i prodotti tipici del Piemonte
l termine “piccoli frutti” si riferisce ad una serie di piante arbustive, le più diffuse delle quali sono il lampone, la mora, il ribes e l’uva spina. Tali piante crescono spontaneamente nei boschi e, solo da alcuni decenni, è iniziata la loro selezione ai fini di una coltivazione intensiva, che ha interessanti prospettive di sviluppo: i piccoli frutti, infatti, possono dare buone rese economiche impegnando superfici limitate. Il loro inserimento nel piano colturale ha contribuito, nella Provincia di Torino, ad un’integrazione del reddito specialmente in quelle zone marginali in cui le scarse rese rendono poco remunerative le colture tradizionali, ed è diventata un presupposto per la permanenza dell’agricoltura nei territori collinari e montani.
Particolarmente intensa, in particolare in alcune Comunità Montane della provincia di Torino, è l’attività sperimentale condotta di concerto con la Facoltà di Agraria dell’Università di Torino. La messa a dimora delle piante avviene nel periodo primaverile e si effettua in buche o in solchi mantenendo le seguenti distanze:
· lampone: fra le file m 2.50 e sulla fila m 0.50;
· mora: fra le file m 3.00 e sulla fila m 2.00;
· ribes: fra le file m 2.50 e sulla fila m 1.00.
Dopo la messa a dimora, le piante vanno spuntate a 30 cm circa dal suolo.
· Lampone: gli arbusti di lampone sono vigorosi e raggiungono un’altezza di 2.5 metri, con apparato radicale molto superficiale, costituito da un rizoma che ogni anno produce numerosi polloni. A seconda dell’epoca e delle modalità di fruttificazione, si distinguono in varietà “unifere” e “rifiorenti”: le prime producono solo sui tralci di due anni, le seconde invece una prima volta sulle estremità del pollone dell’anno (autunno) ed una seconda volta sulla restante porzione di ramo, come le unifere (estate successiva). Si allevano in filari con l’ausilio di pali leggeri e uno o due fili verticali o orizzontali ai quali si legano i tralci o si indirizzano i polloni nel caso di varietà rifiorenti. Per evitare lo sviluppo delle erbe infestanti in prossimità delle piante e lungo il filare, è consigliabile la pacciamatura con polietilene nero con fori di 15 cm di diametro. La raccolta avviene a luglio.
· Mora: è il frutto del Rovo, un arbusto con tralci lunghi 3-4 metri a portamento inizialmente eretto e poi strisciante sul terreno. Le varietà coltivate sono generalmente prive di spine. Gli impianti entrano in piena produzione al terzo-quarto anno e continuano a dare buone produzioni fino al decimo-dodicesimo anno. La maturazione dei frutti si ha nei mesi di agosto e settembre, con rese ad ettaro superiori a 100 quintali. La raccolta viene effettuata a mano ad intervalli di 3-4 giorni. La destinazione dei frutti (consumo fresco, surgelati e trasformati) è differente a seconda della varietà . Anche i frutti del Rovo sono particolarmente delicati e richiedono pertanto una grande accortezza nelle operazioni di raccolta e di confezionamento.
· Ribes rosso: delle specie di ribes coltivate, quella a frutto rosso è la più diffusa. Le piante si presentano come arbusti perenni che possono superare anche i 2 m di altezza. Esse entrano in piena produzione al quarto-quinto anno e si mantengono in produzione economicamente valida per dieci-dodici anni, raggiungendo produzioni di 70-100 quintali ad ettaro. La maturazione dei frutti si verifica nei mesi di luglio ed agosto, quando le bacche hanno raggiunto una colorazione intensa. L’utilizzazione preponderante dei frutti è la produzione di trasformati (marmellate, gelatine, sciroppi, liquori, etc.). Il consumo diretto è limitato a quantità molto ridotte. La concimazione di fondo dei terreni destinati a queste coltivazioni prevede l’utilizzo di materiale organico (letame bovino maturo); può essere effettuato il ricorso ad elementi chimici per integrare gli apporti dei fertilizzanti in relazione sia all’andamento climatico che al carico produttivo delle piante.
· Ribes bianco: le varietà di ribes bianco sono, in genere, inferiori a quelle di ribes rosso per produttività, vigore, dimensione delle bacche e numero delle stesse per grappolo. Alcune nuove varietà stanno suscitando interesse anche per il buon momento commerciale di questo “piccolo frutto”. La tecnica di coltivazione è del tutto simile a quella del ribes rosso. Il frutto del ribes bianco è più dolce, in genere, meno aspro di quello delle varietà a frutto rosso.
· Uva spina: gli arbusti di uva spina sono meno vigorosi del ribes, pertanto il numero dei fili nell’allevamento a contro spalliera aumenta a 5 o 6 con il primo filo a soli 30 cm da terra e gli altri distanziati di circa 25 cm l’un l’altro. I nuovi getti devono essere legati più volte durante la stagione vegetativa.
Per tutti i piccoli frutti, normalmente, si utilizza una prima pacciamatura (al momento dell’impianto) utilizzando teli tessuto – non tessuto stabilizzati disposti lungo la fila; successivamente il controllo delle infestanti viene effettuato sia utilizzando teli in plastica sia adottando tecniche di pacciamatura del suolo con materiali organici (scorze ed aghi di pino, torba, materiale organico compostato) disposto lungo la fila.
Zona di produzione
La zona di produzione comprende le aree montane, pedemontane e collinari di numerosi comuni della Provincia di Torino.
La storia
La raccolta dei frutti spontanei del sottobosco ha tradizioni antichissime, che si perdono nella notte dei tempi.
Gli abitanti delle vallate e delle colline della provincia di Torino conoscono da sempre le innumerevoli qualità di questi piccoli prodotti. Basti pensare che, già nel periodo feudale, lo sfruttamento delle risorse minori del bosco veniva concesso come diritto di uso. Mentre il signore, infatti, teneva per sé i prodotti più pregiati che le proprie terre potevano offrire, come legname e cacciagione, egli tollerava che le risorse minori potessero essere sfruttate dalla comunità.
L’utilizzo dei frutti del sottobosco ha rappresentato così per secoli una fonte di alimento e medicamento, tradizione mantenutasi ancora viva al giorno d’oggi, soprattutto in quelle regioni in cui la crescita spontanea di questi frutti è naturalmente favorita dalle condizioni climatiche e geomorfologiche. Le zone montane e collinari sono, da sempre, la culla naturale per la crescita dei piccoli frutti di bosco che nascono spontaneamente lungo le strade, alle pendici dei monti e nel sottobosco. Quando si cominciò a pensare che questi piccoli prodotti potessero anche essere venduti, ebbe iniziò una raccolta più massiccia, finalizzata alla vendita ad industrie, che ne ricavavano liquori, profumi e persino medicinali.
A partire dai primi anni Sessanta, sull’esperienza di quanto già avviato in altre regioni e paesi d’Europa, si sperimentano nuove cultivar e si iniziano i primi impianti su larga scala, comprendendo come una temporanea attività estiva, potesse invece trasformarsi in una redditizia forma di coltura su base intensiva.