Barbera aus Piemont? Ja, bitte! Se a casa sua la “rossa” è incompresa, in Svizzera trova fans e gradimento

inserito il 31 Marzo 2011

La Barbera piemontese non attraversa un buon periodo. Molti la danno per spacciata anche se le sue eccellenze (leggi docg) mietono consensi, in Italia, ma soprattutto (e per fortuna) al di fuori dei confini nazionali. Come ci ha segnalato Mariuccia Borio, signora “di ferro” del vino piemontese, al timone della maison “Cascina Castlet” con vigne e cantina in quel di Costigliole d’Asti, una griffe enologica che sforna vini e idee a raffica. Come Passum, una delle prime Barbera d’Asti passate in barrique, o Uceline, il sorprendente vino ottenuto con l’Uvalino, vitigno a bacca rossa quasi estinto in Piemonte.

La segnalazione di Mariuccia riguarda un quotidiano zurighese, la Neue Zürcher Zeitung am Sonntag, che nell’edizione del 20 marzo scorso ha dedicato ben una pagina con il titolo “Le molte sfaccettature della Barbera”. Nel pezzo, firmato dal collega Peter Keller, si dà conto di una degustazione che ha coinvolto 40 Barbere d’Alba e d’Asti.

Eccone la cronaca: «Abbiamo voluto capire l’attuale livello del vino Barbera. L’accademico del vino Markus Segmüller, gestore dei ristoranti zurighesi Carlton, James Joyce e Adlisberg, e l’accademico del vino Peter Keller, redattore della “NZZ am Sonntag” (Neue Zürcher Zeitung, edizione domenicale) hanno degustato 40 vini reperibili sul mercato, come sempre con le etichette nascoste. I campioni presentati sono stati suddivisi in due categorie: vini con affinamento in grosse botti di legno e vini che attendono la loro maturazione in piccoli barriques.

Risultato della degustazione: numerosi vini ben fatti che spiccano più per vigore e robustezza che per eleganza e fascino. La gradazione alcolica era alta nella maggior parte dei vini, cioè 14,5 %,  in casi sporadici era persino superiore. A volte è stato fatto un utilizzo eccessivo del legno, e quindi il frutto non è più riconoscibile. Anche per quanto riguarda i prezzi sono state notate grandi differenze. Solo pochi campioni hanno provocato grandi entusiasmi.

Siamo stati sorpresi da un buon vino: il Barbera d’Alba 2008 dell’azienda assai poco nota Hilberg-Pasquero, affinato in grandi botti di legno, convince per il piacere nel degustarlo ed è arrivato in questa categoria molto in alto, davanti a qualche prodotto più costoso. Un vino sincero che manifesta i pregi del Barbera in maniera molto bella. Diverso nello stile si mostra il migliore vino in barrique. Il Barbera d’Asti Passum 2006 di Cascina Castlèt è più corposo e robusto, però grazie all’acidità ben integrata e alla freschezza, il vino non sembra corpulento ed eccessivo. Ha raggiunto la prima maturazione e si accompagna ottimamente a robusti piatti di carne o formaggi freschi».

Morale: mentre in Piemonte ci si interroga sul futuro della Barbera, con i piccoli produttori che difendono i vertici docg e delle soprazone (sottozone è così fantozziano!); cantine sociali come Vinchio & Vaglio mettono sul mercato una Barbera Piemonte facile a 12 gradi e prezzo che non supera i 5 euro in enoteca;  ed enologi di fama, come Giuliano Noè e un Consorzio di tutela dei vini d’Asti e del Monferrato che predicano il decollo di una doc diffusa (il prossimo che dice “di ricaduta” gli tolgo il saluto…) in grado di soddisfare gli appetiti di un mercato sempre più preda di prezzi bassi e voglia di qualità, ebbene davanti a tutto questo la “Rossa” piemontese sa ancora raccogliere consensi, sia in versione “ragazza della porta accanto” che “signora da gransera”.

Gli stranieri hanno capito tutte le sfaccettature della Barbera, i piemontesi, che la coltivano e vinificano, speriamo ci arrivino in fretta.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

5 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. Adriano Salvi 5 Aprile 2011 at 15:22 -

