Degustazione. Quel Gavi che non ti aspetti, “ammiraglia” del migliore Cortese che c’è. A Milano presentato il Pisé

inserito il 9 Dicembre 2021

Ci sono vini che, per alcuni produttori, svolgono la medesima funzione dei modelli di lusso per le case automobilistiche. Sono vere e proprie “ammiraglie”, biglietti da visita che non nascono per finire all’interno di milioni di bottiglie, ma tutt’al più in qualche migliaio, destinate a rappresentare il meglio delle capacità del vigneto e della cantina. Per La Raia, una delle due proprietà di Tenimenti Rossi Cairo in Piemonte (l’altra è Tenuta Cucco a Serralunga d’Alba), l’ammiraglia in questione si chiama Pisé, ed è un cru di Gavi Docg, proveniente dal vigneto da uve cortese più particolare dell’azienda, i cui 48 ettari di terreno si estendono a cavallo del confine tra i comuni di Gavi e di Novi Ligure.

In questi giorni è pronta in bottiglia l’annata 2018 del Pisé, che segna, come spiega Piero Rossi Cairo, amministratore delegato di La Raia, «un’evoluzione rispetto alle annate precedenti. Per la prima volta, infatti, abbiamo condotto la fermentazione in legno, in due nuove botti da 25 ettolitri di legno austriaco non tostato. Il vino poi è rimasto un intero anno in botte sui lieviti, ha fatto un passaggio di un altro anno in acciaio e dopo l’imbottigliamento è rimasto in bottiglia per sei mesi per essere finalmente pronto ora». Pronto per modo di dire, però, perché per quanto possa essere degustato fin da subito, il Pisé è un Gavi nato per restare un congruo tempo in bottiglia, come i suoi “cugini” e predecessori delle annate precedenti.

Quanto lungo potrebbe essere questo tempo? Per capirlo e discuterne la cantina ha organizzato a fine novembre un evento a Milano, nel ristorante, stellato Michelin, Innocenti Evasioni dello chef Tommaso Arrigoni. Scelta non casuale, visto che il cinquantenne cuoco milanese cura anche i menu della Locanda La Raia, che ha sede all’interno della tenuta nel Gavi. L’incontro ha fornito il pretesto per una piccola verticale, in cui all’annata 2018 del Pisé si sono aggiunte anche la 2017 e la 2015 (la 2016 non è stata prodotta per una scelta di qualità, vista la difficile vendemmia di quell’anno). Guidati dalla giovanissima enologa di Tenimenti Rossi Cairo, Clara Milani, i presenti, tra cui anche noi di Sapori del Piemonte, hanno potuto così apprezzare il modo in cui evolve questo Gavi molto particolare.

«Le uve», ha spiegato Milani, «arrivano tutte dalla Vigna La Cascinetta, all’interno della Tenuta La Raia, che è l’unica nella zona caratterizzata da un substrato in terra rossa, che consente di dare una struttura più robusta e caratteristiche più minerali. Tutte caratteristiche che allungano la vita ai vini». Secondo quanto dicono l’enologa e Piero Rossi Cairo i Pisé delle vendemmie precedenti all’ultima imbottigliata possono tranquillamente sostare in bottiglia almeno 7 o 8 anni, se non di più. La lavorazione in legno scelta a partire dalle uve 2018 dovrebbe aggiungere a questa longevità altri anni. «Mi attendo un vino», dice Rossi Cairo, «che potrà dare altissima prova di sé anche dopo 10 anni, e forse anche 15, per quanto siamo consapevoli che dopo un tale periodo ogni bottiglia potrebbe darci risposte diverse».

In occasione della degustazione da Innocenti Evasioni abbiamo potuto constatare che l’annata 2015 di Pisé al momento è quella che regala la maggiore complessità, con sentori di frutta matura, gesso, biscotto. Clara Milani, guidando la degustazione, ha descritto un aroma di “biscotto al Plasmon”, per fornire un’idea, molto verosimile in effetti, delle note dominanti del Pisé 2015. Il nostro naso meno educato l’avrebbe descritto come caramello, o zucchero filato. La caratteristica principale è che questi sentori, lasciando il vino nel calice, si rinforzano con il passare dei minuti. In bocca il Pisé 2015 è caldo, minerale, sapido e lascia sul palato un senso di lieve acidità, che lo chef Tommaso Arrigoni ha sfruttato per trovare abbinamenti con piatti con un gusto spiccato di umami, che per certi versi ricordavano la cucina thai o dell’Estremo Oriente, privata però della piccantezza. In particolare lo chef ha proposto un crudo di scampi e cavolfiore, maionese di foie gras, cachi e foglia di ostrica e dei ravioli di tonno nel loro fondo di cottura, con broccolo e limone fermentato che si sposati perfettamente con il Pisé 2015 e con il 2017. Quest’annata è stretta parente della precedente, di cui replica tutte le caratteristiche, con un’intensità leggermente inferiore negli aromi e un gusto un po’ più fresco in bocca.

