i prodotti tipici del Piemonte
Il cardo, ortaggio diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, ha trovato, nell’areale della Valle Belbo, tra Nizza Monferrato e Castelnuovo Belbo, le condizioni ideali per la coltivazione. Infatti, i terreni sabbiosi ed alluvionali, che costeggiano il fiume Belbo ed i suoi affluenti, consentono la produzione di cardi di eccellente qualità.
La varietà “Spadone” ha un’altezza di circa 80 cm e presenta foglie piuttosto larghe con nervatura bianca e lembo tendenzialmente intero dalla forma tipica, profondamente diversa dalle altre cultivar, attualmente presenti sul mercato.
La semina, manuale o meccanica, si effettua, verso la metà di maggio, in pieno campo in ragione di 6- 8 kg di seme per ettaro, collocato alla profondità di 3-4 cm. Nel caso si ricorra alla semina di precisione, la quantità di seme può ridursi considerevolmente. La distanza tra le file è di 100-180 cm, mentre quelle tra le piante è di 20-40 cm.
Trattandosi di una coltura molto rustica, coltivata normalmente in terreni piuttosto poveri e sciolti nel rispetto della tecnica tradizionale, non richiede interventi con fertilizzanti chimici di sintesi.
Dopo circa un mese, dalla semina, a meno che non sia stata effettuata una semina di precisione, occorre effettuare il diradamento delle piantine in eccesso per ottenere la giusta densità colturale.
Inoltre, si effettuano una o più sarchiature per arieggiare il terreno ed eliminare le erbe infestanti. Durante il ciclo colturale, che ha una durata di circa 5 mesi dalla semina all’interramento della pianta per l’imbianchimento, si può irrigare in caso di necessità per aspersione o per infiltrazione laterale da solchi, tenendo presente che il cardo è una coltura molto rustica dotata di un ottimo apparato radicale.
Per il controllo delle erbe infestanti non vengono utilizzati erbicidi.
In pre-semina, è possibile ricorrere alla tecnica della falsa semina. In post-emergenza, le operazioni meccaniche richieste dalla coltura, quali il diradamento e le sarchiature sono sufficienti a contenere le erbe infestanti. In ogni caso, dopo un mese dalla semina, per il forte sviluppo vegetativo del cardo, le infestanti eventualmente presenti vengono “soffocate”.
Sulla coltura generalmente non vengono utilizzati antiparassitari chimici. Solo in caso di eccezionali calamità si ricorre all’uso di tali prodotti per la difesa della coltura, privilegiando i formulati commerciali a bassa tossicità.
L’imbianchimento del cardo di Nizza Monferrato è un’operazione molto onerosa e caratteristica che avviene esclusivamente sotto terra. Allo scopo, almeno 20 giorni prima della raccolta, le piante devono essere legate a ciuffo, quindi, si scava un solco laterale alla fila della profondità di 10-15 cm in cui la pianta viene adagiata senza lesionarne le radici e ricoperta con uno strato di terreno di 5-15 cm avendo cura di lasciare scoperta la parte distale delle foglie.
Il numero di giorni d’interramento e lo spessore dello strato di terra aumentano man mano che diminuiscono le temperature, passando da settembre a novembre.
Il prodotto finale si presenta bianco per la perdita della clorofilla, le coste fogliari assumono la caratteristica gobba e perdono gran parte della fibrosità diventando croccanti e dolci per la riduzione dei principi amari.
La raccolta del cardo che inizia della prima decade di ottobre si effettua manualmente.
Se consumato crudo in pinzimonio, il cardo va pulito con cura liberandolo dai filamenti ed immerso in acqua resa acidula con limone per evitare che diventi scuro; se cotto, durante la bollitura devono nuovamente essere aggiunte alcune gocce di limone per evitare che diventi di colore bluastro. Il cardo nicese è ottimo consumato crudo con la “bagna cauda”, salsa tradizionale piemontese che ha come ingredienti acciughe, aglio e olio.
Zona di produzione
L’area di produzione del “Cardo Gobbo di Nizza Monferrato” comprende Nizza Monferrato (Asti) ed i comuni limitrofi.
La storia
Pare che le prime tracce del cardo siano state trovate in Etiopia e, poi, in Egitto. Dal Nord Africa, cardo e carciofo si sono diffusi in tutti i paesi del Mediterraneo. Il secondo è citato nei menu dei banchetti greci ed è considerato un boccone raffinato dai Romani, mentre non abbiamo notizie sulle origini dell’uso alimentare del primo. Fin da tempi antichissimi, germogli e semi di cardo servivano per produrre il caglio dei formaggi, ma bisogna attendere il Cinquecento per trovare le prime tracce della sua presenza in cucina (“cotto nel brodo di cappon grasso”) e della sua tecnica di imbianchimento (due medici della corte sabauda, alla fine del ‘500 scrivevano “i cardi si mangiano ordinariamente nell’autunno e nell’inverno fatti teneri e bianchi sotto terra”).
E’ finalmente nel ’700 che il “Cuoco Piemontese” cita la ricetta più classica a base di cardi: “si fa bollire dell’olio, aglio e sale, si stempera dentro delle acciughe, ed in questa salsa calda si bagna il cardo”. Questa salsa calda non è altro che la “bagna caoda”, piatto simbolo della gastronomia piemontese.
Sicuramente noto già nell’Ottocento, il cardo gobbo di Nizza Monferrato si diffonde nei terreni sabbiosi del Belbo (prima destinati al canneto) all’inizio del Novecento. I cardaroli più anziani conservano diplomi di partecipazione all’esposizione di orticoltura e frutticoltura di Casale Monferrato degli anni ’20 e ’30 in cui si cita esplicitamente il cardo gobbo di Nizza Monferrato. Attualmente, esiste una Associazione di Produttori del Cardo Spadone Nicese che ha come scopo quello di promuovere e migliorare la coltivazione della pianta nella sua zona di produzione, di favorire ricerche per il miglioramento qualitativo e di valorizzare il prodotto mediante l’adozione di un marchio di qualità.