Dazi Usa. Il giorno del Giudizio è arrivato (ieri). Vini italiani risparmiati, per ora. Pericolo scampato?

inserito il 15 Febbraio 2020

Per questa volta sembra essere andata bene al vino italiano. Dopo tanti patemi d’animo, raccolta di firme, appelli e mediazioni diplomatiche, Trump sembra pare abbia risparmiato al mondo del vino italiano la follia dei dazi ritorsivi a causa della querelle commerciale Boeing-Airbus (il consorzio aereo europeo però si becca un 5% in più di dazi punizione dal 10% che era). Leggete qui e qui.
Ora tutti tirano un sospiro di sollievo per il mancato pericolo, ma sarà davvero così?
Essì perché Trump potrebbe, secondo l’iter daziale statunitense, rivedere tutto tra sei mesi. E non dimentichiamo che, come fanno osservare alcuni operatori italiani, se da un lato i nostri vini sono stati risparmiati da questa tornata di dazi, gli Usa hanno confermato quelli a carico di alcolici e vini francesi e spagnoli. Sarà segnale buono o cattivo?
Ragion per cui allegria sì, ma con moderazione e prudenza.
Ora, per il vino italiano, varrebbe la pena di cercare di costruirsi un paracadute commerciale, tradotto: continuare a mediare con Trump & C., tenendo sotto pressione il nostro Governo e quello Ue, avviare azioni di apertura e/o consolidamento dei mercati alternativi o paralleli agli Usa; strutturare iniziative di promozione e comunicazione sia sul mercato estero (proprio sugli Usa Barolo e Barbaresco hanno recentemente investito parecchio in questo senso con una missione in terra americana, il Prosecco doc lo farà a breve) sia interno e a questo proposito ok, è vero l’Italia sembra non essere ancora uscita dalla crisi del 2008 e oltre questo ha governanti che neanche su Marte, tuttavia chi dice che il Belpaese sia perduto a nostro avviso soffre di sindrome da tafazzismo.
In conclusione: il sistema vino Italia ha evitato per un pelo di sbattere contro un muro, ora, per favore, si costruiscano aibag efficienti e, magari, si percorrano strade alternative. Perché il viaggio, signori e signore del vino, è ancora lungo e, come abbiamo visto, non sempre comodissimo.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

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