Quanto al Pisé 2018 è chiaramente un vino ancora in evoluzione, in cui gli spiccati aromi dei suoi “fratelli” maggiori ancora non si percepiscono in pieno. Clara Milani e Piero Rossi Cairo giurano che si tratta solo di pazientare. Il legno è appena percepibile e dovrebbe garantire quel “boost” di longevità per dare a questo vino tre o quattro anni di vita utile in più. «Un passaggio che abbiamo ritenuto utile», ha spiegato l’enologa, «perché il Cortese non è di per sé un’uva aromatica e la botte grande ne preserva le caratteristiche». La fermentazione e la sosta sui lieviti in botte sono l’ultima aggiunta di un processo produttivo già di per sé complesso. «Produciamo 3.000 bottiglie, con un massima produttività possibile di 6.000. Due settimane prima l’inizio della vendemmia procediamo a una sfogliatura delle viti che aiuta a completare la maturazione e a sviluppare un maggior contenuto di carotenoidi, che conferiscono alle bucce il caratteristico colore ambrato del grappolo di Cortese. La prima porzione di uve del vigneto viene raccolta all’inizio della stagione della vendemmia. In questa occasione selezioniamo i grappoli destinati a restare sulle piante ancora un mese, un mese e mezzo per poi essere vinificati per il Pisé. 

Un lavoro attento che si unisce ad altre scelte particolari in vigna e in cantina. Tutta la tenuta è condotta secondo i principi della biodinamica, che fin dal 2007 sono valsi all’azienda la certificazione Demeter. Il logo è riportato in retroetichetta, ma senza dare particolare enfasi a questa caratteristica. Anche la denominazione non è riportata in etichetta principale, ma solo sul retro. «Sono scelte», spiega Piero Rossi Cairo, «che abbiamo fatto perché vogliamo affermare di questo vino il nome e il fatto che sia un bianco di prestigio e di altissima qualità, indipendentemente dal disciplinare seguito o dai metodi colturali adottati». Del resto l’azienda produce anche un Gavi Docg e un Gavi Docg riserva, che costituiscono il grosso della produzione, accompagnati da due Barbere. «In tutto 220 mila bottiglie, che al massimo della potenzialità produttiva possiamo pensare di portare a 350-400 mila», commenta l’amministratore delegato dell’azienda. «Ma a questo ci arriveremo in futuro».

Dove si può bere il Pisé? Non sarà facilissimo trovarlo, in effetti. La Raia vive al 90% di export e una parte della piccola produzione finirà nell’archivio aziendale per seguirne l’evoluzione anno dopo anno. All’evento milanese abbiamo parlato brevemente anche con Fabrizio Cimiotta di WineTip, distributore milanese che lavora sia con i privati sia con il canale horeca di alta qualità e che da anni opera con La Raia per accaparrarsi e distribuire nella metropoli un buon numero di bottiglie di Pisé. «Ci siamo anche inventati, primi in Italia, il servizio di “wine vault”: ci occupiamo in pratica di custodire al sicuro e nelle condizioni ambientali ideali le bottiglie di pregio dei clienti che ce lo chiedono, in cambio di un affitto annuo che comprende anche il servizio di pronta consegna quando un proprietario decide di stappare uno dei suoi vini di valore». Il Pisé rientra, secondo Cimiotta, nel novero dei bianchi italiani di alto pregio. Chi volesse provarne l’esperienza, quindi, può cercarla direttamente in azienda, alla Locanda La Raia, in qualche ristorante milanese, o acquistare il vino online, dove abbiamo visto le prime bottiglie del 2018 proposte a un ragionevole prezzo intorno ai 28 euro. Per chi ha voglia di acquistare un bianco e tenerlo qualche anno sugli scaffali della sua cantina potrebbe proprio valerne la pena.

Riccardo Oldani

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