Tritate sottile la sfoglia impastando tante uova quanti gli etto-grammi di buona farina, o qualche bianco d’uovo in meno e in più qualche cucchiaio di acqua calda o vino bianco.
Le tagliatelle andrebbero tagliate dal foglio arrotolato con un coltellaccio a mano- libera, fini come capelli. In difetto potete fidarvi della vostra macchina passando il foglio al formato più fine.
2 ore prima avrete preparato il famoso “comodino” mettendo, su olio e burro e lardo rischiato, un trito di sedano, carota, cipolla e aglio, prezzemolo, salvia e rosmarino, che imbiondito e appassito va bagnato più volte con piccole aggiunte di vino rosso.
Vi metterete dentro a pezzetti, a rosolare, tutti i fegatini di pollame e coniglio, le creste, i reni, i cuoricini, i gricili e le uova non formate trovate nella pancia della gallina.
Molti mettono anche nel “comodino” avanzi di carne arrosto tritata o addirittura un bell’etto di carne cruda triturata. Si mettono poi funghi secchi ammollati in acqua e marsala e tritati e un po’ di salsiccia disfatta, non trascurando di mischiare all’ultima aggiunta di vino rosso 2 cucchiai di salsa di pomodoro.
Questo comodino antico delle donne di Langa più cuoce sempre pianissimo e più è buono. Con questa delizia condirete le vostre fini tagliatelle, scolate al dente, mantecando con burro e parmigiano. Da ultimo, spargete in ogni piatto una generosa dose di preziose fettine di tartufo bianco.