Assaggi. Via web i messaggi in bottiglia della Cantina di Alice Bel Colle tra rossi di territorio, bollicine della tradizione e un “mistero” svelato

inserito il 15 Giugno 2020

Non faremo la cronaca tecnica della degustazione a cui, alcuni giorni fa, ci ha invitato la Cantina di Alice Bel Colle, nell’Acquese (Alessandria), cooperativa guidata da Claudio Negrino (info qui).
Non lo faremo perché ci sono colleghi ben più qualificati di noi e anche perché i vini della Alice ci sono piaciuti tutti.
Racconteremo, invece, qui quello che è venuto fuori dall’assaggio che è stato allestito on-line, come si usa fare ai tempi del Covid -19, con i vini inviati a domicilio e la degustazione fatta in diretta pc, ognuno dal proprio domicilio, con quella strana atmosfera vagamente fantascientifica e claustrofobica delle teleconferenze fatte attraverso piattaforme web dai nomi da fumetti anni Settanta.

Dunque ci siamo trovati tutti ridotti a icone, spiaccicati su uno schermo di computer. Un moderatore a smistare il traffico e il presidente Negrino con il suo staff a presentare i vini in degustazione.
Nell’ordine: un Asti spumante docg Metodo Classico, un Dolcetto d’Acqui doc, una Barbera d’Asti docg, la sua sorella maggiore, una Barbera d’Asti docg Superiore e un vino “misterioso” che noi di SdP, maledetti “spoileristi”, azzecheremo al primo sorso: un sorprendente vino rosso ottenuto da uve brachetto, cioè un Acqui docg Secco, nuova tipologia consentita dal disciplinare recentemente rinnovato, da non confondere con l’Acqui docg Rosé (spumante o rosato fermo) ottenuto sempre da uve brachetto.

La prima degustazione, a sorpresa, con l’Asti docg Metodo Classico. La memoria arretra ad anni fa quando in quel di Canelli (Asti) la Contratto, già passata nelle mani dei distillatori Bocchino, lanciò il suo De Miranda, un Asti Metodo Classico uscito dalla storia della spumantistica italiana, che ha proprio in Piemonte la sua culla, e dalle mani di due enologi di fama, Scaglione & Noè, un vino che fece e fa ancora scuola e riferimento.
La domanda a Negrino, che è stato ai vertici della Produttori Moscato (associazione di vignaioli moscatisti, silente da un po’ ma, a quanto si dice, ancora esistente), è inevitabile: saranno gli “Asti premium” uno degli strumenti per strutturare l’immagine del prodotto in Italia e nel mondo? Il presidente della Alice concorda e dichiara che sono il tassello di un quadro ampio: «Che comprende tutte le attività che in questo momento sta mettendo in campo il Consorzio di Tutela». Il riferimento è alla campagna tv e media in corso che ha come testimonial lo chef Alessandro Borghese, ma anche altre iniziative che dovrebbero avviarsi in questo periodo come le rotonde stradali e i tabelloni che segneranno il territorio dell’Asti e del Moscato d’Asti docg.

Si passa al Dolcetto d’Acqui doc. È un’altra sorpresa. Chi dice che il Dolcetto in versione acquese sia per sua natura un vino di pronta beva dice una mezza verità perché quello della Alice sa farsi rispettare e regalare sensazioni che sono tutto meno che “da una botta e via”.

Le due Barbera sono nel solco della tradizione anche se hanno sentori e sapori che le distinguono da quelle dei territori vicini e anche da un’espressione barberista top come il Nizza docg. Non resistiamo alla provocazione. La risposta di Negrino e del suo staff (gli enologi Diana Reggio e Beppe Caviola e il commerciale Daniele Bianco) è immediata: «Le nostre Barbera d’Asti hanno caratteristiche proprie distintive anche se nel rispetto di affinità». Touché.

Infine il “cliente misterioso”, la bottiglia senza etichetta che si rivela, al primo assaggio, un Acqui docg Secco che quelli di Alice hanno battezzato Monte Ridolfo. È la dimostrazione, se ancora qualche enofighetto non lo avesse capito, che i vitigni aromatici piemontesi, come il moscato bianco o il brachetto, possono quasi tutto, se adoperati con accortezza e sapienza, come accade per altre varietà aromatiche in parti d’Italia e d’Europa.

Bilancio della teleconferenza? Ottimo. Alla fine, complici anche gli assaggi, la sensazione tecno-algida del web si è stemperata e chi ha partecipato fino alla fine s’è trovato a scoprire vini e una realtà cooperativa che ha voglia e strumenti per crescere scommettendo sul mercato.
Non era facile prima del Covid, non è facile, a maggiore ragione, ora.
La speranza e l’auspicio è che “quelli della Alice” continuino su questa strada e sappiano trovare spunti e stimoli, magari in sinergia con altre realtà piemontesi, rispettando, ovvio, la propria identità.
Una bella sfida per il dopo da cominciare già ora.
Complimenti e auguri comunque a Negrino & C.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)


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