Tra pochi giorni, il 20 gennaio ci sarà l’Inauguration Day di Trump, cioè il suo insediamento alla Casa Bianca come 47° Presidente degli Stati Uniti d’America. Gli ospiti italiani ci saranno in massa, guidati dalla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Perché ne parliamo su SdP? Perché da sempre le vicende geopolitiche influenzano il commercio mondiale e, quindi, lo spostamento di equilibri a livello politico determina conseguenze anche sui mercati, oltre che sulle alleanze e sui conflitti.
In questo senso l’Italia si attende molto dal nuovo Presidente USA. Che questo “molto” sia positivo o negativo o, addirittura, neutro, non è dato sapere.
Tuttavia, per quei pochi rumors che si sentono, nel nostro infinitesimale piccolo proviamo a ipotizzare alcuni scenari possibili o verosimili.
Impossibile, da un punto di vista commerciale, non pensare al triangolo Meloni, Trump e Musk, il patron visionario di Tesla (auto elettriche), Starlink (Internet dai satelliti), X (ex Twitter), Space X (razzi) e molte altre aziende super tecnologiche, che ha appoggiato in toto la campagna elettorale di Trump ricavandone vantaggi e incarichi più o meno politici.
Un triangolo che sembra sia stato già messo in opera per la vicenda della giornalista Cecilia Sala, arrestata in Iran e poi rilasciata. Secondo indiscrezioni sarebbe stato proprio Musk, in rapporti amichevoli anche con Meloni, a favorire l’incontro tra Trump e Meloni propedeutico alla liberazione di Sala.
Oggi, però, parliamo di cose meno drammatiche, ma più concretamente legate al mondo del business.
Trump, infatti, nel suo precedente mandato presidenziale sia fece notare, tra le tante cose, anche per le guerre “daziali” che avviò nei confronti di Cina e Europa. La seconda, sulla scorta di sgarbi reciproci USA/UE in tema di industrie aeronautiche (un caso di concorrenza tra l’americana Boeing e l’europea Airbus collegato ad aiuti pubblici) fu investita dall’ira funesta di “The Donald” che varò dazi punitivi che colpirono anche il settore agroalimentare, vino in testa.
A patire di più, per la verità, furono i francesi che videro i propri Chateaux e Champagne gravati di ulteriori gabelle sul mercato statunitense.
Il vino italiano schivò, più o meno, la pallottola, ma il timore di ritorsioni da parte degli USA che negli ultimi tempi lamentano rapporti commerciali con l’Unione Europea iniqui, è rimasto.
Lecito, dunque, chiedersi che farà Trump 2, sarà “vendetta” o cercherà un accordo?
I pessimisti sono certi che l’America farà, come sempre, i propri interessi, applicando dazi e trascinando l’UE in una condizione di maggiore divisione e dipendenza in modo che gli USA godano di posizioni di prevalenza sui mercati a tutti i livelli.
Gli ottimisti, invece, sono convinti che l’avvento di Trump 2 porterà benessere e maggiori rapporti di collaborazione tra USA e UE.
Ma dato che nessuno fa nulla per nulla, questa rinnovata collaborazione tra le due sponde dell’Atlantico avverrà in cambio di cosa? Per il momento non è dato saperlo, anche se per l’Italia le cose potrebbero andare in un modo del tutto particolare e proprio grazie al triangolo Meloni-Trump-Musk.
Farebbe la differenza il contratto da oltre un miliardo di euro che l’imprenditore di Starlink sottoscriverebbe con il Governo Meloni. Un’ indiscrezione che è stata ridimensionata, anche se esponenti meloniani hanno dichiarato che in fatto di tecnologie web la Starlink di Musk è l’azienda con più strutture adeguate. Tradotto: non ne stiamo parlando, per ora, ma Musk è il meglio che c’è.
Dunque secondo questa visione ottimistica gli affari tra l’Italia e Musk, che come detto non è solo un amico, ma anche uno stretto collaboratore di Trump, metterebbe al riparo gli scambi commerciali Italoamericani esentando i prodotti Made in Italy, e quindi anche il vino, dall’aumento di dazi. Di più, tra gli ottimisti c’è addirittura chi prevede produzioni e esportazioni da record per vini italiani come l’Asti Spumante e il Moscato d’Asti, due prodotti tra i più apprezzati e venduti negli States.
Se questa visione si concretizzerà i mercati USA potrebbero aprirsi all’Italia in modo significativo, dando un grandissimo impulso alle aziende italiane.
E pazienza se per avere le nostre connessioni web dovremmo passare a Starlink di Musk, magari disdicendo i contratti con aziende italiane ed europee che ancora investono in cavi e centraline terrestri della Fibra.
Filippo Larganà
(filippo.largana@libero.it)