Timori per il mercato italiano, parzialmente fermo con la Grande distribuzione che è ok, ma con l’Horeca (hotel, ristoranti, enoteche, bar e altri locali) chiusi per l’emergenza sanitaria, segnali dai mercati esteri, Asia e Usa in prima fila, nuove prospettive dall’impulso alle vendite on-line (che però sconta infrastrutture ancora da aumentare e perfezionare), paura per il contraccolpo economico e, nello stesso tempo, la speranza per gli aiuti che dovranno arrivare da Unione Europea e Governo Italiano in stile Piano Marshall per un nuovo Risorgimento Italiano che, ci si augura, segni il rilancio del vino italiano in Italia e nel mondo.
Sono sentimenti contrastanti quelli che agitano l’animo dei produttori di vino piemontesi in tempo di Covid-19 che, come tutti, al primo posto mettono la salute come valore principale e che poi, però, non possono non pensare a come l’emergenza sanitaria sta impattando e impatterà sull’economia di un comparto che tutto sommato stava attraversando un periodo che oggi, alla luce di quanto sta accadendo, appare positivo. Oggi sembra non essere più così. Le incognite sono tante, troppe.
Noi abbiamo intervistato alcuni produttori vitivinicoli del Piemonte, scegliendo una range allargato dalla grande industria al piccolo produttore passando per le medie aziende.
Ecco quello le loro risposte.
Raffaella Bologna (Braida – Rocchetta Tanaro)
«Dobbiamo “coccolare” l’Italia. È il termine giusto. In questo momento di chiusura si deve pensare a come mantenere e ampliare il mercato italiano quando tutto riprenderà a scorrere come prima o, almeno, quasi. Ci sarà molto lavoro da fare. Non dico di dimenticare l’estero, che resta un punto di riferimento, ma di tornare a guardare il nostro mercato interno come un progetto di sviluppo imprescindibile e che significa molto per noi produttori italiani. È la nostra famiglia, il nostro essere italiani che parte da lì ed è un valore aggiunto che tutti ci riconoscono. Oggi più che mai. Facciamolo valere. Credo che la lezione di questa emergenza sia anche questa»
Gianfranco Santero (958 Santero – Santo Stefano Belbo)
«È una situazione difficile e complicata. L’Italia è ferma anche se la catena alimentare nella Gdo continua a macinare utili. L’estero per ora recepisce ancora, ma è difficile prevedere come andranno le cose. Un fatto è certo: devono arrivare strumenti eccezionali anti crisi, sia per le industrie sia, e direi soprattutto, per le medie e piccole imprese che sono la spina dorsale del nostro Paese. Gli effetti dell’emergenza Covid -19 non sono e non saranno lievi. Questo deve essere chiaro a tutti. Dobbiamo reagire con iniziative straordinarie perché siamo in un’emergenza straordinaria. Non oso pensare che cosa potrebbe capitare se non sarà fatto e, tuttavia, sono sempre più convinto che, oggi più che mai, servano segnali positivi. Bisogna tornare a consumare italiano. Godiamoci il nostro Made in Italy. Usciremo tutti insieme da questa emergenza se sapremo rispettare le regole sanitarie, che sono la prima cosa, ma anche mettere in campo le azioni giuste per far ripartire e supportare il mondo del vino, insieme a tutti gli altri settori economici dell’Italia».
Andrea Faccio (Villa Giada – Canelli)
«Sull’Italia c’è poco da dire, il mercato è chiuso, tranne la grande distribuzione che, tuttavia, premia in larga parte la fascia da primi prezzi o medi. Per quanto riguarda l’estero alcuni mercati in Nord Europa stanno chiudendo e anche gli Usa, per la chiusura dei locali, stanno congelando gli ordinativi. Il futuro, in questo momento, non è incoraggiante. In questo momento servirebbe come non mai fare squadra. Io ci spero e spero davvero che il mondo del vino, e in generale quello dell’impresa italiana, faccia rete per sollevarsi da questa emergenza. Quanto agli aiuti devono arrivare ed essere importanti. Penso, soprattutto, alle tasse. Ma come si fa a chiedere il pagamento delle tasse al popolo delle Partita Iva? E non mi si venga a dire che basterà il rinvio. L’altro tasto dolente è la burocrazia. Lo Stato deve togliere, nel rispetto dei sacrosanti controlli, tutti quei lacci e laccioli che impediscono e frenano la produttività. Quando approderemo al post Covid -19 le imprese italiane devo essere lasciate libere di riprendere la corsa alla produzione e al fatturato perché la concorrenza dei competitor stranieri sarà feroce e non certo rallentata dalla burocrazia che ci troviamo qui in Italia».
Stefano Chiarlo (Michele Chiarlo – Calamandrana)
«I mercati più o meno chiusi in Italia e all’estero stanno deprimendo non solo il fatturato, ma anche lo spirito imprenditoriale del mondo del vino. Non si deve lasciare che questo accada. È sempre più probabile che con questo stato di cose molte aziende soffriranno per un inevitabile crollo del fatturato a fronte di una forte diminuzione del consumo. Questo è il momento della Ue e del Governo che devono prendere provvedimenti seri e straordinari per supportare le aziende. Ma le preoccupazioni sono anche per i mercati. Quando si riapriranno non torneranno in tempi rapidi ai livelli pre Covid –19 e questo causerà un surplus di prodotto nelle Cantine italiane. In questo scenario i pericoli speculazione e prezzi stracciati diventeranno reali. Bisognerà avviare progetti di stoccaggio sul tipo di quelli adottati per lo Champagne. Ogni azienda, opportunamente finanziata da risorse pubbliche, dovrebbe essere messa in condizione di stoccare in casa propria il prodotto invenduto in modo da avere un “polmone” utile per le annate problematiche. Sarebbe, a mio modo di vedere, un approccio logico e avveduto. L’altra incognita è la forza lavoro: servono dispositivi che agevolino il lavoro nei filari altrimenti molti operazioni in vigna sono a rischio».
