i prodotti tipici del Piemonte
L’albicocca Tonda di Costigliole rappresenta un caso di perfetto adattamento cultivar ambiente, infatti, ha rappresentato, fin dall’inizio degli anni 80, la quasi totalità degli impianti di questo frutto nella zona in oggetto. La varietà è considerata autoctona in quanto se ne segnala la presenza nell’areale in questione, da tempo immemorabile. Si tratta di un’unica cultivar, come è stato evidenziato dai lavori svolti presso il centro di Sperimentazione Frutticoltura dell’Asprofrut a Cuneo, e, più recentemente, da una tesi di dottorato di ricerca svolta presso l’Università di Torino. La Tonda di Costigliole rappresenta un caso raro nel panorama varietale italiano. Si tratta, infatti, di una cultivar caratterizzata da un elevato grado di omozigosi, evidenziato dall’uniformità della progenie e riscontrabile nell’adozione della pratica di propagazione del seme che è ancora attualmente praticata nei frutteti familiari. Altre ragioni di carattere scientifico fanno ritenere che la sua origine sia da ricercare nelle popolazioni a frutto tondo, diffuse nella riviera ligure di ponente. Tali popolazioni sono state probabilmente introdotte nei secoli dell’espansione Araba in Europa e, quindi, farebbero capo al gruppo di specie del genere Armonica definito irano caucasico, il quale ha seguito un’evoluzione separata dal gruppo europeo. Ciò spiegherebbe, tra l’altro, sia la forma, sia le caratteristiche organolettiche che presentano un elevato tenore zuccherino e un aroma intenso.
La coltivazione di questa varietà di albicocca è effettuata attraverso una potatura di produzione che ha lo scopo di regolare il rapporto tra produzione e vegetazione e di influire in modo favorevole sull’equilibrio fisiologico della pianta.
L’albicocco fruttifica sia su branchette di 2-3 anni rivestite di mazzetti di maggio e di brandilli, sia su rami misti di un anno. Si interviene accorciando le branchette di circa 1/3 per evitare l’esaurimento e l’alternanza di produzione, e si selezionano rami misti in quantità sufficiente anche per il loro rinnovo. La potatura è effettuata nel periodo estivo, da fine raccolta a metà settembre.
La vocazionalità dell’area di coltura, consente di ottenere una notevole quantità di prodotto e, per questo motivo, si pone molta attenzione, non solo durante la coltivazione ma, soprattutto, in fase di raccolta, in modo da ottenere un elevato effetto anche nei successivi periodi di commercializzazione.
Dal punto di vista climatico, l’areale di Costigliole risulta protetto dai contrafforti delle Alpi Marittime e Cozie che determinano un microclima caratterizzato da miti temperature primaverili (periodo delicato per la precoce fioritura dell’albicocco) e da estati calde ma ventilate. La prossimità dei sistemi montuosi e le relative brezze a carattere giornaliero determinano una bassa umidità relativa dell’aria. Ciò diminuisce l’incidenza di molte fitopatie e favorisce i processi di impollinazione. Tali fattori uniti all’altitudine, che seleziona una particolare gamma di radiazione luminosa, intensa e spostata in direzione del violetto, favoriscono processi di colorazione dei frutti e di accumulo nella polpa di sostanze nutritive ed aromatiche uniche.
Il terreno di coltivazione viene trattato in modo diverso in base alle caratteristiche dei suoli: su quelli compatti si mantiene il filare inerbito, mentre su quelli sciolti si effettuano periodicamente lavorazioni superficiali.
L’albicocco è una specie frutticola molto tollerante alla coltura asciutta e si è diffusa prevalentemente in aree non irrigue, ma dove è possibile l’irrigazione diventa uno strumento molto importante per il controllo vegeto-riproduttivo con effetti positivi sulla qualità. Il fabbisogno idrico è massimo nel periodo di rapido accrescimento dei frutti, mentre si sospende l’irrigazione in prossimità della maturazione per favorire la conservabilità ed evitare spaccature dell’epidermide. In seguito, per agevolare la differenziazione delle gemme a fiore si effettuano, dopo raccolta, uno o due interventi irrigui secondo l’andamento stagionale.
Zona di produzione
La zona di coltivazione è caratterizzata da una fascia collinare e dalla contigua pianura pedecollinare, che si estende dal Comune di Busca fino al Comune di Saluzzo, ad un’altitudine di 400 – 500 m s.l.m.
La storia
Nel saluzzese, la coltivazione dell’albicocco risale, con ogni probabilità, a molti secoli. La prima documentazione in nostro possesso è, però, relativa all’opera di Giovanni Eandi che, nel 1835, compilando la sua “Statistica della provincia di Saluzzo”, quantifica la produttività delle specie arboree da frutto che vi sono coltivate. Cita espressamente l’albicocco, distinguendo la produzione “di collina” (da 2 a 4 rubbi per pianta) da quella “di pianura” (da 3 a 6 rubbi). “I nostri agricoltori diedero assidua attenzione agli alberi da frutta, collocati in piena terra, ossia a tutto vento, e principalmente alle varietà più saporite delle pesche, degli albicocchi (…) piante queste molto numerose nei vigneti e negli alterni”.
In una recente rassegna storica (Nada Patrone, 1981), l’autrice di “Il cibo del ricco e il cibo del povero” fa risalire la presenza di “Prugne, Susine, Brignoni e Crisomella” ai secoli XIV e XV. Le crisomelle sono, probabilmente, le albicocche in quanto, con questo termine, vengono ancora indicate nei trattati di botanica del secolo scorso. Ciò a causa del colore giallo-oro che assumono quando giungono a piena maturazione. Così come vengono anche dette “armeniache” per il luogo di origine (in effetti, il nome scientifico dell’albicocco è Prunus armeniaca).
E’ interessante osservare come i nomi dell’albicocco nelle lingue neolatine derivino dall’arabo “Al barqûq”, partendo dallo spagnolo “albercoque”, italiano “Albicocco”, francese “Abricot”, passato anche alle anglosassoni (inglese “apricot” e tedesco “Aprikosen”). Al contrario, in piemontese, derivato dall’antica lingua medioevale d’OC, il termine “armugnan”, nelle sue diverse varianti dialettali, mantiene con continuità ininterrotta la derivazione dal latino “armenaica” che, come già ricordato, fa espresso riferimento alla regione considerata dai botanici luogo di origine primaria o secondaria della specie (cfr. Vavilof).
Tornando alle attestazioni storiche, il Casalis, nel suo dizionario geografico del 1848, afferma: “Gli agricoltori delle coline saluzzesi vi coltivano con diligenza i persici, gli albicocchi, i peri, i pomi, i pruni, i ciliegi. Si vedono queste piante in gran numero negli alterni della pianura e più specialmente nei vigneti delle colline.”
Per concludere, la Guida delle attività economiche della CCIAA di Cuneo, edita a Farigliano nel 1963, alla voce Costigliole afferma: “un microclima particolare protegge le colture da gelate tardive, permettendo quella dell’albicocca, pianta oltremodo sensibile (varietà detta di Costigliole)”.