Università. Presentata la ricerca scientifica sulla Barbera d’Asti 2.0, un vino “design” che parte dalla vigna e cresce in eccellenza con l’aiuto della ricerca scientifica

inserito il 28 Settembre 2020

Davanti a un calice di un sorprendente spumante brut al 100% da uve barbera, durante una pausa della Douja d’Or, la manifestazione dedicata ai vini astigiani e piemontesi in corso ad Asti e che chiuderà i battenti il prossimo 4 ottobre, Filippo Mobrici annotava come il mondo del vino debba moltissimo alla ricerca scientifica in campo agronomico ed enologico.
«Il vino come lo conosciamo ora, gradevole, sano, con bevibilità, con differenti caratteri che sottolineano ed esaltano le sue origini più variegate, deriva dal lavoro dei ricercatori scientifici, sia in vigna sia in Cantina. Da lì sono nate e si sono diffuse le buone pratiche viticole ed enologiche».

Filippo Mobrici


È un ragionamento che sta a pennello come commento della presentazione, avvenuta qualche giorno fa, del progetto da titolo non certo laconico: “Caratterizzazione enologica dei vini prodotti nei territori della Barbera d’Asti come strumento di una loro migliore valorizzazione – Barbera 2.0”. Tante parole per presentare una ricerca voluta dal Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato, condotta da Vincenzo Gerbi, professore ordinario di Enologia all’Università di Torino che, come ha ricordato il moderatore della presentazione, il giornalista de La Stampa Franco Binello, «… è astigiano doc e se fosse albese gli avrebbero già fatto un monumento…».

A conferma il prof Gerbi ha presentato la ricerca con una diffusione di dati tecnici, informazioni scientifiche uniti a una semplicità e comprensibilità di linguaggio che solo i grandi scienziati e divulgatori hanno e che non è mai abbastanza riconosciuta loro.

Vincenzo Gerbi


Dunque Vincenzo Gerbi, insieme al sindaco di Asti, Maurizio Rasero, a Mario Sacco, presidente del polo universitario astigiano e della Fondazione CrAsti, e a Filippo Mobrici, presidente del Consorzio Barbera d’Asti e vini dl Monferrato, ha presentato una ricerca su oltre una decina di paesi nei cui territori si coltivano uve barbera per vinificare la Barbera d’Asti docg. Ne è venuto fuori un quadro della varietà biologica di un vitigno unico che, a seconda di posizione, terreno, tipo di coltivazione e varietà di cloni, «è un cavallo di razza che può andare al trotto o galoppare, ma anche tirare il carro» ha detto Gerbi.

Un vitigno duttile, che spazia dall’eccellenza assoluta alla più che dignitosa quotidianità, «La Barbera d’Asti è un vino di design – ha detto ancora Gerbi -, nel senso che come gli oggetti di design, attraverso la ricerca scientifica e la pratica in vigna e in Cantina, è in grado di ottimizzare le sue qualità producendo vini diversi a seconda delle sue caratteristiche intrinseche».

Concetto chiaro e semplice, forse già intuito dai vecchi contadini che sapeva esattamente che vino fare da ogni loro vigna. La sensazione è che la ricerca Barbera 2.0 abbia dato evidenza scientifica a queste conoscenze ancestrali ed empiriche le quali senza quelle evidenze non avrebbero avuto alcun valore.

Qui la cronaca della presentazione nella nota stampa diffusa dal Consorzio.

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Si chiama Barbera 2.0 il progetto firmato dal Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università degli Studi di Torino.

Uno studio iniziato nel 2017 orientato a individuare le peculiarità enologiche della Barbera d’Asti nelle sue vaste aree di coltivazione, pari a 5.425 ettari, che rappresentano il 12% di tutto il vigneto piemontese. Un’estensione molto ampia, diffusa fra 116 Comuni della provincia di Asti (4.540 ha) e 51 della provincia di Alessandria (885 ha), che ha stimolato una domanda: è possibile caratterizzare i vini prodotti in base a peculiarità enologiche riconducibili a zone specifiche all’interno della denominazione? Da qui la suggestione di dividere idealmente il territorio della denominazione stessa in zone uniformi, alle quali attribuire, attraverso un’analisi scientifica dei vini prodotti, valori chimici e profili sensoriali di riferimento ai quali produttori, comunicatori, consumatori e appassionati possono rivolgersi con fiducia e sicurezza.

