Moscato 3. Il risveglio dei Cobas del Moscato, alias Ctm, che bollano come vergognoso l’accordo 2016. Con la benedizione del presidente Marzagalli (Consorzio)

inserito il 3 Settembre 2016

Qualcuno ha parlato di risveglio, di rivincita, di lotta per i propri diritti. Altri di sceneggiata, di uno show ben orchestrato con addirittura un copione scritto. Certo è che l’assemblea del Ctm, il coordinamento terre del moscato, il movimento di eno-opinione presieduto dall’assicuratore santostefanese (ma abita a Canelli), Giovanni Bosco da anni condottiero di fiere battaglie colturali e culturali con tema la terra del moscato, ha fatto rumore, molto rumore. Venerdì 2 settembre, tra sussurri e molte grida è stata, infatti, infranta la pace dell’ex chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo di Santo Stefano Belbo, un bellissimo ex luogo di culto che risale al XIV secolo ora parte integrante del centro studi dedicato a Cesare Pavese, dove si è svolta l’assemblea Ctm che ha seguito una conferenza stampa del Consorzio di Tutela (31 agosto, leggi qui) e quella promossa da Assomoscato (1 settembre, leggi qui). Al tavolo dei relatori, davanti a un folto pubblico, in tre: Gianni Marzagalli, presidente del Consorzio di Tutela dell’Asti docg; Stefano Ricagno, vicepresidente e Giorgio Bosticco, direttore. Il punto da discutere sempre quello: le fatture, che in molti continuano a chiamare trattenute, con il quale il Consorzio di Tutela incamererà, si dice, 3,5 milioni di euro da destinare, con appositi controlli, alla pubblicità della denominazione in Italia e in Ue, promozione che da anni era stata abbandonata. Questo, oltre al fatto che le rese a 78 quintali/ettaro delle uve moscato docg porteranno nelle tasche dei vignaioli meno di 10 mila euro ad ettaro, cioè 2 mila in meno della vendemmia 2015, non piace a molti agricoltori. Giovanni Bosco ha intercettato l’incazzatura, come aveva fatto nel 1999 quando fondò quelli che poi diventarono i Cobas del Moscato e di cui il Ctm sembra aver preso l’eredità, l’ha fatta propria e la portata “in scena” venerdì a Santo Stefano Belbo in quella che sarebbe la cornice perfetta per rappresentare “Assassinio nella Cattedrale” di T.S. Eliot. È stata forse questa atmosfera così scenografica che a un collega giornalista ha fatto esclamare: «Ma questo è uno psicodramma!».

Giovanni Bosco (Ctm)

Giovanni Bosco (Ctm)

