo, compresa tra Astigiano e Cuneese, ospita molte imprese enomeccaniche e di servizi di indiscussa leadership nazionale e mondiale.
Queste sono le loro storie ai tempi del Covid -19
Paolo Araldo (Gruppo Paolo Araldo – Calamandrana)
«Noi riforniamo di tappi, capsule, fusti, tini, botti e altri servizi legati alla produzione vinicola, molti produttori vinicoli che lavorano con l’estero. Il momento non è facile ed è pieno di incertezze. È questa la cosa che più preoccupa gli imprenditori come noi e del nostro settore in particolare. Quello che prevedo per l’immediato futuro è che da quando finirà l’emergenza e per molti mesi dovremo lavorare al nostro massimo per recuperare almeno parte del fatturato perso. Dovremo lavorare pancia a terra per mesi. Per fortuna è una cosa che sappiamo fare bene e l’area dove operiamo è in grado di mettere in campo tutte le contromisure del caso. Il Piemonte lo fa da tempo. Siamo terre di eccellenze in ogni campo. Lo dimostreremo anche questa volta. Cosa ne penso degli aiuti statali, di quelle che dovrebbero arrivare dall’Europa o dal sistema bancario? Lo dico con franchezza: non sono molto fiducioso. Gli ammortizzatori sociali non sono una panacea e sarà difficile lo diventino ora. Credo più nelle risorse della classe imprenditoriale e nella voglia di riscatto del Piemonte che sa fare e fa da sempre».
Paolo Marmo (Marmoinox – Canelli)
«Siamo un’azienda nata come produttrice di componenti enomeccanici, oggi ne progettiamo e costruiamo. Quindi siamo legati alla filiera del vino e del beverage. Da quando è cominciata questa emergenza e il Governo ha decretato la chiusura delle attività non essenziali, abbiamo avuto problemi, che per fortuna abbiamo risolto in breve tempo, con il nostro codice Ateco (è una combinazione alfanumerica che identifica le attività consentite ndr). I primi giorni di emergenza ho parlato ai nostri dipendenti. Ho detto loro che in questi momenti avremmo dovuto tutti fare del nostro meglio e anche di più. Io e mio fratello Roberto, da parte nostra, come datori di lavoro, li avremmo messi nelle condizioni migliori per operare. Hanno capito. Abbiamo favorito lo smart working, distanziato le postazioni di lavoro in officina e negli uffici. Poi, anche per dare un segnale di attenzione, ogni mattina mio fratello e io siamo i primi ad arrivare in stabilimento per controlliamo la temperatura a tutti i nostri ragazzi e ragazze. È un messaggio per dimostrare che noi ci siamo, che siamo un team unito. Aiuti pubblici? Vedremo, ma intanto dobbiamo essere noi a rimboccarci le maniche»
Alessandro Castagno (Eurostar – San Marzano Oliveto)
«Noi facciamo imbottigliatrici, saremmo quindi nella filiera che il Governo indica come essenziale. Non, però, secondo il nostro codice Ateco. In piena emergenza da Covid -19 abbiamo dovuto avere a che fare anche con questo ed è accaduto che aziende che fanno il nostro stesso lavoro sono rimaste operative perché in possesso di un codice giusto e noi no. Insomma in una situazione così particolare e urgente ci si aggrappa a regole che rallentano invece di favorire le imprese. Sui contraccolpi economici di Covd -19 penso, come tutti, che saranno importanti e dannosi. Le aziende come la mia lavorando per l’estero, subiranno gioco forza un rallentamento del lavoro. È un fatto: l’epidemia colpirà a rotazione le Nazioni straniere che si sono infettate dopo l’Italia. Gli effetti per l’indotto locale, che gira attorno al nostro settore, sarà potenzialmente catastrofico. Piccole officine, contoterzisti, professionisti, se non saranno aiutati in modo sostanzioso, faranno fatica a sollevarsi dallo stop forzato. Senza parlare di altre attività, come la ristorazione e l’accoglienza, che non sono direttamente collegate con la metalmeccanica, ma sono parte integrante del tessuto economico di quest’area. Senza supporti molti non si riprenderanno. Gli aiuti statali? La Cassa integrazione è un’arma a doppio taglio perché comunque è l’impresa, al netto di diverse disposizioni che oggi ancora non ci sono, ad anticipare stipendi e contributi. Le banche? La mia sensazione è che daranno soldi solo a chi darà forti garanzie».
Hicham Barida (Barida International)
«Da quando è partita l’emergenza pandemia noi stiamo lavorando a ritmo serrato e questo perché la percezione all’estero, ma anche in parte in Italia, della situazione che si sta vivendo in Piemonte è moltiplicata per mille e quindi non veritiera. Noi produciamo macchine per la produzione di spumanti metodo classico e riempitrici isobariche anche per altre bevande. Dall’Italia ci chiedono di consegnare impianti in breve tempo perché le industrie degli spumanti che stanno lavorando molto soprattutto per la grande distribuzione. Ce lo chiedono anche dall’estero, ma ci domandano anche se la situazione in Italia, in Piemonte, sia così grave e se le aziende siano tutte chiuse. Rispondiamo di no, che molti comparti sono operativi, che noi siamo operativi, anche se oggi in stabilimento siamo in quattro su quindici perché gli altri dipendenti abbiamo preferito lasciarli a casa per sicurezza, un concetto, quello della sicurezza sul posto di lavoro, che tutte le aziende del nostro settore hanno sentito come primario. Ecco, credo che comunicare che qui in Italia è in atto una lotta, ma che il Paese non è in ginocchio che, anzi, sta reagendo credo sia una delle cose migliori da fare. A chi mi chiede degli aiuti di Stato dico che lo Stato italiano farà quello che potrà. Io credo di più nella capacità di reagire degli imprenditori. Il che, detto da me che sono marocchino, sono arrivato qui, in Piemonte, anni fa e sono riuscito a costruire qui la mia impresa, non è poco».
Interviste raccolte da Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)