Un lavoro che è partito con il reperimento di 111 etichette poste in esame, 82 di Barbera d’Asti Docg e 29 Barbera d’Asti Docg Superiore, con 5 sessioni degustazioni alla cieca e bottiglie anonimizzate. Un modo per elaborare un quadro analitico in grado di restituire tutta la complessità della Barbera, che cambia in sfumature chimiche e organolettiche in base all’area di provenienza, segno di grande ricchezza e versatilità di un vitigno così identitario.

Da un punto di vista di caratterizzazione enologica, la correlazione tra i profili sensoriali della Barbera d’Asti e le caratteristiche chimico-fisiche ha portato produrre dati utili per la classificazione dei vini. Da un punto di vista di caratterizzazione territoriale, avvenuta in primo luogo con la divisione dell’areale di produzione in territori distinti da omogeneità produttiva e condizioni pedoclimatiche equiparabili, sono state invece effettuate delle micro-vinificazioni sui campioni provenienti da 13 zone differenti rappresentate da altrettanti vigneti, le quali hanno portato a identificare caratteristiche peculiari e distintive in modo da favorire una caratterizzazione della denominazione sulla base di aree omogenee, ciascuna definita grazie alle caratteristiche chimiche e sensoriali dei vini prodotti.

I risultati, oltre a delineare una mappatura ancora più circostanziata delle zone della Barbera d’Asti aprendo nuovi spazi di valorizzazione e comunicazione per il futuro, serviranno anche a sostenere nuovi studi nella ricerca enologica a partire da un’area e una denominazione apprezzata in tutto il mondo. Un progetto realizzato grazie all’importante sostegno di Regione Piemonte e Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, che confermano di credere e investire nella ricerca attraverso l’appoggio a interventi concreti che ricadono virtuosamente sulle aziende e sul tessuto produttivo del territorio.

«Ricerca, innovazione e conoscenza sono necessarie non soltanto per ottimizzare le coltivazioni, ma anche per raggiungere livelli qualitativi sempre più alti – dichiara Filippo Mobrici, Presidente Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato Questo progetto, realizzato grazie all’importante sostegno di Regione Piemonte e Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, che confermano di credere e investire nella ricerca attraverso l’appoggio a interventi concreti che ricadano virtuosamente sulle aziende e sul tessuto produttivo del territorio, è il più grande progetto di ricerca che ha interessato il mondo della Barbera d’Asti, dopo quello sui lieviti autoctoni che ha portato a selezionarne alcuni ceppi di alto profilo per l’impiego nelle nostre cantine. La tutela del territorio e la valorizzazione dei suoi patrimoni passa anche attraverso operazioni di questo tipo».

«La Fondazione Cassa di Risparmio di Asti ha sostenuto questo progetto del Consorzio finalizzato a caratterizzare e valorizzare la Barbera, vino simbolo e prodotto trainante per la viticoltura e l’economia del nostro territorio dove le imprese hanno contribuito ad elevarne la qualità e l’immagine» asserisce Mario Sacco, Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Asti.

«Il progetto della caratterizzazione ha portato un triennio di lavoro intenso e operativamente articolato in due fasi – spiega Vincenzo Gerbi, Professore Ordinario di Enologia all’Università di Torino La prima è stata un’indagine dei vini Barbera d’Asti Docg presenti sul mercato, per effettuare una ricognizione generale del prodotto; la seconda quella delle micro-vinificazioni in condizioni uniformi, per far emergere unicamente le caratteristiche del territorio di provenienza delle uve, eliminando di fatto l’intervento della singola azienda. I risultati dimostrano una qualità alta e piuttosto uniforme delle uve, ma caratteri differenti di espressione, segno di una grande versatilità del vitigno. Questo, in termini pratici, può consentire ai produttori di avere più spazi di programmazione commerciale, di intercettare fasce di mercato che possano accogliere una singola espressione del vino. Da un punto di vista scientifico, inoltre, abbiamo avuto la possibilità di ampliare la banca dati della Barbera d’Asti, utile a futuri sviluppi nella ricerca».

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