Preoccupazione per i mercati del vino, un accordo interprofessionale per la Barbera, i timori per l’Asti tarocco che arriva dall’Est Europa e la volontà di cambiare passo al mondo enologico piemontese. Molti e di grande spessore i temi che sono stati trattati qualche giorno fa alla Cantina Vecchia Alice e Sessame di Alice Belcolle. A fare gli onori di casa, anche in qualità di promotore del forum, il presidente dell’enopolio, Paolo Ricagno, anche al timone del Consorzio del Brachetto. Tra i relatori il direttore del Consorzio dell’Asti, Giorgio Bosticco pure presidente di Piemonte Land of Perfection, il Consorzio dei Consorzi piemontesi; Filippo Mobrici, presidente del Consorzio della Barbera d’Asti; Alfeo Martini, amministratore delegato di MGM, multinazionale del vino da 55 milioni di bottiglie l’anno con marchi e aziende controllate in diverse regioni italiani tra cui il Piemonte; Loris Gava, enologo e direttore tecnico di Cuvage, la cantina vinicola acquese operativa da un paio d’anni e già ai vertici internazionali del mondo del bollicine. Da questi “uomini del vino” sono venuti sono venuti gli spunti per una riflessione sulla passata vendemmia e, soprattutto, sulle prospettive future del vino italiano e segnatamente di quello piemontese. Ebbene, nonostante alcune letture ottimiste, non tutto sembra essere rose e fiori. Paolo Ricagno ha ricordato come a una vendemmia a cinque stelle non sia seguito una movimentazione adeguata degli ordini. «Per la prima volta – ha detto – dopo la raccolta non ci sono ancora gli ordini in vista del Natale. Un segnale che ci preoccupa». I motivi: i conflitti che agitano varie aree del mondo, anche vicine alla zona Ue e l’Italia, la crisi economica che non sembra ancora dare tregua nonostante proclami e rassicurazioni, «e anche una certa staticità di una filiera che deve superare divisioni e particolarismi per trovare nuovi stimoli e spinte per rinnovarsi e riprendere quota» ha concluso Ricagno. Giorgio Bosticco ha parlato del mondo del moscato, dei suoi “campioni” come Asti e Moscato d’Asti docg. Il primo sembra risentire della crisi, con contrazioni di vendite che devono essere analizzate e risolte. Il secondo tiene e anzi aumenta volumi e penetrazioni commerciali sull’onda di una “moscatomania” che non accenna, per fortuna, a flettere, ma che deve trovare una governance adeguata. Per Mobrici la Barbera d’Asti ha bisogno di una “regulation”. Il grande vino rosso piemontese, più venduto al mondo, deve trovare forza e idee per imporsi, «Ma ci deve essere il concorso dei grandi attori, investitori del settore. Sediamoci a un tavolo e fissiamo regole che garantiscano reddito dignitoso e sicuro ai vignaioli. Sarebbe un ottimo blocco di partenza». Molto articolato e ficcante l’intervento di Martini che ha individuato argomenti dolenti e positivi del settore vino piemontese: la necessità di fare squadra per programmare strategie che devono essere flessibili e in grado di cambiare con velocità; la consapevolezza di fare sinergia con tutti coloro che girano attorno alla filiera vino, dal vignaiolo alla cooperazione, dagli enti di tutela alle istituzioni. «Perchè l’obiettivo deve essere uno solo: quello di fare business, tutti insieme, ognuno per la sua parte» ha chiosato Martini. Sulla stessa lunghezza d’onda Gava che dirige Cuvage, la cantina nell’orbita di MGM. Il giovane enologo veneto ha ricordato che i successi del Prosecco, che ormai veleggia verso i 500 milioni di bottiglie e non fa mistero di puntare al miliardo di pezzi, non è stato improvvisato. «Dietro – ha detto – c’è una strategia comune che coinvolge tutto un territorio. La stessa cosa dovrebbe fare il Piemonte per il suo “oro giallo”, il Moscato». Infine c’è stato anche l’intervento di Alessandro Salvestrini della Volentieri Pellenc, azienda che si occupa di tecnologie per i vigneti. Per finire le parole di Paolo Ricagno che, nel chiudere il forum, ha ricordato come il Brachetto stia faticosamente uscendo da un periodo di crisi garantendo comunque un reddito agricolo attorno ai 6 mila euro all’ettaro. «È il frutto di sacrifici importanti, che coinvolgono tutta la filiera, ma che sono convinto riporteranno in attivo le vendite che già ora registrano il segno positivo». Un segnale di ottimismo, per un vino che è italiano al 100% e che meriterebbe più fortuna, al netto delle diatribe (da non confondere con critiche e confronti costruttivi) che agitano in modo omogeneo quasi tutti i comparti piemontesi del vino. Insomma dalle belle parole, che si sono sentite al forum promosso da Ricagno, si passi ai fatti concreti. Altrimenti i forum non servono a nulla.
SdP