Se ne è andato a 75 anni Giovanni Bosco, l’assicuratore prestato al mondo del moscato, il “pasionario” di tante battaglie culturali per il territorio (da Cesare Pavese ai Cobas del Moscato, dal Coordinamento delle Terre del Moscato, all’associazione dei Comuni del Moscato, al progetto dei “Sorì eroici”) o, come amava definirsi, l’”agitatore culturale” che arrivava anche a mettersi in ginocchio – lui che si chiamava come il Santo e aveva studiato dai preti ad Alba – davanti ai vertici del Consorzio per chiedere attenzione e sensibilità verso i vignaioli e la filiera.
Inutile girarci attorno, Giovanni era un gran rompiscatole, uno che partiva, lancia in resta, ma mai senza essersi preparato documentato e avere progettato un cammino e una meta.
Suoi tanti progetti realizzati a Santo Stefano Belbo, il suo paese di nascita (da anni era residente nella vicina Canelli nell’Astigiano). Con l’amico Luigi Gatti, mancato qualche anno fa, aveva organizzato molte iniziative, andiamo a memoria: l’allestimento della Casa Natale di Cesare Pavese, il premio letterario dedicato allo scrittore, la rassegna dei Moscati d’Italia, ma anche la nascita di quelli che i giornalisti battezzarono Cobas del Moscato che negli Anni Novanta e Duemila animarono la già effervescente scena della filiera dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti. Da lì partì anche il progetto CTM, da cui nacquero gli Ambasciatori del Moscato. E poi ci fu il giornale sulle colline pavesiate e, in ultimo, i social utilizzati sempre con arguzia e libertà assoluta di pensiero e di parola.
Tutte queste iniziative, però, avevano un tema unico: il territorio e l’economia legati alla cultura, all’ambiente e al paesaggio. Giovanni aveva una visione aperta e futuribile del mondo del moscato bianco, non solo legato al comparto vino, ma come un grande ombrello sotto cui coesistevano le tante anime di un’area unica al mondo con potenzialità di cui anche ora, dopo tante battaglie e per svariati motivi, si stenta a prendere completa consapevolezza.
Il mondo della cultura deve molto a Giovanni Bosco, così come il mondo della viticoltura e dell’associazionismo agricolo. Lui, assicuratore di professione e agitatore culturale e sociale per passione, non ha mai dimenticato l’economia come elemento di dignità di una comunità. Le polizze di assicurazione contro la grandine e altri intoppi erano ovviamente il suo lavoro, ma anche un modo per dire agli agricoltori di emanciparsi, persino dai malanni del clima che, mai come in questo periodo, si fanno sentire.
In molti in queste ore lo ricordano con parole accorate e di cordoglio.
Scrive Fabrizio Canaparo, vignaiolo e amico di Giovanni Bosco, sulla pagina Facebook “L’Asinel Brusch” (l’acino aspro) uno degli ultimi progetti di Bosco che aveva capito, prima e meglio di tanti, l’importanza comunicativa dei social: «Questa notte purtroppo è venuto a mancare l’ideatore di questa pagina e di tante altre cose. Ciao Giovanni. Grazie di tutto quello che hai fatto per noi. Voglio ricordarlo così con una delle sue più famose frasi “Ognuno ha il territorio che si merita In base alla fantasia, l’intraprendenza ed un po’ di fortuna delle donne e degli uomini che ci abitano”. E come diceva sempre Buon moscato d’ Asti»
Parole di cordoglio anche da parte di Stefano Ricagno, vignaiolo, produttore vinicolo e vicepresidente senior del Consorzio dell’Asti Spumante e del Moscato dAsti docg: «Giovanni è stato un personaggio che ha sempre cercato di smuovere il territorio della nostra denominazione nel segno dello sviluppo culturale. E dico fin d’ora che la storia del moscato, di cui Giovanni Bosco ha fatto parte, non deve rimanere dentro agli archivi. I consiglieri del Consorzio stanno lavorando a un progetto per costruire un museo storico della denominazione e Giovanni era stato informato di questo negli ultimi nostri incontri. Era molto favorevole all’idea. Cercheremo di portare in porto l’iniziativa e di dedicargli un pezzo di questa bella storia. Grazie».
E che ci crediate o no, per quelle combinazioni strane della vita, questo insufficiente ricordo di Giovanni Bosco è stato in gran parte scritto in mezzo a una vigna di moscato bianco e, dunque, non può che terminare con l’augurio con cui Giovanni concludeva ogni suo intervento: buon Moscato d’Asti Giovanni!
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
Un combattente e stratega, franco ed inesauribile di provocazioni ma poi soluzioni; ha smosso fin dai tempi primordiali la “questione del moscato” Amore e rispetto del territori, difensore delle battaglie “grame’ dei piccoli produttori per la tutela della loro attività ed in fine “alleato, ma nemico” di alcuni protagonisti della filiera.
Lascia un’impronta indelebile nella storia del Moscato. Rip