Lutto. È morto l’astigiano Massimo Cotto, giornalista, speaker radiofonico, esperto di musica, conduttore, direttore artistico di grandi festival nazionali. Il Piemonte perde uno dei suoi “sapori” più veri

inserito il 2 Agosto 2024

La notizia della morte di Massimo Cotto (foto), giornalista astigiano, esperto di musica, notissimo e amatissimo speaker di Virgin Radio (dopo esserlo stato, con incarichi altissimi anche per Radio Rai e altre emittenti nazionali) è arrivata stamattina e ha scosso non solo il mondo del giornalismo, ma anche quello dello spettacolo e della musica e, più in generale, di chi ha conosciuto, per tanto o breve tempo, una persona speciale e disponibile, alla mano e incredibilmente competente.
Qualità non scontate, né nel giornalismo né nell’ambiente dello spettacolo e musicale.

Per questo decido di fare uso personale di questo blog che conduco con l’amico e collega Vittorio Ubertone, concittadino di Cotto.

Sono sempre stato un fans di Massimo, ma non lo avevo mai conosciuto di persona, per abitando nell’Astigiano, come lui. Diversi ambiti di lavoro, diverse formazioni professionali.

Poi, l’anno scorso, dopo la pubblicazione del mio primo romanzo, un amico, Giuseppe Alpa, presidente dell’Associazione intitolata al cantautore Luigi Tenco che organizza il festival L’Isola in Collina a Ricaldone nell’Alessandrino, uno degli eventi storici in tema di musica d’autore, mi chiama e mi dice che vorrebbe che io presentassi il mio romanzo durante il festival. Sono molto contento. Alpa mi dice anche che il direttore artistico del festival è diventato Massimo Cotto e che dovrò mettermi d’accordo con lui per date e modalità.

Incontro Massimo, per la prima volta in presenza, poche settimane prima del festival, nelle bellissime sale della Fondazione dcella Cassa di Risparmio di Alessandria ad Alessandria, in occasione della conferenza stampa di presentazione della rassegna.

Io, chissà perché, ho messo la giacca. Lui la sua “divisa” classica da rocker: jeans e maglietta. Mi viene incontro con un sorrisolo largo quanto un abbraccio. «Mi sono vestito da scemo, vero?» mi chiede guardando la mia giacca blu. «In realtà lo scemo sono io. Con ‘sta giacca faccio ridere» gli rispondo. A un certo punto mi prende da parte e mi dice: «Ho scritto un romanzo giallo che concorre al Premio Bancarella. Vuoi che presentiamo insieme i due romanzi? Tu fai domande a me sul mio io a te sul tuo». Accetto con entusiasmo incredulo e gratitudine.

L’abbiamo fatto il 21 luglio 2023 e grazie a due amici, Giacomo Pondini e Agostino Poggio, ho documentazione fotografica che lo attesta (la metto in coda), con Massimo che fu un torrente in piena di citazioni letterarie e poetiche, cinematografiche e teatrali e io che fui travolto dalla sua verve di narratore inestinguibile restando quasi senza parole. Chi mi conosce sa quando sia inusuale questo.

In quella occasione, off the record, parlammo della professione, tra cose belle e problemi, dei prossimi libri, il suo un racconto del rock dedicato a suo figlio e alle giovani generazioni che, per fortuna Massimo ha fatto in tempo a dare alle stampe.

Poi tornammo alle nostre vite professionali. Io lo seguivo, da fan, in radio e sui social. Vedevo e invidiavo le sue magliette e, soprattutto, l’immensa cultura musicale che spaziava in tante altre arti creative.

L’intervista

Lo sentii mesi più tardi quando gli proposi un’intervista per una rivista su temi vinicoli a diffusione nazionale.
Nella chiacchierata mi confidò il suo rapporto con il vino. Ecco una parte di quell’intervista: “… Gli aneddoti non mancano per uno come Cotto che ha intervistato moltissime star della musica internazionale (ha incontrato nove volte David Bowie: «Quando arrivata spostava l’aria tanto carisma aveva») e miti italiani, da Zucchero a Ligabue, da Morgan a Enrico Ruggeri. Dunque il vino per un astigiano non dovrebbe essere un problema, o quasi. Racconta: «Fino a 26 anni ero astemio. Poi sono partito per il servizio militare nei Vigili del Fuoco. Il primo giorno di caserma, a pranzo, i colleghi veterani mi hanno preso da parte e subito chiarito che l’acqua serviva a spegnere gli incendi. Sul tavolo sono comparse un po’ di bottiglie di vino. È stato il mio battesimo eroico». Cotto ci tiene a ribadire che il consumo di vino deve essere consapevole e moderato, «Lo si assapora molto meglio» conferma e indica i suoi vini preferiti: «tra i rossi le tre “B”, Barbera d’Asti, Barolo e Barbaresco. Tra i bianchi il Roero Arneis. Come astigiano ovviamente brindo anche l’Asti Spumante e il Moscato d’Asti». E i vini fuori regione? Non può mancare l’aneddoto: «Ero a una cena con Zucchero. Mi proposero di assaggiare un Lambrusco. feci qualche sciocca battuta sul vinello frizzantino da balera. Poi lo assaggiai. Altro che vinello. Era un vino da urlo. Un grande rosso italiano». E il potere conviviale del vino che avvicina? Esiste o è solo leggenda o, peggio, è solo marketing? «Esiste, esiste» affrema Cotto che racconta: «Anni fa in Rai stavo organizzando il concerto di Tori Amos, un’autrice e compositrice, statunitense, musicista virtuosissima, ma con un carattere spigoloso e che non era per nulla incline a essere amichevole né con me né con lo staff che doveva organizzare la sua performance. Chiusa in camerino l’artista, prima di esibirsi, chiese che sul palco fossero portate un centinaio di bottigliette d’acqua perché, mi spiegarono, era fortemente igienista e durante i concerti era abituata a bere un solo un sorso per bottiglia. Davanti al mio sbigottimento il suo impresario mi confidò la passione della Amos per i vini italiani, in particolare per il Barolo. In pochi minuti mi presentai al suo camerino con in mano due calici e una bottiglia del più costoso Barolo che trovai a Roma. Le dissi: “Tori, non parliamo più del concerto, gustiamoci questo vino”. Le si illuminano gli occhi e il concerto andò super bene. Il potere del vino esiste eccome»”. 

Come ho detto, una mente brillante che oggi mi piace pensare brilli in un altro universo. Perché certe stelle splendono per sempre. Ciao Massimo.

Filippo Larganà

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