Diciamolo subito: l’interrogativo nel titolo rischia di essere retorico. Certo che comincia una nuova era in Regione Piemonte. Tramontata la stella di Sergio Chiamparino (Pd) sorge quella di Alberto Cirio (Forza Italia) da Alba, avvocato, già vicesindaco della città delle cento torri, già assessore regionale al Turismo, europarlamentare uscente per Forza Italia e oggi, sull’onda verde della Lega di Salvini, neo governatore di una delle regioni più vinicole d’Italia.
Cirio arriva da un territorio vitivinicolo per eccellenza. Barolo, Barbaresco, Nebbiolo sono i vini simbolo dell’Albese. Lui ha cavalcato bene queste e altre eccellenze, come la nocciola o il Moscato, gigante vinicolo piemontese ancora in parte incompreso che nasce e prospera nelle aree comprese tra Cuneese, Astigiano e Alessandrino.
E proprio al Moscato Cirio ha dato una mano quando, europarlamentare, favorì il ricorso del comparto, attraverso il Consorzio di Tutela, di alcuni milioni di fondi per la promozione. Un interessamento che quelli del moscato hanno dimostrato di non aver dimenticato.
Il successore del “Chiampa” non è l’unico uomo da territori fortemente vocati alle produzioni vitivinicole a entrare a Palazzo Lascaris.
C’è, ad esempio, Luigi Genesio Icardi (Lega), sindaco di Santo Stefano Belbo (Cuneo), assessore della Comunità collinare Alta Langa e presidente dei Comuni del Moscato di cui proprio il paese di cui è primo cittadino è il centro che vanta più superficie vitata. Icardi è uno che col Moscato ha sempre avuto a che fare tanto che in campagna elettorale più di una voce lo indicava, in caso di vittoria di Cirio, come un possibile papabile all’assessorato regionale alle Politiche agricole che fu dell’astigiano Giorgio Ferrero (Pd) che sembra non sia stato rieletto in Regione.
Ora che è entrato in Consiglio regionale, anche in forza delle sue competenze vitivinicole, Icardi, che è anche un esperto di Sanità perché manager di una Asl cuneese, potrebbe davvero diventare assessore regionale all’Agricoltura. Al momento in cui scriviamo sembra siano in corso consultazioni.
Tra i politici regionali candidati ed eletti che arrivano da storiche e famose zone del vino un acquese, il geometra Marco Protopapa che sicuramente è un fan di Brachetto, Moscato e Gavi, e anche un paio di astigiani: Fabio Carosso (Lega), assessore provinciale e sindaco di Coazzolo, il piccolo centro patria della “cugnà”, sorta di composta a base di mosto d’uva, al centro di una zona dedicata a moscato e barbera, è stato eletto con oltre 4 mila preferenze; e Marco Gabusi (Forza Italia), ex sindaco di Canelli e presidente uscente della Provincia di Asti. Per Gabusi, per due mandati primo cittadino della città dove più di un secolo e mezzo fa nacque il primo spumante d’Italia, non è arrivata l’elezione al Consiglio regionale e tuttavia le porte della Regione potrebbero aprirsi lo stesso in forza di una promessa fatta pubblicamente da Cirio che lo vorrebbe assessore esterno (Infrastrutture?). Tutto, però, dipende da trattative e consultazioni tra le forze politiche del centrodestra che hanno vinto le elezioni regionali. La Lega, in quanto partito di maggioranza relativa, potrebbe accampare più di una richiesta avendo ceduto la carica di presidente a Forza Italia che ha, dunque, il Governatore e avrà qualche assessorato al pari, forse, di Fratelli d’Italia.
Ora, comunque, passata la buriana delle elezioni, quello che in molti si chiedono è quanto e come cambierà della politica regionale in materia di vino.
Il “Chiampa” durante il suo mandato ha fatto, certo, qualcosa. Spesso ha ricordato le sue radici contadine, ma al di là di questi sprazzi di comunicazione non è mai stato identificato come il presidente del vino piemontese. Ferrero, il suo assessore agricolo, s’è sbattuto non poco, ha fatto arrivare risorse, favorito la promozione, cercato di governare un comparto spesso litigioso e poco incline al gioco di squadra.
E tuttavia la percezione del Piemonte come una regione a DNA vinoso non è mai stata potente come, ad esempio, per il Veneto del governatore Luca Zaia. Non è un disegno politico quanto un tratto cultural-regionale, se così si può definire. Tanto sono spregiudicati e decisionisti i veneti nella gestione del loro patrimonio vitivinicolo con la corazzata Prosecco in testa, tanto sono cautamente sabaudi, almeno fino ad ora, i piemontesi che pure hanno al loro arco dardi efficaci come Barolo, Barbaresco, Nebbiolo, Barbera e Moscato che significa Asti (dolce e secco) e Moscato d’Asti. Insomma tanta roba.
Il fatto che ora le leve della politica regionale si siano spostate da Torino ad aree vitivinicole della regione potrebbe determinare una svolta un po’ meno sabauda e più “langhetta” in termini non solo di attivismo e attenzione al settore, quanto di concreti difesa, propulsione, potenziamento e governance di una filiera economicamente e socialmente strategica a livello transregionale come nazionale ed europeo. Insomma ci si aspetta una scossa. Del resto lo slogan di Cirio in campagna elettorale è stato “un’altra velocità per il Piemonte“, un concetto evocativo, certo, ma che ora deve essere tradotto nella pratica politica, anche in campo vitivinicolo.
L’esperienza europea del neo governatore langhetto e le “antenne” dei suoi uomini e donne sul territorio potrebbe aiutare. Vedremo.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)