Gianluca Morino (Cascina Garitina – Castel Boglione)
«Sul fatto che l’Italia sia in lock down mi pare ci sia poco da dire. Sui mercati, invece, c’è molta attività e molto da dire. Se, infatti, sono bloccati gli sbocchi tradizionali, segnalo come questa crisi stia, in qualche modo, segnando uno spartiacque nel modo con cui il mondo del vino si confronta con i mercati. La chiave è il commercio elettronico che sta avendo un grande impulso. Molte, infatti, le cantine italiane, e piemontesi, che si stanno attrezzando per l’e-commerce e hanno già cominciato ad implementare le consegne a domicilio. È questa la nuova frontiera che già in alcuni Stati esteri è sviluppata. In Italia dobbiamo metterci in pari. Certo questo modificherà anche il rapporto tra produttori e rivenditori, ma è indiscutibile che il distanziamento sociale abbia accelerato una evoluzione che nel nostro Paese non era ancora stata compresa appieno. Per quanto riguarda gli effetti economici negativi credo che si rifletteranno di più, per ovvi motivi, sulle aziende focalizzate in massima parte sul mercato italiano. In questo senso dovranno essere messi in campo strumenti di supporto non ordinari. Inoltre bisogna pensare anche a come incentivare il lavoro nelle vigne perché con le regole che ci sono ora sarà molto difficile reperire forza lavoro adeguata».
Stefano Gagliardo (Poderi Gianni Gagliardo – La Morra)
«Se parliamo di economia del vino italiano quello che francamente preoccupa è il non poter prevedere quando finirà l’emergenza. È evidente a tutti, non solo a noi produttori, ma anche alle Istituzioni nazionali, a tutti i livelli, e a quelle europee e mondiali, che stiamo attraversando un momento storico, economico e sociale unico e straordinario. A questo si deve rispondere con strumenti altrettanto unici e straordinari. Non bastano panicelli caldi. Voglio credere che quelli messi in campo ora dal Governo siano solo i primi passi di un grande progetto di supporto e rilancio e mi auguro che il “whatever it takes”, a qualunque costo, detto a suo tempo e ripetuto in questi giorni dall’ex governatore della Bce, Mario Draghi, sia recepito ora più che mai. La situazione è grave. I mercati sono chiusi o rispondono con deboli segnali. Penso all’Asia che sta lanciando input incoraggianti. In questo senso sono convinto che noi italiani, come è nel nostro DNA, daremo il meglio proprio nei momenti difficili. Sono certo che ci sarà un nuovo Rinascimento del vino italiano. All’estero c’è ancora una forte predisposizione verso il nostro gusto e il nostro stile di vita. Partiamo da lì, magari riuscendo anche a fare una buona volta quella famosa squadra che davvero oggi ci servirebbe avere».
Stefano Ricagno (Cuvage – Acqui Terme)
«Il mercato italiano dell’Horeca sta accusando la “botta” del lock down, mentre la Grande distribuzione organizzata ha subito un’impennata di vendite anche se ora sembra stabilizzarsi e non sempre si tratta di prodotti di prima fascia. Nel Gdo si tratta di un consumo abbastanza generalizzato. Quanto ai mercati esteri continuano a assorbire ordini, ma non sappiamo fino a quando. Per ora è così. Tornando al mercato interno di certo il blocco del settore della ristorazione ha causato contrazioni di consumo. Ed è per questo che, quando finirà l’emergenza sanitaria che è e deve rimanere prioritaria, le istituzioni nazionali e europee dovranno intervenire con strumenti sufficienti ad evitare troppi danni. Condivido le parole dell’ex numero uno della Bce, Mario Draghi: in questa situazione per salvare l’economia deve essere fatto tutto il possibile e soprattutto bisogna immettere liquidità in modo da non spezzare la capacità di spendere, sia a livello dei singoli Stati sia per le aziende e le singole famiglie. Sul futuro e sul dopo Covid -19 posso dire che il mondo del vino italiano deve farsi trovare pronto e coordinato. Non servono corse in avanti o navigazioni a vista o azioni impulsive, serve una visione d’insieme, una sola voce chiara che indichi quello che serve»
Riccardo Capetta (Duchessa Lia – Santo Stefano Belbo)
«Confermo che per ora la Grande distribuzione organizzata funziona e anche i mercati stranieri sembrano continuare a rifornirsi. Certo le cose vanno diversamente per quelle aziende che operano nell’Horeca, cioè attraverso i locali che ora in Italia sono chiusi. Una volta superata l’emergenza Covid, ci sarà bisogno di supportare tutta l’economia italiana, intendo tutta la filiera, dalle aziende produttrici alle famiglie, perché i consumi vanno favoriti con una liquidità a supporto di redditi da impresa e famigliari che certo non saranno gli stessa di prima della pandemia. È quindi inevitabile l’applicazione in tempi brevi di strumenti finanziari straordinari, sia di credito sia di modulazione fiscale e contributiva».
Interviste raccolte da Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)