Ecco, appunto, parliamo dello psicodramma del moscato stagione 2016. Bosco e i suoi nelle loro intenzioni hanno voluto mettere “a nudo il re”. «L’accordo per la vendemmia è una vergogna! A parte il fatto che con qualche milione di euro si fa ben poca pubblicità, il 20% dei soldi del fondo di promozione, 700 mila euro, va ad associazioni che non rappresentano al meglio gli interessi dei viticoltori. Si sono dimenticati dei contadini dei sorì che si spezzano la schiena e ora devono restituire il premio di mille euro ad ettaro dato due anni fa con cifre anche quintuplicate: uno scandalo!» e via di questo passo. Una raffica di “j’accuse” con intermezzo del presidente Gianni Marzagalli, che quasi ha chiesto scusa della dimenticanza e delle “trattenute”. «Noi (intendeva sè stesso e il direttore Bosticco ndr) siamo stati tenuti fuori dalle trattative. Altrimenti non sarebbe andata così. Abbiamo sempre difeso gli interessi della denominazione riconoscendo i meriti del territorio e dei vignaioli» ha assicurato. Al suo fianco Stefano Ricagno che, invece, quell’intesa, insieme a rappresentanti di vinificatori, associazioni di categoria e di vignaioli, l’ha voluta, “fatture” comprese, e che ha cercato di spiegare: «Il meccanismo delle fatture serve a equiparare i redditi di chi fa uva per Asti docg e chi per Moscato docg. Ma pagare non è obbligatorio. Denunciando 78 quintali/ettaro non c’è trattenuta che si applica solo sulla quota di 17 quintali per arrivare alla resa di uve moscato docg per “tappo raso”, cioè 95 quintali». Niente da fare. «Quest’intesa è una vergogna!» hanno ruggito in tanti. Non sono mancate le insinuazioni sull’uso del fondo e persino gli attacchi personali tra Marzagalli, che è ex manager Campari («Ma io sono qui come presidente, anche se non nego di essere consulente del Gruppo perché ho un’esperienza lunga 40 anni» ha precisato) e Paolo Ricagno (padre di Stefano) ex presidente del Consorzio, alla guida da anni dell’ente consortile del Brachetto e della Cantina Vecchia Alice e Sessame, rappresentante della Vignaioli Piemontesi, potente associazione di eno-cooperative. Tra i due non corre buon sangue. Venerdì se ne è avuta conferma pubblica. E anche il direttore Bosticco non ha avuto parole tenere verso l’ex presidente Ricagno che è socio del Consorzio dell’Asti. Insomma situazioni sgradevoli per l’immagine dell’ente consortile più antico d’Italia (1932 l’anno di fondazione) che forse avrebbe bisogno di essere rappresentato con più stile da parte di tutti. Ma ruggini personali a parte a cosa è servita l’assemblea del Ctm? Per Bosco e compagni non è stata solo occasione di visibilità. Si parla di un’alleanza con i vertici consortili per cambiare la faccia del Consorzio, a fine anno, infatti, scade il mandato di Marzagalli e si dovrà eleggere un nuovo presidente e Cda. «Lo trasformeremo in casa di democrazia vitivinicola, quella che non hanno dimostrato coloro che hanno firmato l’accordo» ha ringhiato Bosco. Ma in pratica che si fa ora, che già in qualche vigna si è cominciato a staccare i grappoli di moscato? «Consegnamo alle aziende 78 quintali, non un acino in più, intaschiamo i 9.600 euro ad ettaro pattuiti, dimenticando le trattenute, la pubblicità e le strategie delle associazioni e pensiamo alla prossima stagione» ha tagliato corto un vignaiolo volenteroso. Ma la buona volontà non basta. Servono i fatti. E fino ad oggi si sono sentite solo parole, belle e brutte, ma solo ed esclusivamente parole.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

1 Commento Aggiungi un tuo commento.

  1. giovanni bosco 4 Settembre 2016 at 08:12 -

    Attenzione. In questo accordo oltre ad essere mancata la DEMOCRAZIA ,nessuna Associazione di categoria e nessuna organizzazione sindacale che hanno firmato questo accordo ha sentito la base, oltre a questa vergognosa “trattenuta” che colpisce solamente i 3000 ettari di moscato gran parte nei Sorì con oltre 30/40/50 per cento di pendenza sta sollevando un altro dubbio. La fatturazione. il consorzio fatturerà alle ditte spumantizzatrici e le ditte come recupereranno i soldi?Con la fatturazione dei contadini.
    ATTENZIONE. Un contadino che consegna all’Industria 95 q.li di Moscato d’Asti ne fatturerà 78 a 107 = €. 8346 poi dovrà fatturarne 17 q.li a 30 euro sempre come Moscato d’Asti= €. 510. Totale €. 8856 che diviso 95 fa €. 93,22 a quintale. Siamo certi che l’industrie il prossimo hanno non vorranno partire da questo prezzo e applicarlo anche a chi consegna l’uva come Asti spumante?
    Questo accordo sembra sempre di più alla cacca, che fa bene a chi la fa, fa schifo a chi la vede, fa vomitare chi è costretto a mangiarla. Questo accordo fa senz’altro bene a chi l’ha firmato (leggi 20% per le associazioni di categoria) fa schifo a chi l’ho capisce e fa vomitare chi dovrà digerirlo.
    giovanni bosco

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