Tanto sacrificio, tanto lavoro, tanto amore, moltissima passione per le notizie, «e arrivare per primi». Sta in queste parole, senza tanti fronzoli, la “ricetta” del mestiere più bello del mondo di Luigi Garrone, Classe 1924, cento anni tondi tondi compiuti il 5 novembre e festeggiati ieri, 8 novembre, in una delle aule magne del polo universitario di Asti. In cosa a quest’articolo la nostra videointervista a mitico Luigi.
Alla festa di ieri c’era la famiglia, certamente, e anche tanti colleghi a brindare a un traguardo fantastico, il secolo di vita con tanti decenni di lavoro come cronista nella sua Asti, al servizio di agenzie di stampa e quotidiani nazionali, ma anche di testate di territorio.
Quella di Luigi è stata una vita da romanzo. Da giovane lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e poi la decisione di schierarsi con i partigiani, addirittura andare a dirigere un giornale clandestino che, in quegli anni terribili, voleva dire rischiare la vita sul serio.
Dopo la guerra il lavoro in una grande fabbrica astigiana e l’amore della vita, trovato a Canelli, la capitale dello spumante, poco distante da Asti.
«Ero lì per lavoro. Ho visto quella bella ragazza e ho subito pensato che me la sarei sposata» ha raccontato Luigi tempo fa a chi scrive ricordando la sua compagna, Lina, scomparsa alcuni anni fa, che gli è stata a fianco per più di sessant’anni e che gli ha dato due figli: Paolo e Giorgio, quest’ultimo giornalista professionista.
E poi c’è stato l’amore per il giornalismo, quello vero, quello genuino, di territorio, quello che si fa raccontando in prima persona le cose che vedi e senti. Le storie tremende della cronaca nera, quelle dolorose della cronaca giudiziaria, le vicende complicate, a volte alte altre volte misere, della politica locale, e la cronaca “bianca”, fatta di racconti e fatti che vengono sempre e prima e devono andare separate delle opinioni.
Luigi ha scritto anche di vino e di quei “Sapori del Piemonte” di cui egli stesso è stato protagonista e “lievito”, facendo crescere la consapevolezza delle comunità. Non è poco.
In questo senso egli è stato un esempio chiaro e semplice da interpretare. Lontano da schemi, strategie e opportunismi che da qualche decennio hanno inquinato e ancora soffocano il mondo del giornalismo a tutti i livelli.
Ha scritto sui social il figlio Giorgio: «Luigi, cent’anni e non dimostrarli, una storia di giornalismo, di vita vissuta, di valori familiari La vita non è solo un like. È molto di più. Una vita vissuta in punta di penna, con consapevolezza, con coraggio, con responsabilità, ma anche nella comprensione del propio limite e nel rispetto degli altri. Questa frase per dipingere i tratti del temperamento di mio padre, Luigi Garrone 100 anni compiuti il 5 novembre decano dei giornalisti piemontesi. Luigi classe 1924 è figlio di una madre vissuta in un’epoca lontanissima, un’epoca fatta di tradizioni familiari, di religiosità popolare, dove l’intelligenza non era ancora troppo artificiale ma era più del cuore. Cento di anni di vita vissuta in maniera avventurosa, partigiano, dirigente d’azienda, giornalista, ha percorso un arco temporale dove il modo di comunicare si è trasformato in maniera epocale: dai caratteri mobili alle autostrade dell’informazione, dal piombo alla IA. Una vita umana e professionale vissuta con la leggerezza dell’anima, senza mai perdere la bussola, senza troppe esagerazioni, con serietà e curiosità ai cambiamenti sociali, ancorata alla tradizione contadina, ad una semplicità antica, pronto a rialzarsi dopo una caduta. Mio padre, grazie anche a mia mamma Lina, sua compagna per oltre sessant’anni, è rimasto giovane dentro, un ragazzino, questa sua/loro gioventù mi ha contagiato…»
Per questo il “grazie” di SdP a Luigi Garrone, non va solo al collega, ma anche all’uomo che ha saputo attraversare questo secolo di vita con uno spirito e un coraggio tipici di generazioni che hanno dovuto fare scelte epocali e a noi, uomini e donne dei due millenni, hanno portato un dono incommensurabile e prezioso che si chiama libertà.
Filippo Larganà
Vittorio Ubertone