    E’ notizia di stamane che un gruppo di rumeni è stato colto in flagrante mentre riempiva taniche di vino pugliese in area “tra Langhe e Monferrato” sottraendole da un autocisterna, destinata a quale utilizzo non è dato sapere. Saranno le forze dell’ordine a stabilirlo. Niente di nuovo, purtroppo è storia vecchia che le mie ormai 60 primavere hanno visto fino alla noia. Ma quello che lascia perplessi è tutto quel can can che nel settembre scorso venne sollevato per chiedere la distillazione di crisi o “rottamazione” dei vini rossi piemontesi. All’epoca la Coldiretti si chiamò fuori ed oggi un comunicato della medesima offre altri spunti di riflessione: «Argomento di stretta attualità è la distillazione di crisi dei vini Barbera Piemonte, Dolcetto Monferrato, Piemonte Brachetto». Alla Consulta Coldiretti non è sfuggito il fatto che siano modesti i volumi da distillare rispetto alle iniziali previsioni dei richiedenti, che a pochi giorni dalla vendemmia, periodo di per sé già ricco di tensione, scelsero in piazza per dichiarare apertamente la crisi. Il mercato in ripresa oggi ha lenito le ferite e dal momento che la Regione Piemonte dovrà riproporre una proposta di applicazione della misura, in quanto la prima formulazione è stata cassata, l’organizzazione propone che il prezzo sia calcolato in base al grado alcolico del vino da distillare. Questo per valorizzare e differenziare le partite migliori e diversificare gli impegni di riduzione delle rese future – come stabilisce lo specifico decreto attuativo – tra chi distilla e chi no, evitando di estendere la penalizzazione a tutta la Denominazione e quindi anche a chi non usufruirà del provvedimento. La possibilità di adesione alla misura d’intervento, che attinge fondi regionali da finanziamento OCM, secondo Coldiretti deve inoltre essere aperta a tutti i soggetti, sia associati che singoli.
    Resta comunque da capire quali sono i produttori che detengono ancora queste giacenze e mi trovo perfettamente concorde circa la necessità di valutare con precisione di che vino si tratta e che tipo di politiche produttive si impegnino ad attuare questi soggetti non identificati pubblicamente, che sicuramente hanno fatto e temo contineranno a fare un gran danno all’immagine della Barbera.

  2. filippo 4 Aprile 2011 at 11:36 -

    @Adriano: il dato ultimo sulla promozione è desolante…

  3. Adriano Salvi 4 Aprile 2011 at 09:37 -

    Ci sono ovviamente (e fortunatamente) le eccezioni, ma i peggiori nemici della Barbera d’Asti sono purtroppo e troppo spesso i suoi produttori….. Questo comporta che personaggi validi come gli amici Massimo Pastura e Mariuccia Borio ed un manipolo piuttosto esiguo di altri produttori astigiani si trovino spesso a combattere contro i mulini a vento.
    Barbera d’Alba, Barbera d’Asti? I langaroli, sfruttando abilmente il traino (fondamentale) di Barolo e Barbaresco, da anni hanno inserito nei loro obiettivi export , tramite un vino che consentiva di offrire ai mercati un rapporto prezzo/qualità interessante e soprattutto di “vendere” un territorio anche in questo caso.
    Loro ci sono riusciti ed è ovvio che le riviste specializzate ed i media internazionali si occupino di Barbera d’Alba ed è già qualcosa che qualche Barbera d’Asti si sia “infilata” grazie all’intraprendenza di qualche produttore ed importatore, nel contesto di valutazioni e classifiche. Questa è la realtà dei fatti e purtroppo la crescita di presenze al top delle guide della Barbera d’Asti è storia dell’ultimo trienno, che corrisponde purtroppo ad un calo verticale delle vendite di questi supporti che sono finiti invischiati nella crisi dell’editoria cartacea ed economica generale ,che ha allontanato molti “clienti” aficionados dei simboli vari e punteggi……che costano attorno ai 30 euro al tomo…..
    Non so se si riuscirà a venirne fuori nel breve termine….sta di fatto che una recente inchiesta dell’osservatorio del VinItaly ha evidenziato che i produttori vinicoli italiani investono il 3% dei loro fatturati in promozione e pubblicità, il dato ovviamente è statistico generale, come quello dei polli mangiati pro-capite…..penso infatti che per la Barbera d’Asti si investa molto meno…

  4. filippo 3 Aprile 2011 at 18:35 -

    concordo, e non solo sarà arduo la sentenza dei posteri, ma è senza dubbio arduo ficcare nella testa dei piemontesi che più si fa squadra e si fanno le cose semplici e comprensibili e meglio è… ciao ci si vede al Vinitaly…

  5. Massimo Pastura 3 Aprile 2011 at 17:53 -

    Caro Filippo,
    sono entusiasta ovviamente dell’attenzione che questo giornale svizzero ha riservato alla nostra Barbera.
    Molto deluso invece dall’ennesima mancanza di informazione chiara.
    Come al solito si è degustato Barbera d’Asti e Barbera d’Alba (e forse ancora qualche altra denominazione) in un unico calderone.

    Chiedo a Te che sei giornalisa di provata esperienza: ma hai mai visto una degustazione in cui abbiano mischiato Chianti, Brunello di Montalcino, Vino Nobile di Montepulciano… (e potremmo ancora metterne tanti altri)???

    Eppure sono tutti prodotti da uve Sangiovese, no?

    Purtroppo finchè non ci metteremo in testa che dobbiamo identificare il terroir in modo chiaro e preciso, continueremo a mettere in testa dei nostri amici giornalisti, ma anche ristoratori, enotecari ed anche ovviamente consumatori… soprattutto internazionali… una gran bella confusione!!!

    Come tutti i vitigni la Barbera dà ottimi risultati in funzione anche e soprattutto del territorio dove viene coltivata: pertanto non è la Barbera che è “grande” ma è il territorio che la fà “grande”.

    Quando riusciremo a capire questo così semplice concetto, ben compreso ed utilizzato in ogni angolo d’Italia e del mondo… ma solo in Piemonte ancora totalmente incompreso??????????

    Ai posteri l’ardua risposta……. :-))

    Massimo Pastura
    Az.Agr. Cascina La Ghersa

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